ETIMOLOGICA MENTE

NATURA, TERRA, FISICO, CORPO
Vi prego la massima attenzione per cogliere il filo conduttore su questi termini, sicché possiamo comprendere la globalità e pienezza di un concetto:
NATURA si intende per quello che si vede NASCERE (la parola natura viene da "nascor" = nascere), mentre nascituro è il significato greco di PHYSIS cioè fisica, vale a sire quello che noi intendiamo per CORPO (il corpo fisico), donde anche la conseguenza di MATER materia fisica e questa materia a sua volta è la terra, l'energia e l'ESSERE in ogni manifestazione (essenza). E' come se da una parola nascesse un altra, sono collegate da uno spirito comune che io chiamo VITA VERA = verità vissuta donde REALTÀ.

Vi consiglio sempre di studiare l'etimologia delle parole, sono un grembo di luce illimitato!.



DIO
La parola deriva dalla radice etimologica ariana div- che indica la luce, ciò che splende. Da cui il latino Deus = Dio, dies = giorno cioè la parte della giornata caratterizzata dalla luce. In definitiva Dio è Colui il quale illumina il creato, gli dona forma ed esistenza attraverso la Sua stessa Essenza che è Luce, salvandolo dalle tenebre del nulla... La luce a sua volta è energia ed ogni cosa è fatta di energia, per cui Dio è la vitalità insita in ogni cosa, in ogni persona, in ogni essere.
 



INTELLIGENZA
L'etimologia della parola intelligenza si fa risalire all'avverbio latino INTUS = dentro ed al verbo latino LEGERE = leggere, significa la capacità di leggere comprendere o capire una cosa dentro, quindi in profondità. Una seconda interpretazione proviene dalla preposizione INTER = tra. Per cui, intelligenza sarebbe la capacità di leggere (...tra le righe), di scoprire relazioni ed inter-connessioni tra i vari aspetti della realtà. Oggi molti confondono l'intelligenza con le capacità per esempio di riferire informazione, quindi ripetere quello che sentono o leggono, costoro non sono intelligenti ma comunicativi con eloquenza. Le persone veramente intelligente sono poche.



MOSTRO
Questa è una parola che ha bisogno di riscatto, il cui significato ha subito una deformazione a dir poco mostruosa. Mostro dal verbo mostrare, far vedere, ancor di più, viene dal latino lat. monstrum «prodigio, portento», dal tema di monere «avvisare, ammonire». Nell'antichità lo si usava quando gli dei volevano avvertire qualcuno, far vedere un loro portento, un'opera mostruosa, cioè divina, fuori dal normale, un fenomeno quindi non contro natura ma soprannaturale. Il mostro non era quindi affatto da temere, anzi tutto il contrario, era una visione rivelatrice, liberatoria. Saggi, alchimisti, maghi, eremiti... non facevano altro che cercare di scrutare nelle profondità della loro anima i loro mostri, senza alcuna paura, perchè questi mostri mostravano loro le loro vere sembianze nascoste e quindi divine. Una volta perso il senso divino del mostro divenne poi col tempo solo sinistro, infernale, contro natura, il mostro da allora è da evitare, da non vederlo, da temerlo, non ha più niente da mostrare, che peccato!!!. 


PREOCCUPAZIONE
Siamo spesso invasi, afflitti o presi da qualche preoccupazione? Ebbene, cerchiamo di smontare etimologicamente il suo significato. Deriva dal verbo latino capĕre «prendere» un posto, occupare un luogo, uno spazio e la preposizione anteriore Pre = prima, donde Pre-occuparsi. Dunque è prendere un posto, un occupazione prima ancora di averla fatta, sarebbe come sedermi su una sedia che ancora non c'è, come essere fidanzato di una ragazza ma lei non lo sa. Vi sembra assurdo vero? infatti il pre-occuparsi è una tendenza mentale e sentimentale malata, fuorviante, dannosa, viziosa. Non ti devi pre-occupare, ti devi invece occupare, devi prendere il posto subito piuttosto che pensarci soltanto prima (pre). In parole povere è farsi seghe mentali, castelli per l'aria, lottare con giganti donchisciotteschi quando in realtà sono mulini a vento.  Mente e Cuore vanno occupati non preoccupati, occupati in qualcosa di concreto e non preoccupati in qualcosa di effimero e fantasmagorico, perchè di solito quelle sono le preoccupazioni: incubi ad occhi aperti.


CRISI
L'etimologia di crisi deriva senza dubbio dal verbo greco KRINO = separare, cernere, in senso più lato, discernere, giudicare, valutare. Nell'uso comune ha assunto un'accezione negativa in quanto vuole significare un peggioramento di una situazione, in realtà la crisi è un momento uguale al BIVIO, dove si deve fare una scelta per rinunciare a qualcosa e scegliere un altra. Dunque è un segno di crescita, di evoluzione, l'essere in crisi, vuol dire che sei arrivato ad un bivio (smettere con i giocattoli da fanciullo ed avviarti con gli amici all'adolescenza per esempio), devi prendere una decisione fondamentale per proseguire. La crisi non è uno ostacolo ma un gradino oltre il quale si avanza. Crisi viene anche dal κρίνω che è la separazione che fa una lama di un coltello, un taglio; dire "sono in crisi" era come dire sono sul filo di un rasoio, noi diciamo essere tra il martello e l'incudine, ma è lo stesso, è un momento decisivo di scelta.


UOMO ...  L'ESSERE UMANO ...  LE PERSONE
La parola uomo deriva dalla radice sanscrita bhu- che successivamente divenne hu- (da cui anche humus = terra). Uomo significa quindi "creatura generata dalla terra". Vi ricorda nulla il racconto biblico della creazione dell'uomo in cui si narra che Dio plasma l'uomo dal fango e poi vi alita il Suo Soffio Vitale ? Infatti Adamo viene dal
l'ebraico אָדָם (Adam), che significa letteralmente "essere umano", per cui Dio non creò un solo uomo, ma l'umanità in generale. Nelle lingue accadiche invece adamu significa "fatto, creato": Eva non corrisponde in realtà ad una traduzione molto azzeccata, in verità sarebbe Adama dal ebraico "il suolo" donde avrebbe tutto un senso dire che Adamo (l'essere umano) proviene da Adama (la terra). Penso che sarebbe molti più dignitoso se iniziassimo ad eliminare il vocabolo sessista di "uomo" riferito a tutto il genere umano, compreso anche la donna. Io preferisco sempre parlare di persone o esseri umani quando faccio riferimento all'uomo in generale. 



ARTE
L'etimologia della parola arte sembra derivi dalla radice ariana AR- che in sanscrito significa andare verso, ed in senso traslato, adattare, fare, produrre. Questa radice la ritroviamo nel latino ars, artis, quindi la parola arte aveva un'accezione pratica nel senso di abilità in un'attività produttiva, la tua dimestichezza, la capacità di fare armonicamente, in maniera adatta.
Dunque l'artista è chi sa andare verso una direzione giusta anche se non sa dove di preciso sia questa giustizia, la strada la fa strada facendo ma non ha una strada già prefissata o precisa, sa di andare verso la meta anche se non sa dove sia questa meta, arte è avere una bussola nel cuore che indica l'infinito anche se non sai dove possa finire l'infinito perchè in realtà non finisce. 
Arte è fare un perchè senza bisogno di avere un perchè. 


ACQUA
L'etimologia della parola acqua si ricollega alla radice indoeuropea ak- = piegare. La stessa radice è presente nel sanscrito ak-na = piegato e nel sanscrito ap = succo, acqua e nello zendo afs = umore, acqua. In altre parole è la capacità dell'acqua di adattarsi a prendere ogni forma, si piega, si modella ovunque. 
Se pensiamo invece alla sua composizione chimica (H2O) il significato è meraviglioso: 
H = l'atomo più semplice in assoluto, un solo protone e un solo elettrone per dare spazio di mutare in altre strutture più complesse formando quindi una memoria.
O = elemento che si lega con qualsiasi altro elemento formando le connessioni e in grado di dare energia alla vita
H2O sta a significare l'energia della vita si consuma prendendo con sè (nella sua memoria) la vita che permea ed avvolge. Mentre l'idrogeno è un combustibile (Brucia), l'Ossigeno è un comburente (aiuta a bruciare). il 2 è la misura giusta che li unisce, come nell'accoppiamento della natura duale di ogni cosa. 

BIGOTTO
L'etimologia della parola "bigotto" risale al francese bigot, come aggettivo dispregiativo dato ai Tedeschi per la loro ricorrente esclamazione bî Gott, nell'antico alto tedesco = per Dio, corrispondente al l'attuale espressione inglese "oh my God". Tutt'oggi utilizzato come dispregiativo per indicare chi segue in maniera esagerata pratiche religiose, dando più importanza al loro aspetto esteriore e meno al loro valore intrinseco.

CIELO
Il termine cielo viene dal latino caelum = regione tagliata e delimitata, correlate rispettivamente al greco κοῖλος (koilos) con il significato di cavo, incavato, e si rifà ad una radice ku- con il senso di essere convesso, cioè la volta celeste. In alcune lingue antiche e moderne si usano due parole differenti per distinguere il cielo terrestre e quello spirituale. In inglese sky (di origine nordica) è il cielo in senso comune o scientifico e heaven è il cielo in senso religioso. In ebraico i ḫamayīm – i cieli al plurale – hanno un riferimento religioso e raqia è il firmamento.




AMORE
Dal latino: AMARE, dalla radice indoeuropea [ka] desiderare o Kamare o come riKAmare, quindi è l'energia ed il sentimento di contraccambiare flussi desiderati, espressioni di piena e profonda ammirazione, verbali o tattili e ricAMARLI intrecciandoli da una persona all'altra. Un'etimologia difficilmente comprovabile ma estremamente poetica vuole che derivi dal latino "a-mors" senza morte.







ODIARE
Dal greco OTH-EO = rompersi urtandosi o strappandosi, e dalla radice indoeuropea VADH = allontanare respingendosi; l'odio quindi è quella forza che ha compresa un mucchio di forze negative: urto, strappo, ferire, allontanare e dividere.






OSSERVARE
Noi abbiamo dei sensi esterni a cui diamo tanta importanza, ma anche ad essi corrispondono i sensi interni di cui molti ignorano persino l'esistenza. Con gli occhi vediamo le cose, le guardiamo, ma molti si fermano lì, ovvio non avendo una vita interiore, non avendo un occhio aperto dentro l'anima, non riescono a cogliere l'essenza di ciò che vedono, infatti chi guarda col cuore, chi vede con l'intelletto, va oltre, sono persone che OSSERVANO, dal latino OB e SERVARE, quindi OB sta per guardare avanti sopra sotto ai lati cioè dappertutto, mentre SERVARE sta per custodire, salvare, tenersi con sè quello che si è visto. Viviamo in un mondo di guardoni, gente che vede a semplice vista le cose ma non le coglie, vede le persone ma non le conosce nemmeno. Abbiamo pochi osservatori, le persone che osservano fanno del loro mondo interiore un osservatorio, sì come quelli astronomici o botanici o militari o scientifici, a loro non sfugge nulla, hanno l'occhio come si suol dire Divino, accompagnato da un profondo silenzio, infatti mentre coloro che guardano e vedono le cose con superficialità spesso sono gente chiassosa e pettegola, per cui alla fin dei conti vedono e guardano tutto ma non osservano niente e di conseguenza niente pure capiscono. 


EMOZIONE
Noi viviamo di emozioni eppure pochi conoscono il significato di questa meravigliosa parola, spesso confusa anche con la passione o con il sentimento. Già dall'etimologia si apre un universo di comprensione; dal latino exmovere (ex = fuori + movere =muovere), cioè è quella forza (motion - da motore) che ci spinge fuori di noi stessi, è il movimento che ci scuote dentro e ci tira fuori, è la vibrazione dell'anima. Attenti adesso: se è la vibrazione è anche una frequenza e ben sapete che noi essendo energia viviamo in base alle frequenze. Per sintonizzarci su una stazione di una Radio dobbiamo per esempio cogliere la sua frequenza e basta una minima interferenza che la Radio non si ascolta bene. Dunque quando sentiamo un emozione vuol dire che la nostra parte interiore ha trovato o sentito dentro di noi un qualcosa che fuori la attira. L'emozione è la porta o nesso tra il nostro universo interno e tutti i mondi fuori esterni disponibili e possibili. E' il radar dell'anima, ci indica dove essa si muove, come la passione non è nè buona nè cattiva, indica e basta ma non giudica, inutile giudicare le emozioni, non hanno compassione, complicità, partecipazione tanto meno hanno libertà. È il picco più potente dell'animo. La morale religiosa e alcune correnti spiritualistiche sbagliano sempre nel voler giudicare e sopratutto controllare le emozioni, perchè non sono controllabili in modo dispotico (rigido, con regole) ma possono essere solo comprese in modo politico (flessibile, con dialogo e patti). Inutile dire ad una ragazza innamorata di non vedere il suo amore, unitile dire ad un drogato di non prendere la cocaina, inutile dire ad un fumatore di smettere, per quanto la ragione capisca il tuo consiglio il suo cuore non lo ubbidirà mai. Le emozioni quindi in quanto frequenze, vanno orientate con la giusta posizione magnetica (la legge dell'attrazione), dunque siccome le emozioni sono di polarità negativa (sede il cuore, senza immagini, donde l'impossibilità di descrivere un emozione) devi imparare a dare un immagine positiva a quell'emozione (sede la testa, con immagini), in questo modo negativo e positivo si attraggono. La difficoltà sta nella capacità mentale di dare un IMMAGINE (o ragione) positiva a ciò che si desidera, perchè qui entra in ballo la seconda forza del magnetismo, la polarità: se è femminile è negativa e puoi solo RICEVERE quell'emozione, ma se è positiva maschile la puoi soltanto DONARE. Se impari a distinguere questo passaggio (cioè quando puoi donare e quando devi aspettare per ricevere) potrai con l'emozione (motore) creare la materia (l'immagine che si incarna... il Verbo si fece Carne). Devi come una calamita sapere da che lato metterti, perchè se fate caso le calamite dal lato giusto si attraggono ma da quello sbagliato si respingono. Quindi oltre alla polarità della vostra emozione dovete osservare qual è la polarità dell'oggetto desiderato e qui si complica il tutto perchè crediamo che l'altro è positivo invece potrebbe essere negativo, oppure è un oggetto aperto a ricevere e noi non siamo pronti a dare e vogliamo pure noi ricevere, e ancora, magari l'oggetto è in alto come frequenza e noi non siamo disposti a metterci in basso e infine l'oggetto è aperto e noi chiusi... è in questo spiraglio di onde sonore e microonde magnetiche che le nostre emozioni o si perdono o si realizzano. Testa e cuore devono sintonizzarsi per capire la giusta coordinata dell'emozione e poter realizzare sia ciò che pensi quanto ciò che senti. 


GRAZIE
Una parola bellissima, carica di significati, arcobalenica nelle sue sfumature, vediamo: ha le sue radice nel greco "charis" che significa "rendere felici gli altri con benevolenza e gratitudine", quindi riconoscere il bene altrui, donde proviene anche la parola charitas che significa "ciò che suscita in noi affetto". Dunque è una parola carica di sentimenti: gratitudine, piacevolezza, amicizia, simpatia, riconoscenza, affetto... Dire grazie è come lanciare una molla in aria piena di ghirlande di tutti i colori. Ma ... peccato che la parola grazie, come caritas a cui è legata, nell'ambito commerciale e quindi sociale si è snaturalizzata: caritas diventa elemosina, dare qualcosa gratis e donde poi dire "grazie" è un ripagare qualcosa di gratis. Da ciò possiamo anche capire perchè oggi sempre di più si dice meno "grazie" perchè oggi tutto ha un prezzo e pochi fanno le cose per nulla, senza interesse, niente è gratis si dice (capite perchè è difficile oggi comprendere l'amore? la sua essenza è la gratuita mentre oggi tutto ha un prezzo). Anzi a livello commerciale quando ci dicono che qualcosa è "gratis" ci insospettiamo e pensiamo che forse non è buona la merce oppure se qualcuno ci fa un favore gratis pensiamo che trama qualche tornaconto dopo. La gratuita invece è alla base dell'Amore che non ha interessi, che fa le cose per nulla, per il semplice fatto di volerle bene. Ringrazieresti se qualcuno ti fa un torto? penso che in pochi lo farebbero invece si dovrebbe ringraziare perchè quel torto ci farà in qualche modo crescere, ci rivela che persone abbiamo davanti, ci indica la strada giusta in modo indiretto (ovvio che c'è un limite alla grazie ed è la disgrazia: se mi stuprano o mi piantano un coltello in pancia, qui è un male irreversibile, c'è solo disgrazia, distruzione, ringraziare l'assassino sarebbe un caso clinico psichiatrico di totale mancanza di autostima). Come vedete la "grazia" è ovunque, è un dono gratuito, basta avere quella sensibilità di gratitudine e riconoscenza per scoprirla ovunque. Molti oggi non ringraziano perchè pensano a a loro tutto è dovuto, anzi pretendono pure e qualora non si dia loro questa grazia persino si offendono. Penso ci sia bisogno di educare già da bambini a dire grazie col cuore, a vedere la bellezza di ogni cosa, a riconoscerla con gratitudine cioè con amore e darle grazie, cioè colore, affetto, valore, amore.


EDUCARE E/O INSEGNARE
C'è un abisso tra educare ed insegnare, lo si capisce dall'etimologia. Educare vuol dire tirare fuori dall'allievo quello che lui ha, la sua essenza, la sua sapienza, le sue qualità, mentre insegnare vuol dire metterli dentro quello che l'insegnante sa e vuole. In altre parole l'insegnante ti insegna a pensare come lui mentre l'educatore ti fa scoprire come pensare da solo, senza di lui. Educare, dal latino e (fuori) ducare (condurre) quindi tirar fuori. L'insegnare dal latino in (dentro) signare (imprimere segni), quindi è marchiarti dentro, il classico lavaggio di cervello. Nelle nostre scuole possiamo tristemente dire che ci sono solo insegnanti, perchè seguono un programma, guai se insegnano altro (starebbero educando). Pensate a chi insegna arte, l'arte è una espressione libera dell'anima, va scoperta, non va insegnata, eppure ci sono scuole d'arte, l'assoluta contraddizione (ragione aveva Picasso a dire che l'accademia d'arte è la tomba degli artisti). L'educatore fa domande ma non si aspetta le sue stesse risposte, ma attraverso le risposte dell'allievo lo conduce a far si che l'allievo scopra cosa ha dentro (era il metodo socratico) in questo modo le risposte non sono esatte, come la matematica, ma libere espressioni dove c'è spazio per lo sbaglio che fa parte dell'apprendimento, senza seminare il terrore della sconfitta. Chi educa non dà voti ma complimenti o consigli, l'insegnante con i voti tiene in mano il coltello dalla parte del manico, può facilmente abusare del suo falso potere e il peggio, induce gli allievi alla gara, alla competizione, al carrierismo, quindi lontani dal sapere, perchè l'obiettivo è la vittoria non la conoscenza. L'educatore chiede "come stai? ti interessa? ti piace questo argomento?"... l'insegnante invece è un carro armato che crea barriere, ansie e differenze, non chiede mai nulla di personale. L'Educatore dà fiducia, l'insegnante invece spinge gli allievi a guadagnarsi la sua fiducia insegnando loro a diventare quindi dei leccapiedi e dei ruffiani per aggraziarsi l'insegnati (prassi della mafia, è questo il pizzo degli studenti, diventeranno le bustarelle nel mondo del commercio). L'educatore ascolta, l'insegnate parla e basta, anzi mentre l'educatore non ha problemi a dire che certe cose non le sa e che anche lui sbaglia, l'insegnante ha sempre ragione. 

ONORARE
Questa parola ha subìto nel tempo una deformazione terrificante, è stata avvilita perchè inizialmente significava una carica pubblica, cioè "Honor" era quel titolo come la laurea che si acquistava col tempo dopo aver svolto una carriera, un impegno, un incarico, era quindi qualcosa di MERITATO, di guadagnato con tanto sacrificio, non lo si può chiedere o invocare come una reputazione morale di diritto. Facciamo un esempio lampante: onorare il padre e la madre, questo è diventato persino un comandamento cristiano, ma non lo si può chiedere a prescindere di come quel uomo svolge il suo ruolo di padre o quella donna si comporta da madre, se loro non svolgono quel "Honor" cioè carriera o mestiere o vocazione in modo ONOREVOLE, non possono essere degni di lode e di onore a tutti i costi, mentre a noi la morale ha imposto il tacito silenzio assoluto di dire che i nostri genitori sono bravi, altrimenti sensi di colpa e condanne ci piovono addosso. Anzi se i miei genitori non sanno fare da genitori, onorarli vuol dure capire i loro sbagli, come dar loro un voto alla loro "Honor" o carriera. Se per paura, per condizionamenti morali, per sensi di colpa o altro, io sono costretto a dire che amo i miei genitori (quando magari sono stati degli scellerati) sarebbe una mancanza di ONORE, è come dare ad un bambino un 10 e lode in matematica quando non sa fare 2+2. Onorare mio padre è dargli una bocciatura qualora lui fosse stato un bastardo, perchè non c'è onore dove non c'è verità e non c'è libertà dove non c'è verità. Se non abbiamo il coraggio di onorare un genitore cattivo, non spezzeremo la catena psichica e a sua volta noi (in quanto figli non realizzati) trasmetteremo ai nostri figli un genitore senza onore, perchè io posso essere genitore soltanto nella misura in cui mi sono realizzato come figlio. Sarò figlio onorevole quando riuscirò a diventare padre e madre di me stesso (distacco psicologico dal cordone ombelicale interiore genitoriale) e questo avviene soltanto se riesco ad onorare padre e madre sia nel bene che nel male. Onorare in greco significa VALUTARE non è quindi un voto sempre positivo o buono a prescindere. E' un ammirazione guadagnata per il merito non per il rango, altrimenti diventiamo dei leccapiedi soltanto perchè il grande, il potente, il genitore richiede l'onore in modo dispotico o politico. Aver fatto del onore un comandamento (devi onorare tuo padre e tua madre) è uno stupro psicologico di cui oggi molti ancora subiscono dei terribili traumi nei confronti di genitori e padroni, di ogni personaggio che ci sta sopra (professori, datori di lavoro, politici) e potrebbero farci del male, dunque li onoriamo per paura ma non per merito. L'onore è una di quelle parole che si sono prostituite nel tempo e si sono svuotate della loro essenza.



PARADISO 
Dal greco: paràdeisos che significa giardino, a sua volta dall'iranico "pairi-daeza" luogo recintato, composto di "pairi" intorno e "daeza" muro. E' davvero un peccato che noi abbiamo identificato il PARADISO celeste o spirituale con quest'immagine così povera. Perche? L'immagine del paradiso celeste che noi abbiamo è un ritaglio dell'Eden biblico, perchè a quell'epoca nei deserti orientali mesopotamici avere un giardino era un lusso (anche noi spesso pensiamo che il paradiso è la villa dei ricchi, come lo erano i giardini pensili di Babilonia in mezzo al deserto), poter rinchiudere tutta la natura in un piccolo posto: infatti il giardino ha tutte le piante, fiori, alberi, possibilmente grotte, qualche collina e magari anche un fiume che lo percorre, un lago come sintesi del mare, in poche parle tutta la natura nell'insieme, era sì bello ma una visione riduttiva, perchè dall'altra parte un giardino recintato, per quanto stupendo, sarà sempre soltanto un grottesco tentativo di imbrigliare in una misura umana la vertigine sconfinata della Natura invece di viverne l'immensità. Vivere dentro una gabbia d'oro non è libertà, racconta una leggenda apocrifa che quando Adamo ed Eva uscirono dall'Eden scoprirono un giardino più vasto: la natura senza mura, gli spazi infiniti dell'oltre Eden. Spesso avviene che a livello religioso capita lo stesso: ci si fa un idea della spiritualità chiusa a compartimenti, donde un cielo artificiale e molti non scoprono il paradiso che tutto sommato è terreste (L'eden era sulla terra non in cielo secondo la Bibbia), no scoprono che il vero Paradiso non ha confini, non è un luogo ma una capacità interiore (il cuore è visto simbolicamente nelle fiabe come un giardino dell'anima), il paradiso è una funzione psicologica, una disponibilità dell'anima, un modo di vivere sentire e percepire la realtà. 



PERDONARE
Composto dal latino "PER" completamente e DONARE, il perdono quindi ha lo stesso senso dell'amore: un donarsi completamente senza interessi, senza chiedere nulla in cambio. E così il perdono appare come il superlativo di donazione. Lo stesso occorre con le forme inglesi e tedesche: for-give, vor-geben. In questo senso vale il detto: chi non sa perdonare non sa amare, chi vuole amare deve prima imparare a perdonare. Nel mondo latino e nella mitologia romana, Clementia era la dea del
perdono e della misericordia e l’atto del perdonare in grado di rendere il cuore dell’uomo prossimo a quello degli dei.... Questa dunque la grande differenza tra Dio e l'uomo, Dio perdona facilmente e di cuore, l'uomo ne fa tanta fatica.

RANCORE
Dal latino RANCON = rancido, fa riferimento ad un sentimento in noi marcio, putrefatto che è andato a male. Una persona che serva rancore è come un frigorifero pieno di cibo marcio dentro. Il rancore, questo sentimento d'astio covato a lungo e tenacemente nel cuore, per la propria origine mette in luce una caratteristica dei sentimenti come lui inespressi: vanno a male, inacidiscono, marciscono; diventano rancidi, appunto. Va scelto con attenzione che cosa ospitare nel nostro cuore. La parola ci dice che tenersi dentro un rancore è come avere un CANCRO nell'anima che ti divora, diventi uno zombie. Il rancore in noi si manifesta in maniera attiva o passiva. L'attivo ti spinge a far dispetti, vendette, seminare zizzanie, pettegolezzi, calunnie e mille altre perfidie. Il Passivo invece si limita ad ignorarti e ti nega la parola (non ti parlo più), tipico dei bambini feriti, non sapendo che il silenzio degli dei è la loro tomba. 

RICORDARE
Dal latino "re" indietro, "cor" cuore e significa Richiamare in cuore, Non è quindi la memoria, la memoria appartiene alla ragione, è la capacità di identificare un ricordo, ma aspetta al CUORE tenerlo in vita, quindi ricordare significa ridarle vita attraverso il sentimento del cuore a quel pensiero o quella emozione. Ciò che resta nel cuore è come un tatuaggio, non muore. La memoria quindi riconosce fatti eventi cose sulla sfera pratica (un numero di telefono, un indirizzo, una formula matematica) mentre il ricordo trattiene le emozioni e i sentimenti appunto nel cuore.



PAURA
Dal provenzale, francese e catalano "PAVOUR" che significa essere per terra, formato da due radici: Pav (suolo, pavimento) veo (abbattuto). La paura quindi significa essere caduto per terra (giù di morale) a causa dei colpi che ti hanno abbattuto. Vivere nella paura significa restare impastato nel fango, polveroso, immobile. 





RELIGIONE
Il termine religione deriva dal latino relìgio, la cui etimologia non è del tutto chiarita, perchè ha un doppio significato: religàre, cioè "legare, vincolare", nel significato di legare l'uomo alla divinità, ma era un termine usato come "impegno", mentre la vera religione non lega ma libera l'uomo dall'idolatria. Altri hanno interpretato il termine "rilegare" come unione o legame tra cielo e terra, Dio e uomo, nel senso di trovare un LEGAME, per cui religione sarebbe un percorso di unione dell'uomo con la sua natura divina. Prima però che i cristiani ne facessero uso di questo senso di IMPEGNO, LEGAME (che ha un sapore molto politico e imperialistico romano), secondo Cicerone (106 a.C.-43 a.C.), la parola originerebbe dal verbo relegere, ossia "ripercorrere" o "rileggere" o "approfondire" leggere bene, intendere bene cosa fai, cosa stai dicendo o credendo, quindi sarebbe una ricerca della consapevolezza. La vera religione non lega ma scioglie, non compromette con leggi, ma libera con lo spirito. Purtroppo il termine religione si è macchiato sempre nella sua prassi burocratica, in quanto le religioni istituzionalizzate impongono un LEGAME sulla parassi politica e governativa.


PROFANO
Dal latino composto di "pro" davanti "fanum" tempio - e significa quindi tutto quello che deve stare fuori dal tempio, tutto ciò che non è sacro. In realtà questo termine è molto contraddittorio perchè chi ha un vero sguardo SACRO nulla è profano, tutto è in Dio, tutto è nell'Uno, tutto è puro per i puri (come diceva Gesù), tutto il creato è un tempi e tutto è dentro il tempio, nulla è profano in verità. Profano era un uomo che per ignoranza non sapeva nulla del divino, era un quadro di qualcosa di sensuale e non religioso, profano era tutto ciò che non poteva entrare nel tempio... ma questa visione religiosa in quanto esclusivista e riduttiva è altrettanto profana in se stessa. Il sacro è nel profano e viceversa, distaccarli è renderli tutti e due innaturali.


IL TEMPO in diversi TEMPI
Abbiniamo ai post dell'infinito e dell'eternità quello del tempo per farne un insieme più complesso e completo. Noi intendiamo per tempo sia quello cronologico (quindi misurato dai cronometri) sia quello psicologico (la nostra percezione dello spazio in passato presente e futuro), sia il tempo come misura fisica: definito come distanza tra gli eventi calcolata nelle coordinate spaziotemporali (questo tempo si dilata o si contrae come l'universo, esempio: 2 ore accanto alla persona amata sembrano 2 minuti, 2 ore con la suocera sembrano 2 settimane!!! dipende quindi di come siamo e con cui nello SPAZIO+TEMPO), e dopo il piano fisico c'è il tempo METAFISICO, quello che va oltre nell'eternità.
l'induismo ha tre dei, che sono Brama, Visnù e Shiva. E Brama è l'analogo di Dio Padre, cioè il creatore, Visnù è colui che sostiene l'universo in essere, e poi c'è Shiva, che è il distruttore, che lo porta alla fine. Ecco che qui sembrerebbe che ci fosse una concezione finita del tempo, cioè l'universo cresce, nasce cresce e finisce. Solo che lì in realtà c'è questa danza che si ripete. Shiva distrugge l'universo, ma poi questo universo rinasce. C'è questa idea, questa metafora, che l'universo è semplicemente il battito di ciglia di Visnù. Ed ecco che allora l'infinito ritorna in una maniera un po' diversa, che è l'idea dell'illimitato, del ciclico, del periodico, cioè il tempo circolare. L'universo nasce, cresce, si distrugge, ma poi rinasce e così via, e allora si entra in circolo. Mentre invece dal nostro punto di vista occidentale, nelle nostre religioni, c'è un inizio e una fine, ma una fine che sia definitiva. Dopo di che ci sarà l'eternità, ma è un altro tipo di eternità. Quindi effettivamente, a seconda del tipo di religione, ci sono concetti poi che arrivano nel pensiero filosofico e scientifico dell'infinito.


ETERNITÀ ... QUANDO E DOVE?
Pensate quanto abbiamo reso Dio inesistente che avendo identificato Dio con la parola eterno ed infinito pensiamo che l'eternità arriverà quando noi troveremo Dio o dopo la vita, invece se pensiamo al vero significato della parola Eternità scopriamo che l'eternità non è dopo, alla fine, di là chissà dove, ma è QUI ed ORA. Perchè? Perchè l'eternità abbraccia ed include TUTTO, quindi anche il momento presente, noi siamo nell'eternità già qui ed ora. Anzi c'è di più :
Il tempo (crono) a livello cronologico come i numeri è illimitato, a livello psicologico è la percezione che noi abbiamo dei tempi: passato presente e futuro, donde il termine deriva dalla locuzione latina "ex" (fuori) e "ternum" (terno) ovvero, "fuori dalla triade del tempo: passato, presente e futuro". E' un concetto spirituale che non appartiene quindi alla fisica (è metafisica: oltre l'aspetto fisico o della natura). Il tempo quindi NON FINISCE nell'eternità ma è incluso: è la piena consapevolezza di viverci donde il QUI ED ORA, il presente in maniera totale.... questo è l'eternità. La matematica dimostra che non esiste un infinito Assoluto appunto perchè esso si dissolve nell'eterno (come Dio nella materia, il Gesù nell'Uomo). Nel monoteismo la creazione ha avuto un inizio (genesi) e una fine (apocalisse) quindi non c'è un infinito (indietro non si può andare infinitamente e neppure in avanti) e l'unica cosa eterna è Dio, ma se fosse esistito soltanto Lui (l'essere) noi cosa saremmo stati? il NON ESSERE? vedete il perchè il monoteismo è ambiguo?... Invece, in religione appunto come il "Giainismo", questo non lo accettavano. Per loro era possibile che l'universo fosse sempre esistito e che esisterà sempre. Quindi non c'era bisogno per loro di un concetto di creazione, non c'era bisogno del creatore, non c'era nemmeno bisogno del distruttore. Concludo con un detto zen:
un discepolo chiese al maestro: "maestro cos'è l'eternità?" e il maestro rispose: "sono le 10:30".


L'INFINITO!
Uno dei termini più contraddittori è la parola "infinito", la sua stessa etimologia lo dimostra: IN (essere IN cioè dentro) FINITO (limitato) quindi le cose infinite sono realtà rinchiuse dentro la finitezza, cose persone o realtà che finisco sempre e nello stesso tempo rinascono per finire di nuovo dunque per non AVERE FINE, rinchiuse dentro la loro finitezza. Invece noi lo intendiamo in maniera diversa, cioè infinito è ciò che non ha fine, ciò che non ha limiti o che non può avere una conclusione perché appunto infinito, senza-fine. Nella concezione cristiana il concetto coniato nell'ambito del pensiero greco trova la sua coincidenza con Dio stesso quale essere infinito. il modo in cui i filosofi considerano l'infinito forse non è quello che usano i matematici e gli scienziati. Gli scienziati lo usano effettivamente come infinito dei numeri. I matematici hanno scoperto che di infiniti ce ne sono infiniti, che è una specie di circolarità. E il primo che si è accorto che forse più di un infinito poteva esistere è stato Giordano Bruno. Questi infiniti in numero infinito non sono altro che le diverse dimensioni su cui noi possiamo vivere la materia e lo spirito... tutte insieme sarebbe quel concetto di ETERNO che noi conosciamo non solo come senza fine ma anche come senza principio!!!
   Però è da notare che per i Greci antichi, il "finito" era perfetto e l'"infinito" era imperfetto! ragione per cui  IN etimologicamente sia una negazione, non lo stesso che sta per "dentro". come in altre parole: inaccessibile, inabile, impossibile ecc. dunque in - finito sarebbe quello che noi intendiamo oggi: senza una fine.


FEDE, INTUIZIONE, CONSAPEVOLEZZA, SUPERSTIZIONE
Una parola che spesso ha molti significati e quindi malintesi è la parola FEDE (da Peithe=persuaso, sicuro) e fa riferimento a quello in cui tu CREDI (donde credenze) ciò a cui tu sei FEDELE (fede, donde fedeltà). A livello psicologico è piuttosto una CONVINZIONE INTERIORE quindi intuizione, è una verità che nasce da un esperienza profonda quindi la CONSAPEVOLEZZA. FEDE è sinonimo di CONOSCENZA trascendentale. Per molti la fede vuol dire “rinunciare a pensare”, “non riflettere”, “affidarsi al puro e cieco caso chiamato mistero sacro”. Questa non è fede ma la classica superstizione con la quale molte religioni fanno una grande suggestione nella coscienza dei più deboli ed ignoranti. La fede non va contro la ragione, anzi è la finestra dalla quale la ragione riesce a cogliere, oltre il limite della sua finitezza conoscitiva, l’intuizione dell’illimitato. La comprensione nasce dalla fede, perché la fede è un modo diverso di vedere le cose, più che vederle si passa al sentirle, ma non è un sentimento soggetto al capriccio dell’illusione e della fantasia (attenti per ciò ai falsi maestri, agli esaltati pseudo mistici), ma della convinzione di un vivere nell'esistenza con una pienezza, donde la certezza di essere sul giusto cammino. Nessuno è libero di non credere a qualcosa, tutti siamo obbligati per essenza naturale a credere in qualcosa: chi non crede nella religione, crede nelle promesse dei politici, c’è chi crede nella sua squadra di calcio che vincerà il campionato, c’è chi crede nei numeri della lotteria, c’è chi crede che Dio non esiste … la fede è il poro attraverso il quale respira la finitezza della ragione umana.


L'ANIMA
Ecco uno dei termini più complessi e che più si usa in maniera impropria tante volte. L'anima (dal latino anima, connesso col greco ànemos, «soffio», «vento»), infatti nella Bibbia anche lo spirito si scrive Ruah=soffio di vita, per questo si pensava che un morto era privo ormai di anima, non respirava più!; in molte religioni, tradizioni spirituali e filosofie, è la parte spirituale ed eterna di un essere vivente, comunemente ritenuta indipendente dal corpo, poiché distinta dalla parte fisica. Tipicamente si pensa che consista della coscienza e della personalità di un essere umano, spesso la si identifica arbitrariamente come sinonimo di «spirito», «mente» o «io», ma come vedremo più avanti in altri post queste cose sono ben diverse.
Attenzione, in oriente l'anima è il Principio che dà vita a tutto, è la Vera essenza della Natura. E' l'Essere mentre noi siamo soltanto manifestazioni di questo essere (concetto che si trova nei primi filosofi greci: se Dio è l'essere noi non possiamo esserlo, siccome non siamo il non-essere siamo una manifestazione dell'Essere). Il principio separativo, "ego" (il nostro IO), è soltanto un riflesso limitato di questa Immensa Energia. Tutte le pratiche Yoga e tutte le varie filosofie e religioni hanno come obiettivo la liberazione dalla schiavitù dell'ego e la definitiva sintonizzazione con l'energia della propria Anima.

IL VUOTO O IL NULLA
Ecco un altro termine ambiguo nella sua comprensione spirituale. Per noi il nulla sembra essere qualcosa che non esista, ma se non esistesse non potremmo dire nemmeno NULLA, quindi il nulla come concetto è già un QUALCOSA. Infatti Nella maggioranza delle tradizioni culturali d’Oriente, l’idea di vuoto è sinonimo di infinita ricchezza di possibilità, di massima apertura e libertà. Quello che a noi sembra VUOTO (come nella fisica che il vuoto è l'assenza di materia in un volume di spazio) è una PIENEZZA misteriosa. PIENO DI VUOTO così è l'universo, lo spirito, la mente dell'illuminato. E' come il capello cilindrico del mago: anche se VUOTO vi si può trarre qualsiasi cosa. I miti più antichi in occidente parlano di CAOS, il greco “chaos” deriva da una forma più antica che corrisponde al latino "cavus" dai cui l'italiano "cavo". La confusione tra “vuoto” e “nulla” nasce con il rifiuto della dottrina parmenidea dell'impossibilità del "non-essere" che adottò anche il cristianesimo. Fu Hegel a far coincidere l'”essere” col “nulla” a causa della loro assoluta “indeterminatezza”, ma noi occidentali abbiamo paura che il vuoto sia il nulla. Il vuoto come siamo abituati a pensarlo in occidente, confluisce nel nichilismo. : una vita vuota, una testa vuota, una persona vuota!. Le nostre più recenti teorie scientifiche, in accordo con la filosofia yin-yang, ci dicono che il vuoto è la condizione di possibilità di tutti gli eventi, di tutte le cose. Il vuoto in questo senso è il massimamente pieno.



OGGI E' PASQUA .. E QUANDO NON LO E' ? !
Pasqua significa "Passaggio" , viene dal passaggio del popolo ebraico schiavo dell'Egitto attraverso il mar Rosso verso la liberazione nella terra promessa di Canaan. Passaggio quindi di liberazione, di luce, di consapevolezza... PASQUA è dunque ogni giorno che tu riesci a VIVERE in pienezza (come nel giorno che hai fatto il passaggio da sperma dentro la terra promessa dell'Ovulo = ovetto di pasqua!!!), pasqua è ogni giorno che tu sorridi, che un albero ti fa sorridere, che un fiore fa sbocciare un sorriso sul tuo viso; pasqua è la conquista del tuo cuore , della tua conoscenza. Pasqua sarà anche il passaggio dalla vita attraverso la morte (risurrezione) verso una terra promessa o dimensione dove l'energia e la materia si configurano in maniera più luminosa e trasparente. Ovunque tu veda la verità e l'amore lì ci sarà la Pasqua.


DIAVOLO, SATANA, IL VELO DI MAYA, CAOS
Diavolo
Dal Latino: [diabolus] che significa "calunniatore"
Dal greco: [dia-bolos]. [dia] “attraverso”, [ballo] “metto”.
Propriamente: separare, metter in mezzo, frapporre una barriera, creare fratture.
Potremmo sintetizzare [diabolus] = agire per dividere, creare la distanza e/o diversità dall’unità iniziale.

Satana
Dal Fenicio e dall’Ebraico antico, abbiamo l’altra parola [shatan] che significa: "avversario, nemico, oppositore, accusatore".
Dal Sanscrito: [sat-an]. [sat] “esistenza/ verità”, [an] particella negatrice (come per AN-alfabeta, AN-archia, AN-aerobico).
Pertanto potremmo sintetizzare [sat-an] = colui che non ha esistenza, che non è vero (non è portatore di verità), che è illusorio, il nemico interiore.

Lucifero dal Latino: [luciferus]. [lucem] “luce”, [ferre] “portare”. Portatore di luce (propria). Anticamente il pianeta Venere era denominato anche Lucifero, perché sembrava portare essa stessa la luce del mattino (è l’ultima stella a scomparire al levar del sole) . Potremmo sintetizzare: Lucifero è colui che sembra portare la Luce, che sembra brillare di luce propria (che ha questa pretesa).


Viene dal greco diábolos=colui che divide, colui che getta (bállein) differenza (diá). Il termine, pur indicando anche la figura diabolica dell’immaginario tradizionale, indica al contempo un principio, il principio della separazione e della divisione, che peraltro tale figura ha sempre voluto rappresentare. Se Dio è l'Uno, il diavolo è il due. Il pentacolo con una punta verso l’alto è l'uomo verso la creazione o con due punte verso l’alto o la punta invaso è la stella dell'uomo contro la creazione. chi sottostà a una visione separativa dell’esistenza dove egli si percepisce come contrapposto agli altri e in continua competizione con essi, e pertanto mette in atto azioni separative è diabolico o demoniaco. In oriente non è una persona ma un velo, come quello della incoscienza, dell'ignoranza, donde in psicologia assume la parte del FEMMINEO inconscio (qui il diavolo assume di più le sembianze di Donna traditrice nei confronti di Dio). Nell'Ebraismo non esiste il concetto di diavolo come nel Cristianesimo o nell'Islamismo. In ebraico, il termine biblico ha-satan (שָׂטָן) significa "l'avversario" o l'ostacolo, o anche "l'accusatore in giudizio, contraddittore". Dunque satana o i demoni in altre parole sono forze, Energie negative  (pensieri, emozioni, vizi, tendenze, fanatismi) che agiscono in tutti noi. In antichità si diceva che un alcolico era posseduto da un demone oggi lo si dovrebbe quindi intendere posseduto dalla sua forza negativa che lo rende dipendente dall'alcool senza sapere il perchè. Sicchè qualunque forza sovrumana... alcool, droga, fumo, manie di ogni tipo, ecc (a noi inconsci ed inconsapevoli) che si portano alla negatività e la distruzione, sono i cosiddetti demoni di cui parlano i vangeli, racconti e storie antiche...

LA SANTA PIGRIZIA E IL NON AGIRE
Due termini spesso vengono malintesi nella vita mistica. I monaci occidentali lo chiamano la santa pigrizia che è quella capacità di avere TEMPO per dedicarsi a FARE ciò che Dio vuole. Gli orientali lo chiamano il "NON AGIRE". Non agire vuol dire non fare mai nulla solo per il proprio interesse o per se stessi, ma fare tutto per il disegno universale: non agire quindi come rispetto del ritmo divino. L’illuminazione comunque procede, penetra ovunque e comunque tutti gli esseri si trasformano in senso positivo. Basta solo non agire: cioè non ostacolare la loro vera natura. Il non agire è simile al vuoto; quando noi utilizziamo un vaso in realtà la parte che ci interessa è il vuoto: quindi vuoto significa anche utilità. Se allora la persona si mantiene vuota, cioè non fa’; non forza le situazioni è in grado di ricevere o meglio di essere ricettiva verso il mistero. In questo senso il concetto del non agire è il rispetto della dimensione divina della realtà; è quel sapere che vede oltre l’apparenza accogliendo un ordine più grande. Il saggio NON AGISCE per se stesso, ma lascia che sia lo Spirito della Natura a far di Lui un compimento, così anche il suo interesse si realizza senza sforzo (non lo cerca ma lo trova). Il saggio influenza la realtà con il suo amore, senza fare nulla, rimane semplicemente al centro di sè stesso. Illumina la realtà che lo circonda e gli altri con la sua stessa bellezza. Questo è il punto fondamentale del Tao: trovare il proprio spazio interiore ; fonte di gioia e benessere; e da questo centro muoversi verso il mondo, con semplicità e naturalezza ! Non forzando le cose otteniamo tutto naturalmente; non agendo contro il ritmo sacro della natura realizziamo il nostro vero sè, e riscopriamo la nostra bontà innata che è contagiosa ed influente sulla realtà che ci circonda.

IL SACRIFICIO DI SE'
In qualunque momento della nostra vita, ciascuno di noi sarà chiamato al sacrificio di un atteggiamento psicologico narcisistico-infantile, per poterne stabilire un altro più maturo ed evolutivo.
Nel buddhismo tibetano la parola 'nisharana', rinuncia, vuol dire lasciare andare qualcosa per farne emergere un'altra: il vero atto di rinuncia equivale al riconoscimento di un principio ordinatore che sta sopra i nostri pensieri individuali, egoistici e limitati (l'ordine d'Amore). Il Sacrificio implica di privarci di qualcosa ed il vuoto lasciato libero dalla perdita d'alcune nostre idee o legami, diventa lo spazio dove si può generare il Nuovo.
Il sacrificio è un atto psicologico sano solo quando è trasformativo di noi stessi, è un processo volontario che non può essere imposto: si può offrire solo ciò che si ha e solo nella misura che si sente di avere la capacità di darlo.

Se sacrificium sta per "ciò che rende sacro" allora possiamo dire che possiamo sacrificare se stessi soltanto nel momento in cui riusciamo a vedere e vivere dentro di noi il sacro, il divino. 

SACRIFICIO E DONO
Sacrificio dal latino 'sacer ficere' vuol dire 'rendere sacro qualsiasi nostra azione o avvenimento', renderlo cioè più significativo grazie alla consapevolezza del suo valore.
Il Sacro nasce dal sentimento d'Amore degli uomini, che percependo di far parte di un'armonia d'Amore sentono la necessità di 'restituire' in qualche modo questo Amore. Da questo desiderio di ricambiare i Doni ricevuti vivendo, nasce il Sacro.
Perciò se non si è in questo stato di profonda gratitudine non può aver luogo alcun sacrificio.
Il 'sacrificio di sè' è un atto d'Amore che rende possibile l'evoluzione del nostro essere, ma questo può avvenire solo se nasce da un libero atto di Volontà, dalla gioia della gratitudine, in caso contrario è solo un calvario che abbruttisce le persone, le rende insoddisfatte e le incattivisce.



ESOTERISMO. Questo termine deriva dal greco esoterikos (interno, dentro) e storicamente si riferisce ai sacri misteri presenti in tutti i paganesimi e nel cattolicesimo. In realtà Esoterico è colui che riesce a cogliere ciò che gli altri non vedono, quindi il SEGRETO, ma ATTENZIONE, noi siamo spesso così infantili di rendere il segreto un commercio un tesoro morboso e geloso per cui crediamo che questo ambito sia esclusivo per un ghetto di eletti. La natura non nasconde NULLA, siamo noi ciechi che non vediamo i suoi segreti, ma sono lì davanti ai nostri occhi, non è Dio che non si vede o è lontano di noi, siamo noi che ci allontaniamo tanto da lui che non riusciamo mai a vederlo (chiamo Dio proprio quella capacità energetica di cogliere la luce, il senso delle cose, il mistero). Infatti le religioni misteriche, come lo gnosticismo che ne fu una specie di infiltrazione nel cristianesimo, la cabala nell'ebraismo e il sufismo nell'Islam, la discesa dei devas sul monte Meru e della loro progressiva materializzazione di cui parla il Buddhismo, spesso rendono l'esoterico un campo minato persino scuro e negativo, quasi da identificare con il satanico (l'occulto). Tutto il contrario il vero esoterismo insegna a cogliere una "scintilla divina" nell'uomo e che l'uomo è temporalmente limitato mentre la particella luminosa trascende il tempo. È la non-consapevolezza che conserva quella scintilla nello stato illusorio umano mentre è la consapevolezza che la libera facendola divenire perfettamente cosciente.



NAMASTE' ...
Albert Einstein scrisse a Gandhi e gli chiese cosa stava dicendo.
La semplice risposta: Namasté.
Einstein scrisse poi di nuovo per chiedere il significato di questa parola indù, Namasté, e la risposta fù:
"Io onoro in te il luogo dove risiede l'intero universo. Io onoro in te il luogo della luce, dell'amore, della verità, la pace e la saggezza. Io onoro in te il luogo dove ci si trova ed io sono in quel luogo, ma vi è solo uno di noi.



CERCHIAMO LA STESSA LUNGHEZZA D'ONDA
Una delle principali fonti dei malintesi a livello filosofico e spirituale sono le coordinate diverse che si danno ai significati delle parole, per esempio: si tende a confondere anima con spirito, oppure l'anima con il IO, si parla indistintamente di cuore sentimenti emozioni quando posso avere significati diversi secondo la cultura di provenienza. Per questa ragione è di massima importanza comprendere che significato hanno certi termini, su quale contesto vengono usati e da quale cultura provengono. La parola mente si può confondere con ragione, intelligenza con intelletto, ragione con consapevolezza e via dicendo. In quest'album cercheremo di dare un panorama dei diversi termini da diverse angolature.


MASCHERA E PERSONALITÀ
La parola personalità viene dal greco “maschera” perché nell'antico teatro greco ognuno interpretava un ruolo, aveva un personaggio da svolgere quindi una maschera da usare. Quello che noi siamo è un personaggio o meglio una persona con le sue mille faccende consuetudini abitudini desideri, ecc… Spesso ci accorgiamo di usare più di una maschera, pur senza essere ipocriti, perché c’è una lato nascosto che fa parte soltanto della nostra intimità e cerchiamo di proteggere. Siamo quindi umani e divini, fatti di terra ma con aspirazioni celesti, dentro ognuno di noi c’è un santo e un demone, un signore per bene e un porco, una signora decente e una puttana vogliosa … la società ci ha imposto di nascondere il nostro demone, di uccidere la nostra parte animalesca creando una tara tra l’amore (che è nella luce) e il sesso (che fa parte delle ombre).
E’ doveroso anzi necessario per il bene comune essere gentili, rispettosi, educati, ma quando la bestia che è in noi chiede uno sfogo ognuno si sente la voglia di trasgredire, è il sapore del proibito, è l’ombra della tentazione che ci fa sentire INDIPENDENTI e LIBERI da qualsiasi impostazione prestabilita sia essa morale che etica.

UOMO = HUMUS = TERRA
All'origine del termine 'uomo' troviamo il latino 'humus' che significa 'terra'.
L'origine umana è terrestre, cioè 'della terra', l'uomo è fatto di terra, è nato dalla terra, proprio come una pianta....ma le sue radici ad un certo punto si sono trasformate in gambe! Ecco perchè sono più sane le scarpe con la suola in cuoio, permettono il passaggio dell'energia della terra, ecco perchè le città sono così disumane, là i nostri piedi camminano sull'asfalto, sul cemento, là non siamo più in contatto con la nostra essenza e appassiamo...la verità è che abbiamo bisogno del contatto con la terra. Per non morire non dobbiamo interrompere il contatto fisico con la nostra Madre! Noi siamo quello che coltiviamo in cuore e in mente.



TEMPIO
Dal latino "templum" = una parte del cielo dalla cui osservazione gli àuguri traevano presagi. Da qui è passato ad indicare una porzione di terra consacrata e poi l'edificio sacro che vi sorge sopra, più in alto possibile per ridare la dimensione di cielo. Quello di tempio è un concetto fondato sulla separazione: una linea o un muro dipartono il luogo sacro dal luogo profano. La maestà dell'edificio, il supremo pregio artistico che lo arricchisce e perfino il suo originario essere votato al culto di una divinità pagana non sono che connotati di quel nocciolo centrale del concetto che è la figura del luogo separato - perfino inaccessibile. Il tempio quindi potrebbe essere ogni luogo, persino il tuo corpo, dove tu riesci a metterti in contatto col divino... oppure entrando nella sede della celebre accademia o nella maestosa biblioteca si potrà avere la sensazione di entrare in un tempio del sapere. UN famoso ristorante potrebbe essere definito come il tempio del sapore o della cucina... e via dicendo.



IL TERZO OCCHIO
In oriente il "terzo occhio" è il presupposto dell'"intuito" e della "chiaroveggenza". Esso è situato nel centro della fronte leggermente sopra le sopracciglia. E' collegato al sesto chakra e alla ghiandola pituitaria o ipofisi. In occidente invece spesso lo si chiama il "SESTO SENSO" ma il significato è sempre lo stesso, quindi consapevolezza, sguardo intuitivo (non discorsivo) della verità. Nel vangelo Gesù disse: "La lampada del tuo corpo è il tuo OCCHIO, se il tuo occhi è semplice tutto il tuo corpo sarà ILLUMINATO, ma se il tuo occhio è cieco tutto il tuo corpo sarà al buio" (Mt 6,22). Con il termine "sesto senso" si può facilmente cadere in un altro errore: noi abbiamo 5 sensi esterni legati al corpo (vista, olfatto, gusto, udito, tatto) ma ne abbiamo in corrispondenza altri 5 interni. 






CONSAPEVOLEZZA
Questo termine è meraviglioso, ma oggi rischia di cadere come tante altre parole (amore, sincerità, sono me stesso, ecc..) nella vetrina della moda, una parola che usano tutti per far colpo, perchè l'hanno sentita, perchè si ripete spesso e, alla fin fine, subisce un'inflazione e perde il suo significato, diventa un luogo comune. Deriva dal latino "consapere" che è composto da "CON" e sapere. Il suo significato è molto sottile, perchè a noi basta il "sapere" ma questa parole dice che oltre al sapere ci vuole un qualcosa CON cui abbinare il sapere, quel CON è la vita la pratica l'esperienza vissuta di ciò che dici di sapere. La consapevolezza quindi è non solo la cognizione o sapienza di una realtà (testa) non è neppure soltanto l'averla sentita (cuore, desiderata, gustata) ma è l'unione di queste due dimensioni: testa e cuore, teoria e pratica, sogno e realtà. La consapevolezza è un culmine, è al top del vissuto, non si può insegnare, non si trasmette, non è una nozione, non si inculca... è una conquista finale. 


PECCATO
Nel ebraico questo termine viene da chata che significa mancare il bersaglio, in latino viene da  peccus derivato da pes-pedis (piede). Significa difettoso nel piede, coma mancus (mancanza) che significa difettoso nella mano, quindi sarebbe come mettere il piede in falso, dare un passo falso. Se però riflettiamo bene l'azione che si sta facendo comunque è lecita, a volte necessaria, come colui che imparando ad andare in bici cade (ecco un peccato), per cui la parola in sè è un richiamo al dispiacere di non esserci riuscito a fare quella cosa giusta, ma la cosa in sè non è mai sbagliata. In poche parole lo sbaglio che si fa (il peccato) fa parte integrante dell'apprendimento, alla fin fine il peccato vero non sta nell'errore che facciamo ma nel non riconoscerlo, non accettarlo e persino nasconderlo. In questo senso possiamo dire che o vinciamo o impariamo ma chi impara vince comunque. 


COMPLIMENTI
Una parola complessa. Dal latino "complementum" compimento e quindi dal verbo compiere, sta ad indicare un dovere da COMPIERE verso gli altri, ma ecco qui il qui pro quo, un complimento non è un dovere ma un piacere se fatto col cuore, donde spesso non sappiamo se crederci ai complimenti oppure sono un allarme di stare all'erta perchè dietro quel complimento si nasconde una trappola. In alcune regioni di Italia è molto comune dire "dai non fare complimenti" quando uno si trattiene di agire in modo spontaneo e libero: "dai prendi da mangiare... NO grazie.... su non fare complimenti" cioè comportati come se tu fossi a casa tua, sii libero di impegni, di convenzionalità, di finta educazione e galatei, siamo tra amici, sii te stesso. In questo caso il complimento è vissuto come un qualcosa di posticcio. A volte facciamo persino fatica a fare i complimenti visto quanto siano diventati in certi ambienti parole di convenienza. Anzi a tanti persino infastidisce riceverli. Credo che nel dialetto napoletano si conservi ancora un sano significato della radice della parola "complimento" che sta per il latino "complicamentum" da complicare e cioè da avvolgere o aggiungere insieme ad una cosa un valore aggiuntivo: come la mancia per esempio, o un regalo che si dà in aggiunta per dimostrare soddisfazione: ti vendo una mela ma prendine un altra perchè mi sei simpatico, ecco la mela del complimento. Non è più un dovere ma un piacere farlo. Quando fare la mancia diventa un obbligo ecco che ti senti derubato, come dover fare complimenti per forza. Pensate alle feste o tanti compleanni, dobbiamo fare tanti auguri ma per complimento di dovere non di piacere e quanta falsità e fatica a farli e riceverli? 


IL LABIRINTO
L'etimologia di questa parola è un vero labirinto, incerta perchè ha tantissime radici ed eredita. Tra le tante scelgo 3: proviene da lavoro interiore (labor intus), significa entrare dentro la propria anima e psiche, piena di meandri, bivi, incongruenze, contraddizioni e qui mi viene in mente il secondo senso etimologico, dalla lingua pre greca egeo-anatolica e precisamente significa leberhís (lepre),-ídos (tana), quindi è la tana del Bianconiglio, vi dice qualcosa Alice nel paese delle Meraviglie? il nostro inconscio è proprio quella tana donde la nostra parte selvaggia ha costruito un universo alternativo che va compreso ed esplorato. Ma perchè è così difficile entrare dentro noi stessi? La paura del labirinto, paura di non trovare la via d'uscita. Ed ecco il terzo significato: dal greco λαμβάνω = prendo e ρινάω = inganno, cioè "cado in inganno", è la paura di perderci, di non trovare la propria strada, paura soprattutto di afrontare il Minotauro (il nostro Io interiore che divora vite umane), ma come Teseo con l'aiuto di Arianna (L'amore) potremmo scoprire la via d'uscita.

DIVI
L'etimologia della parola Divo ci può far comprendere che Dio è socialmente davvero morto. Divo deriva dalla voce deivos lo splendore del divino e quindi il celeste (Dio) in opposizione al terrestre (l'humus e cioè l'uomo). I divi quindi sono le divinità, coloro che riflettono l'essenza della verità, della vita, della bellezza, della trascendenza, ma ahimè oggi questa parola si è disincarnata, i nostri divi (della musica, del cinema, dello sport) non hanno altro da far splendere che lo umano agli sgoccioli: la fame di fama, di materialità, come poter restare a gala in base soltanto alla ricchezza , il Dio si è materializzato nei soldi. La divinità è essenziale alla psiche umana, perchè è una traccia di quella dimensione interiore che abbiamo perso di vista, un mondo senza dei è uguale al mondo dominato dagli dei religiosi e politici, perchè le persone per bisogno psichico tenderanno sempre a crearsi e farsi degli idoli, a seguire i loro divi. Siamo quindi passati da uno estremo (gli dei delle religioni che non erano per nulla comprensibili nè raggiungibili dalla nostra umanità) ai divi umani che non hanno nulla di spirituale e tanto meno di trascendentali.

ALCOOL O SPIRITO
Vi siete mai chiesti perchè chiamiamo Spirito anche l'alcool? In realtà si chiama Etanolo essendo alla base di tutte le bevande alcoliche. E' una parola di origine araba: Al-Kuhl era una polvere finissima e attentamente depurata che veniva usata per medicare gli occhi, come un collirio oppure per ragioni cosmetiche. Per traslato la parola è poi passata a significare una sostanza purissima, o un'essenza di qualcosa che tendeva a sublimare per diventare spirito. Un distillato di essenze. Alcool divenne quindi quella sostanza o bibita che ti faceva vedere altre realtà, un vero e proprio Spirito diventato poi un demone: Alghul. Vi ricordate il nemico numero uno di Batman? si chiamava proprio la testa del demone: Ra's Al Ghul. Nei videogiochi moderni al Ghul è un famosissimo demone che si nutre di corpi per lo più decadenti, proprio come fa l'alcool con le persone, le succhia dentro, si nutre del loro spirito mancante, l'alcool è una possessione, un vero e proprio demone, uno Spirito che colma il vuoto di persone senza Spirito. In occidente l'articolo si è fuso con il sostantivo al Ghul divenne alcool (come alchimia era la chimica). Al Ghul era la parte più sottile, leggera divenuta quasi invisibile, polvere, quindi Spirito, anima delle cose. Cosa cercano molti nell'alcool? la Soluzione, soluzione significa dissolvenza di una sostanza, quindi l'essenza, la risposta ad un problema. Chi è privo di spirito quindi tende a berselo per scompenso sotto le parvenze dell'Alcool.

DELUSIONE
E' il sentimento di amarezza che scaturisce dal constatare che la realtà non corrisponde alle nostre aspettative, anzi alle nostre illusioni. Ma dobbiamo fare chiarezza perchè è una parola molto bella ed importante.
Viene dal latino delusio, verbo deludere prendersi gioco. Ludum significa gioco in latino, giocare si dice Ludere, per cui illudersi è essere in gioco, deludere è prendersi gioco di qualcuno, prenderlo in giro (giro giro tondo...). C'è da fare una distinzione innanzitutto: sono le persone che ci deludono o siamo noi che ci illudiamo delle persone oppure entrambe? ... Noi già da bambini cresciamo avendo davanti le aspettative degli altri: le aspettative dei nostri genitori che ci vogliono bravi, onesti, ordinati; le aspettative dei professori a scuola che ci vogliono disciplinati, intelligenti; le aspettative del datore di lavoro che ci vuole operosi; le aspettative del partner che ci vuole sinceri fedeli generosi; le aspettative infine della società in generale. Ma se le loro aspettative non corrispondono alle nostre illusioni dobbiamo subito consapevolmente deluderli, non dobbiamo vivere in funzione delle illusioni degli altri, non dobbiamo mai accettare le illusioni degli altri se non sono le stesse nostre illusioni, loro hanno la loro vita e noi la nostra, in questo caso non siamo noi che deludiamo gli altri ma sono loro che si fanno da soli illusioni su di noi senza contare con la nostra approvazione. Dobbiamo ridare a noi stessi le nostre illusioni vere e per farlo dobbiamo deludere tutti quanti, noi per primi dobbiamo deluderci di tante persone che non hanno le nostre stesse illusioni, in questo modo non soffriamo se qualcuno non è alla nostra altezza e non facciamo soffrire nessuno che ci ha messo al di sopra delle nostre possibilità illudendosi di noi. L'illusione quindi è bella ma non sempre vera finchè non ti deludi e cioè finchè non metti in chiaro le regole del gioco con chi ti stai illudendo (giocando). La delusione alla fine è più dura ma più bella ancora, perchè non nasconde più nessuna bugia o malinteso o falsa illusione o incomprensione.

TIMIDEZZA
La parola viene dal latino timere (timore) aver paura, il timido è un impaurito. Anche la parola intimidire è mettere paura. Il Timido ha paura di tante cose, dipende che tipo di timidezza abbiamo davanti: paura di non essere accettato, paura di sbagliare, paura di essere rifiutato per cui non ce la fa a dichiararsi ad una ragazza. Ma cosa nasconde questa paura? Innanzitutto un mondo emotivo represso, chiuso, non capito e soprattutto non amato, per cui di primo acchito si vede la timidezza come un qualcosa di negativo, un blocco, un limite, invece dietro nasconde delle potenzialità enorme: il timido sa ascoltare, sa essere empatico, sa essere delicato, discreto e un grande osservatore, sono dei grandi confidenti perchè sanno tenere nascosti segreti ed emozioni ed infine sono molto fedeli. La persona timida deve soltanto lottare con il bisogno di farsi accettare, altrimenti la timidezza lo spinge nella solitudine e nel sentirsi inadatti, non degni di vivere, resta chiuso con la paura nel suo buio. Se il timido invece sta bene nel suo angolino e non dà peso al cosa diranno gli altri, diventa un fiore profumato e prezioso, il suo candore è il pudore e la delicatezza e la discrezione, qui la paura non sta più dentro del timido ma la esterna e sa cosa gli conviene, percepisce quello che potrebbe ferirlo e danneggiarlo e sa starsene alla larga senza far persino rumore.

ENTUSIASMO
E' evidente quando vediamo una persona entusiasta, è piena di energia, spruzza gioia, immette positività. L'etimologia ci spiega mirabilmente il suo significato: dal greco: en dentro thèos dio. Il dio dentro. Essere entusiasta quindi è sprigionare il Dio, la divinità, la forza divina che abbiamo dentro. L'entusiasmo non è un eccitazione qualunque, non è una forza di volontà come il coraggio, ma è uno stato psicologico anzi direi spirituale molto profondo e consapevole di saper e sentir che il divino si irradia dentro di te verso il mondo che ti circonda.

MATRIMONIO E/O PATRIMONIO
Quando si pensa al matrimonio si pensa subito anche all'amore. Ma se riflettiamo un attimo scopriremo delle verità davvero atroci. Iniziamo con l'etimologia della parola matrimonio: matri madre e monium doveri quindi sono i doveri della madre vale a dire: lavare, pulire, cucinare, stirare, fare figli. E il padre? beh a lui compete il patrimonio cioè i doveri del padre che sono costruire la casa, fare carriera, provvedere ai soldi e di fatto la parola patrimonio è diventata sinonimo di ricchezza e capitale economico. Ma nella società patriarcale antica la donna era anche patrimonio di un uomo, lei era sua, per non parlare del matrimonio come patente sessuale (vera e propria prostituzione resa domestica, e cioè dove un uomo si assicurava una donna a casa disponibile sempre al letto e di fato questo lo si chiamava "DOVERE matrimoniale" non piacere, lei era una cosa e basta (pensate al cognome del marito che si aggiungeva a quello di lei: Maria rossi DI MARTINELLI. Ma non esisteva che lui appartenesse a lei) , per cui lei faceva parte dell'arredo della casa di lui, il matrimonio era quindi un onere, un peso o un carico che cadeva esclusivamente sulle spalle della donna. Il matrimonio in sè è un affare, un negozio, un contratto sociale, un patto da ambedue le parti che serve a livello politico e sociale a far sì che la comunità si regoli dentro certi limiti ed ordinanze e sicurezze giuridiche (basta pensare alle eredita e le pensioni), in parole povere: è un sistema che fa comodo alla politica per far sì che le persone vivendo insieme costruiscano capitali, consumino prodotti e proteggano la prole. E l'amore dov'è andato a finire? La religione nella sua alleanza con la politica sembra che rendendo il matrimonio indissolubile nel nome dell'amore eterno (finchè morte non vi separi) non abbia fatto tanto altro. L'uomo e la donna per natura si sentono attratti da una forza che li porta a vivere insieme, identificarsi, appartenersi, moltiplicarsi, ma sanno che ad unirli non è un contratto, non è una firma su un libro testimoni o un patto sociale. Questo amore è un sacramento e qui dovremmo analizzare questa parola per capire dov'è andato a finire l'amore.... continua

SACRAMENTUM
Precedentemente abbiamo visto come la parola matrimonio non aveva niente a che vedere con l'amore, tanto meno il suo opposto il patrimonio. Sono stati ridotti a contratti sociali e quindi prassi politiche. La religione ha cercato di dare all'amore un valore spirituale rendendolo un sacramento (ma ben sappiamo che la Chiesa ha fatto die sacramenti i suoi strumenti di potere alquanto ambigui ed arbitrari). Ma cosa significa questa parola? Aiutiamoci con altre parole per arrivare più in profondità nel suo senso: alimentum = ciò con cui ti nutri; abbellimentum = ciò con cui ti rendi bello; sacramentum = ciò con cui tu trovi il sacro.  La Chiesa ha detto che i sacramenti sono 7, ma no, sono infiniti, sono ogni cosa che ti mette in contatto con il divino, tutto ciò che ti fa scoprire il sacro è un sacramentum: il sorriso di un bambino, i colori di un fiore o di un tramonto, il bacio della persona amata. In amore quindi viverlo come un sacramento significa che dobbiamo trovare nell'altro il divino, ma a sua volta se io non sono spirituale non potrò vedere il sacro nell'altro. Amarsi vuol dire consacrarsi all'altro, con - sacro, dedicarsi al sacro in maniera divina, donarsi al sacro, vedere il sacro che c'è nell'altro (il significato di Namastè). La parola "sposo o sposa" viene dal latino spondere cioè far libazione o dono sacro di sè stessi all'altro quindi consacrarsi: tu diventi un tempio per l'altro e l'altro un devoto o sacerdote e viceversa. Il matrimonio quindi in realtà è per pochissimi, come sono pochi i consacrati, i monaci, i maghi, gli sciamani, gli illuminati, sono persone che vivono in maniera assoluta l'amore, quindi a livello sacramentale, scoprendo il sacro e il divino che c'è nell'altro, aiutandosi vicendevolmente a risvegliarsi, illuminarsi, il tuo amore rende l'altro una divinità e viceversa. Nel sacro lo spazio è assoluto ma c'è spazio soltanto per l'altro, si vive per l'altro, con l'altro, dall'altro, dell'altro. Credo che pochissimi amano il resto si limita soltanto a giocare all'amore.

CONIUGE
L'etimologia di questa parola ci apre uno spiraglio meraviglioso di comprensione su cosa dovrebbe essere un coniuge. Dal latino cum = insieme e Jugun = giogo dal verbo Jungo unire o mettere insieme. Dunque coniuge è una parola che fa riferimento ad avere sopra un giogo che è il peso della vita, ma portarlo insieme ad un altro, con giogo, il tuo compagno. Ben sappiamo che il giogo era uno strumento usato come mezzo di attacco per mettere insieme due buoi la cui forza e sincronia era meravigliosa e potentissima per arare la terra. Il tuo coniuge quindi è quella persona con cui tu riesci a portare avanti un impegno, a solcare la terra della vita per la semina dei vostri desideri e sogni, è chi ti dà una mano nella fatica, chi ti sta accanto nella difficoltà, chi si supporta e sopporta. Anche nel vangelo Gesù disse: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». (Mt. 11,28-30). Questa citazione fa riferimento ad una forza spirituale, l'amore interiore, che rende la vita di coppia potentissima, armoniosa, unita, capacità che aiutano a far fronte a qualsiasi terreno da arare.

TRAUMA
Dal greco τραῦμα che significa "danneggiare, urtare, lesionare, infrangere" equivale quindi ad un colpo violento che si subisce, un urto a cui non eravamo preparati, un qualcosa che non ci saremo mai aspettati. Quindi capita per lo più nell'infanzia, ma anche in età adulta quando perdiamo per esempio una persona amata o quando siamo stati traditi da un grande amore, quando subiamo una violenza fisica (colpi, aggressioni) oppure sessuale (come lo stupro). Un bambino trascurato, abbandonato, discriminato sicuramente subisce un trauma. Questi colpi ci segnano a vita, come una cicatrice e il più delle volte condizionano e compromettono il nostro modo di rapportarci agli altri e al mondo in generale. Istintivamente noi tendiamo a negare che ci sia una tale ferita, paura di rivivere quel dolore, ma soltanto chi ascolta quelle urla interiori silenziose può iniziare a guarirsi. Un bambino abbandonato per sopravvivere innalzerà muri  cerebrale di paura e diffidenza e il suo carattere crescerà da una parte assetato di affetto ma dall'altra parte magari freddo, insicuro e sempre malcontento. Finchè non affronta questa sua ferita tutti quelli che li stanno accanto subiscono la sua tossicità temperamentale e questa persona crederà di avere ragione a difendersi quando ormai nessuno la sta abbandonando, perchè si è identificata con il suo IO fallito. Facciamo attenzione, spesso diciamo frasi del tipo: "capitano tutte a me" "sono proprio sfortunato" "io non ho avuto un infanzia" "nessuno mi capisce" "non è nata la persona che fa per me".... e via dicendo, sono tutte litanie che risuonano traumi subiti e non risolti. La prima cosa necessaria è non rimpiangere, non fare le vittime, non siamo più quel bambino o bambina feriti, secondo prenderne coscienza di questi traumi è liberatorio, sapere che non c'è nulla da pagare, che infondo siamo innocenti, non siamo stati noi i colpevoli e una volta identificato il colpevole capire che a sua volta è per lo più un traumatizzato, l'anello di una lunga catena che si spezza soltanto con il perdono e la comprensione.

DIRE, PARLARE, CONVERSARE, DIALOGARE, CHIACCHIERARE, CIARLARE, BLATERARE ...
Si dice che noi umani ci distinguiamo dagli altri animali per l'uso della parola, a me invece viene da dubitare quando penso al poco valore e significato che diamo alle parole che usiamo. Facciamo un esempio, appunto visto che si parla di parlare:
DIRE: proviene dall'indo europeo "dik" che significa puntare col dito, col dito in-dice, è mostrare semplicemente una cosa. Infatti quando qualcuno dice un mucchio di cose senza puntare nulla (senza dire nulla di significativo) sono dicerie, spara a caso in tutte le direzioni.
PARLARE: proviene dal latino barbarico "parabolare" cioè parabole, significa mettersi davanti all'altro cercando (come le antenne paraboliche appunto) di prendere la sua lunghezza d'onda, la sintonia, significa cercare acutamente di farsi capire. Infatti Gesù parlava soltanto in parabole: è mettersi vicino all'altro, quasi parlagli all'orecchio, una cosa molto intima. Oggi pochi parlano, pochi ti attirano davvero come una parabolica.
CONVERSARE: dal latino con - versus, vuol dire parlare Con un altro VERSO la stessa direzione, essere in armonia, conversare vuol dire trovarsi insieme sulla stessa idea.
DIALOGARE: dal greco dia = opposizione e logos = verbo, pensiero, significa vedere quanto siamo distanti, quanto sono diversi i nostri pensieri dall'altra persona. Infatti quando diciamo "dobbiamo dialogare" è perchè la questione è seria, dobbiamo chiarire le posizioni, vedere in che punto ci troviamo rispetto all'altro.
CHIACCHIERARE: questa è la più usata dagli essere umani, non ha una radice perchè è formata da un suono onomatopeico usato per richiamare spesso gli animali come nel tedesco "gackern" lo schiamazzo delle galline (infatti al bar spesso sento la gente e mi sembra un pollaio), oppure nel francese "claque" battere le mani (la lingua), anche il catalano CIARLARE che significa borbottare, sgorgare, spruzzare a getto.... insomma più analizziamo il nostro discorrere e più scendiamo alle forze istintive selvaggi, animalesche, quindi BLATERARE il verso del balbuzienti, di chi barbuglia in maniera confusa. 

INDOVINARE O AZZECCARE?
Indovinare è un termine che ha perso il suo significato originale: viene dal latino "divinare" essere ispirato dal divino e "in" cioè entrarci dentro, è uno slancio quindi spirituale, è un sentirsi IN-vena di ispirazione, una ricerca del divino che è in noi, niente a che vedere con "indovinare" come azzeccarci, tirar a cogliere a caso quello che nascondi e rivelartelo e scoprirtelo, questo è superstizione, ma non è ricerca introspettiva spirituale o psicologica. Che poi le cose si avverino non lo ritengono una profezia bensì una conseguenza delle azioni che ormai sanno come vanno a finire per esperienza. Facciamo un esempio: se gioco a bigliardo so con certezza che la palla finisce in quella buca ma non perchè sono un indovino e prevedo il futuro, ma so che se colpisco la sfera su un determinato angolo e l'altra palla con la proiezione giusta la direzione ad effetto è quella voluta, il profeta non è quello che conosce il futuro ma è quello che ha vissuto il presente così in pienezza che sa le conseguenze delle azioni. Se ti dico che la tua vita va a finire male se ti sposi con quella persona, non sono un indovino ma conoscendo quella persona incapace di amare so che non va a finire bene quel rapporto. Dunque, quando noi diciamo che usiamo i Ching come libro divinatorio oppure i Tarot, vi diciamo che siamo persone che entriamo (IN) nella sfera del DIVINO, cercando di capire cosa succede nella sfera del sacro, cosa sentirei se io fossi in quella vibrazione. Dunque lontano da noi uno scopo da fattucchieri, indovini ciarlatani e superstiziosi, queste persone si avvicinano al divino perchè non ce l'hanno, in mancanza del vero divino molti se lo inventano come surrogato.  

YIN YANG
Yin e Yang ormai sono diventati in occidente due parole assai conosciute, la si usa per indicare la dualità, le cose opposte, perchè nella sua filosofia indica l'alterità quindi il bianco e il nero, il caldo e il freddo, il maschile e il femminile e via dicendo. Ma originalmente il termine fu coniato con due ideogrammi nati dall'osservazione che i cinesi facevano su una stessa e medesima collina: lo yang è costituito dal pendio di una collina orientato a sud e colpito dai raggi del sole, mentre lo yin  dipinge il pendio della stessa collina esposto a nord, immerso nell’ombra. Se osserviamo le dune che il vento forma nel deserto incredibilmente vedremo non soltanto lo stesso effetto, ma le due si formerebbero su una linea ad onde e non dritta, perchè? perchè il vento essendo energia mi muove in onde e l'onda ha un movimento yin e yang, rientranza e sporgenza, concavo e convesso. Quello che magari i cinesi allora non sapevano è che l'energia che batte nell'universo (particelle atomiche) è un movimento yin e yang, un contrarsi e espandersi, ispirare e espirare.... tutto obbedisce a questa legge. 

CULTURA, COLTURA E CULTO
Il termine cultura viene dal latino coltivare, infatti i contadini spesso dicono la coltura per indicare la raccolta, il coltivo totale. In occidente lo sviluppo dell'umanità ha posto il suo impegno nella cultura riferendosi alla progressione mentale che una persona può avere, perciò quando si parla di cultura si pensa subito ad attività per lo più intellettuali (coltivazione mentale). Ma a cosa serve coltivare la mente se non si sviluppa il sentire del cuore e il legame con lo spirito? Di fatto gli antichi avevano invece associato la coltura al culto, cioè a quelle capacità intellettuali associate al volere, al sentire, perchè l'essere umano in quanto un frutto si sviluppa soltanto nella sua pienezza, quindi anche spirituale donde il culto, la sua interiorità istintiva, non soltanto testa (cultura) ma anche cuore (culto divino). Una cultura soltanto intellettuale è deleteria, nociva, pericolosa. 

SINCERITA'
Sincero dal latino: sine senza cera, si riferisce alla lavorazione del miele quando viene distillato dal favo a volte si mischia con la cera, si inquina (c'è anche la radice "skar" impurità quindi senza impurità) il miele sincero è quello puro, pulito, non inquinato. Una persona con il trucco, con la cera, con le bugie, con le false scusante non è sincera ma piena di stuccature, impalcature che reggono i suoi sotterfugi. Però dobbiamo anche fare una distinzione per la nostra salute mentale: il buon senso ci insegna che non possiamo essere sinceri al 100%, è un pericolo, un rischio e non giova al quieto vivere. Perchè? le ragioni sono due: la prima è per la nostra incolumità, perchè noi non siamo in obbligo di essere trasparenti di fronte a tutti soltanto per dimostrarci sinceri, la nostra coscienza non è una piazza pubblica, molti se ne approfitterebbero, fuggite da quelle persone che nel nome della sincerità vi costringono a dire tutto quello che pensate, vogliono soltanto manipolarvi, questo non è sincerità ma sopruso ed invadenza della propria intimità. Persino di fronte ad un giudice abbiamo il diritto di avvalersi del silenzio e non rispondere. La seconda, per il quieto vivere e la pace comune, perchè se uno deve dire a tutti quello che pensa allora staremo a litigare con tutti, perchè tutti abbiamo limiti e difetti, e nessuno è nel dovere di fare sempre da giudice. Alcune persone non sono sincere ma sfacciate, feriscono senza alcuna delicatezza, sembra che godono nel rinfacciare agli altri i difetti, nel nome della loro spudorata sincerità. La sincerità invece è pura (senza cera) per questo se va accompagnata da ira, odio, volgarità, insulti, dolore, disprezzo, prese in giro, risentimenti, non è sincera affatto. La sincerità ha uno spazio e un tempo da rispettare e farsi a sua volta rispettare. La verità va detta ma nel momento e nel luogo opportuno altrimenti non verrà mai ascoltata nè compresa. Non possiamo essere sempre e con tutti sinceri questa è già una falsità, un ideale poco sincero. Chi dice di essere sempre e con tutti sincero o è falso o è uno sprovveduto che ha poche verità da dire. 

CATTIVO 
Ecco un altra parola che ha persona la sua origine, perchè viene dal latino captivus cioè prigioniero, le persone in cattività erano quelle schiave, infatti viene a sua volta dal verbo "captare" che significa impadronirsi. Come mai Cattivo è finito per essere sinonimo di male? quando diciamo buoni e cattivi diamo per scontato che non tutti i cattivi ( i prigionieri di guerra) erano colpevoli, alcuni erano persino innocenti.  Perchè per i soldati i prigionieri erano tutti nemici, tutti malvagi, tutti da condannare. UN cattivo è uno che si lasciato schiavizzare dal nemico, allora in senso morale è uno prigioniero del male, uno schiavo di satana (il nemico), uno condannato a morte. Quante volte abbiamo detto "lui non è cattivo, fa un mucchio di sbagli ma non per cattiveria" infatti ecco il prigioniero della sua ignoranza, non è cattiveria pura, quella è malvagità che è piena di lucidità mentre la cattiveria è piena di buio e stupidità. Ecco perchè mi piace dire che l'essere umano non è né buono né cattivo, è soltanto scemo. 

SOLITUDINE
L'etimologia di questa parole è interessante nonché intricante, proprio dovuta la sua complessità. Per lo più molti si fermano al latino “sollus” che significa stare da solo, invece la sua origine affonda nella radice del greco antico  “olos” che significa  essere sufficiente, a sè stante quindi essere “tutto” “intero”, come diciamo spesso noi "esser tutto d'un pezzo solo". Da questo punto di vista possiamo vedere come si delineano due tipi di solitudine: una è positiva, sana, benefica, utile, indispensabile, matura... è lo stato di pienezza di chi si conoscere, sa stare da solo perchè si accetta, ha imparato a sopportarsi, è uno stato di solitarietà (vuole stare da solo, sta behne, non si lamenta) e sono proprio coloro che sanno stare poi benissimo in compagnia; l'altra solitudine è negativa, malata, nociva, inutile, crea dipendenza m rende le persone immature, scontrose, chiuse, costoro non sono solitari ma isolati, animali in gabbia, la gabbia del proprio essere interiore smarrito (non vogliano stare da soli, si lamentano sempre di questa situazioni ma in realtà nessuno li vuole, sono vampiri e parassiti energetici). La prima solitudine è vissuta, la seconda è subita. Nella prima tu conosci gli altri attraverso te stesso, da solo, mentre nella seconda tu ignori te stesso presumendo sapere tutti degli altri. Il vero solitario è solo ma non sta da solo bensì con l'essere universale e con se stesso, il falso solitario è solo, perso in se stesso anche se sta insieme agli altri. 


ESPERIENZA (Etimo Logica Mente)
Esperienza deriva dal latino experientia – da experiens, participio presente del verbo experiri, che significa provare, sperimentare. Questa parola ha la sua radice indoeuropea "perire" (sparire) che significa mettere fine ad una cosa e far nascere un altra, per cui possiamo cogliere il profondo significato di questa parola: è far passare tutto ciò che abbiamo in testa (conoscenza) nella teoria al cuore (l'esperienza) la pratica. Rumi diceva: "Se Non hai fatto l'esperienza, le parole sono inutili. Se Hai fatto l'esperienza, le parole sono inutili" questo è già saggezza, dimostrare senza bisogno di spiegarti, ma in un mondo fatto di tecnologia le parole sono diventate imprescindibili ecco perchè diventiamo sempre più virtuali (teorie) e meno reali (saggi), anzi a volte le persone nemmeno con le parole intendono.

UMILTÀ
Questa è una parola bellissima, peccato che ha perso il suo senso e significato profondo nel nostro mondo odierno. La sua radice risale al latino humus = terra, ma è la stessa radice della parola "uomo" che proviene dal sanscrito bhu- che successivamente divenne hu- donde humus, humano, che proviene dalla terra, quindi essere umile ed essere uomo è la stessa cosa, è uno consapevole della sua origine, della sua essenza. Ma in un mondo dove prevale l'arroganza il potere, la legge del più forte, l'umiltà viene intesa come umiliazione, colui che sta per terra (non colui che sa di essere terreno). Oggi la parola ha una connotazione materiale quindi nessun vuole essere umile perchè passa per uno che non conta, un sempliciotto, persino povero e senza carattere, invece l'essenza di questa parola è spirituale: umile è chi pur consapevole della sua grandezza non la ostenta, non prende vantaggi sugli altri, non si dò le arie, non umilia perchè sa che tutti siamo alla pari (siamo tutti terra, humus, uomini). L'umile sa essere se stesso (terra) sta al suo posto, donde fa le cose a modo (modesto), è giusto. Per essere umili ci vuole una grandezza di animo, una grande anima, una consapevolezza dei propri limiti, una fiducia in se stessi per non fare la vittima di questi limiti, perchè l'umile nè si esalta ma tanto meno si umilia (attenti ai falsi umili che si abbassano per essere riconosciuti come grandi d'animo e sono orgogliosi della loro umiltà). Bruce Lee diceva: "“Essere umili verso i superiori è un dovere, verso gli eguali è cortesia, verso gli inferiori è nobiltà, verso tutti è la salvezza.”

RISENTIMENTO
Basta un solo prefisso a rendere davvero sottile e complessa la parola più semplice e potente. Qui tocca a ‘sentire’, che alla fine della storia prende una piega scura e tagliente, perchè mentre sentire è qualcosa di buono, il risentire diventa negativo e di fatto il risentimento è carico di rancore, odio, colpa, sdegno, rabbia. Se analiziamo il prefisso "ri" il altre parole lo comprendiamo bene: ripetere e farlo di nuovo, rivedere e vederlo un altra volta, rimediare è provarci a curarlo in maniera migliore, riparare è mettere a posto qualcosa di rotto. Dunque risentimento è un sentimento che non abbiamo capito, non abbiamo accettato, non siamo stati corrisposti, è un sentimento che ha causato un trauma e per questo dobbiamo sentirlo in profondità ma per comprenderlo non per subirlo e farci soffrire. Se rimaniamo nel risentimento non capiamo che la psiche ci invita a sciogliere il nodo e vi rimaniamo incastrati e soffocati nel risentimento. 







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RICORDARE
RIBELLARSI
ABITUARSI
CORTEGGIARE













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