LIBRO ROSSO


LA VIA DI QUEL CHE HA DA VENIRE
Quando iniziamo a guardare dentro di noi il buio che ci guarda, cresce in noi come un virgulto, come una radice che esce da un arido suolo, senza forma nè bellezza, anzi non ci piace (riferimenti al servo sofferente di Isaia), un volto senza STIMA alcuna. Tuttavia egli porta la nostra infermità e dolori (quindi se porta la malattia anche la salvezza). I brani biblici introduttivi alla riflessione del Libro Rosso sono ben mirati: il servo sofferente era il popolo d'Israele nel contesto storico di Isaia, nella rilettura cristiana viene interpretato come il Cristo, ma in quanto Immagine simbolica del Dio, siamo tutti noi ormai pronti per nascere... donde il brano seguente parla proprio dell'incarnazione del Verbo (Immagine Divina)... un bambino che ci deve nascere dentro il quel buio intrauterino della psiche e dell'anima!!!

POICHÉ UN BAMBINO CI E' NATO ... E IL DOMINIO E' SULLE SUE SPALLE.
Siamo tutti nati per .... nascere.... cioè per arrivare alla nostra Individuazione e presa di coscienza (Consapevolezza), anche Gesù parla di rinascere nuovamente, cioè nello Spirito, e man mano che cresciamo ci accorgiamo di aver dentro di noi il famoso Bambino psichico, il Re, il Padre, il portatore della Verità (Se non diventate come i bambini non entrerete nel regno dei Cieli). Jung fa una rilettura biblica in termini psicanalitici: "Invece di usare il termine Dio si può usare Inconscio, invece di Cristo il Sè, invece di incarnazione integrazione dell'inconscio, invece di salvezza o redenzione "individuazione", invece di crocifissione comprensione delle quattro funzioni o totalità. Io penso che non sia pregiudizievole per la tradizione religiosa, se riusciamo a stabilire in che misura essa coincida con l'esperienza psicologica" (Jung CG 1981 pag. 426).

 HANNO ALI E NON VOLANO
Ci sono due spiriti che ci soffiano pro e/o contro: quello del Tempo (direi del luogo comune, del mondo, della massa, del progresso) e quello del Profondo (quello del divino, le tue tracce da seguire per ritrovarti). Quando lo spirito del profondo prende in sopravvento entri in un altra dimensione, una comprensione al di là della parvenza. Te ne accorgi che prima eri cieco, sordo, muto... in senso simbolico: leggevi un libro ma non lo capivi, ascoltavi un saggio ma non coglievi il senso profondo del discorso, magari andavi a cena tra amici e non ti annoiavi delle solite frivolezze di un "tempo". Eri paralitico, appunto come il brano di cui Jung si serve (Isaia 35 1-8) in quest'introduzione per parlarci di questa epoche, crisi o bivio esistenziale. E' il passaggio da una terra arida a sorgenti d'acqua (Passaggio = Pasqua). Direi che lo Spirito del Tempo pensa di volare tanto in alto ma non ha le ali, mentre coloro che non prestano attenzione allo Spirito del Profondo hanno le ali ma non volano ancora.

L'ALTEZZA DELLA PROFONDITÀ
Chi entra nella dimensione dello Spirito del Profondo se ne accorge di 2 cose, la prima è il bisogno di usare il linguaggio apofatico, cioè quello che concilia gli opposti: è uno spirito superiore ma ti rende umile quindi inferiore, è buio ma vi trovi la luce, le sue profondità sono di altissime vedute, la sua marezza è dolce e via dicendo, come dice Jung "Lo Spirito del Profondo mi ha tolto la ragione e tutte le mie conoscenze, per porle al servizio dell'inesplicabile e del paradossale. Mi ha privato del linguaggio e della scrittura per tutto ciò che non sta al servizio di quest'unica cosa, ossia dell'intima fusione di senso e contro senso". La seconda cosa è la perdita d'interesse e persino di valore per lo Spirito del Tempo, quindi conferenze, riunioni tra amici, feste, il progresso della scienza, la carriera, ecc... anzi (non vi meravigliate) in alcuni casi si perde il piacere per la società, la famiglia, i propri sogni, come lo descrive lo stesso Jung all'inizio, una descrizione quasi deprimente: "Lo Spirito del Profondo ... mi ha tolto la fede nella scienza, mi ha privato del piacere di spiegare le cose... ha fatto spegnere in me la dedizione agli ideali d questo tempo. Mi ha costretto a calarmi nelle cose ultime e più semplici". (Prologo, "La via di quel che ha da venire", ediz. studio, pp. 9-10).

A questo proposito mi viene in mente quella meravigliosa esclamazione di sant'Agostino "Tardi ti ho amato"
Tardi ti ho amato,
bellezza così antica e così nuova,
tardi ti ho amato.
Tu eri dentro di me, e io fuori.
E là ti cercavo.
Deforme, mi gettavo
sulle belle forme delle tue creature.
Tu eri con me, ma io non ero con te.
Mi tenevano lontano da te
quelle creature che non esisterebbero
se non esistessero in te.
Mi hai chiamato,
e il tuo grido ha squarciato la mia sordità.
Hai mandato un baleno,
e il tuo splendore
ha dissipato la mia cecità.
Hai effuso il tuo profumo;
l'ho aspirato e ora anelo a te.
Ti ho gustato,
e ora ho fame e sete di te.
Mi hai toccato,
e ora ardo dal desiderio della tua pace. 

 LO SPIRITO DEL TEMPO ... MUTEVOLE
E MUTANTE.
Jung contrappone lo Spirito del Tempo (profano) allo Spirito del Profondo (Sacro). Poi dice: "Gli dei sono morti perchè erano nel tempo, ma il senso superiore non muore mai, si trasforma..." (Prologo, "La via di quel che ha da venire", ediz. studio, pp. 8). Vorrei a proposito fare un gioco di parole (formare, informare, conformare, trasformare, deformare) per capire quanto sia spesso complesso fuggire a questo Spirito del Tempo, di fatto Jung diceva un po' prima: "Se parlo dello spirito di questo tempo... qualsiasi giustificazione mi è superflua, perchè non ho scelta" (pp. 7) , in altre parole siamo costretti a vivere IN questo tempo, o mondo, l'importante è non essere DEL mondo, non far parte DEL tempo che lo conforma (Vivo IN questo mondo ma non sono DI questo mondo). Ma come? Una frase lapidaria di San Paolo nella lettera ai Romani diceva: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2). Ed ecco il gioco di parole: Man mano che noi cresciamo, dopo la nostra nascita, veniamo FORMATI da una cultura, una mentalità, dal modello familiare in cui viviamo, prendiamo quindi una FORMA. Poi andiamo a scuola e lì ci impartiscono INFORMAZIONI, quindi un ulteriore IN-formazione o INcaselamento, indottrinamento. Dunque, dalla FORMAZIONE infantile all'INFORMAZIONE giovanile si crea lo Spirito di CONFORMAZIONE, per esempio: se l'individuo parla sempre di sport diciamo che costui ha uno spirito sportivo, se parla sempre di soldi, diciamo che ha uno spirito di affari, se parla sempre di corteggiamento o si atteggia in modo attraente diciamo che costui o costei ha uno spirito da civettuola o spirito seduttrice, se parla o agisce in maniera spirituale diciamo che ha uno spirito religioso, se è una persona sempre adirata diciamo che ha uno spirito violento, irrequieto... e via dicendo. Parole ed azione dimostrano che lo spirito di quella persona si è CONFORMATA. Rammentiamo l'avvertimento biblico: "non CONFORMATEVI alla mentalità di questo secolo" in termini Junghiani sarebbe: "Non adagiatevi allo Spirito del Tempo"... la ragione che dà Jung è fondamentale: perchè lo spirito del Tempo "muta con le generazioni"; sì, cambia, come le mode, le ideologie, i partiti, i sogni materiali. Sono sabbie mobili, infondate. La soluzione sta quindi nella TRASFORMAZIONE, nell'andare oltre, non formazione, non informazione, non conformazione, ma la persona adulta e matura, inizia una trasformazione: si spoglia di tutto ma non butta via niente, porta via con sè il bagaglio di esperienze passate e le fa rinascere. Chi rimane attaccato allo spirito del Tempo che è MUTEVOLE, diventa un MUTANTE, cioè un morto vivente, uno zombi, coloro che vivono i copioni a cui si conformano, coloro che parlano per sentito dire (informazioni senza vita, pensieri non incarnati... il Verbo si fece Sostantivo, non Carne, non realtà). Soltanto chi vive nello Spirito Superiore o Profondo può far nascere il divino (il bambino), chi vive dallo spirito del Tempo, come gli altri dei, muore e basta, si DEFORMA.

NON E' IL DIO STESSO CHE VERRÀ MA LA SUA IMMAGINE.
Il concetto classico biblico che dice: "Dio creò l'uomo a sua immagine... maschio e femmina li creò" (Gen. 1,26-27) e ancora: "Quando Dio creò l'uomo lo fece simile a sè ... maschio e femmina" (Gen. 5,1-2), ripeto, questo concetto è abissale. Jung la prima cosa che vi trova una volta volte le spalle allo spirito del Tempo è proprio l'immagine di Dio, è l'overture della nostra interiorità. Immagine dal latino "imago" Forma esteriore, ma il racconto della Genesi va oltre l'immagine dice anche la "somiglianza" quindi oltre alla forma esteriore siamo anche un Fac similis interiore, siamo simili a Dio anche intrinsecamente. Ma in cosa? Jung parla proprio di un Senso Superiore, cioè che abita l'essere umano ed è il Divino. "Il senso superiore è l'inizio e la fine. E' ponte di passaggio e di compimento" (Epilogo ediz. studio, pp. 8). Infatti nella Bibbia si dice del Cristo che è L'Alfa e l'Omega, il primo e l'ultimo, il principio e la fine di ogni cosa (Apoc. 22,13) 

L'IMMAGINE DI DIO HA UN OMBRA
Con questa frase Jung ci introduce al di là del ponte dello Spirito del profondo, oltre l'immagine, e cioè nell'Ombra. Il concetto di “Ombra” ha conosciuto una evoluzione nel percorso di Carl Gustav Jung, man mano che si fa più luce (conoscenza) è ovvio che la capacità di comprendere l'ombra è maggiore. Ricordatelo bene, è un assioma: Più vicino sarai alla luce e più grande sarà la tua Ombra, dunque non vi meravigliate se gli spiriti più alti scendono così in basso nel buio, se le persone così spirituali cadono in depressioni così infernali, che le menti così illuminate cerchino il buio come ristoro. Inizialmente per Jung l'ombra era una realtà puramente individuale che coincide con la parte inferiore della personalità, nell'inconscio personale. Invece nel suo pensiero più tardivo, ombra diventa una realtà assoluta ed extra-personale: il negativo dell’esistenza; dunque, il Male. Ma, attenzione, in quel Male si annida la luce (Dove brilla la luce se non nel buio?) per cui al margine di quell'ombra è possibile conquistare la restaurazione del Sé: il senso superiore!. Il buio non è altro che il grembo della luce, se Dio facendo l'essere umano si Rispecchia (immagine e somiglianza), la creazione non è altro che l'inconscio di Dio e Dio sarà il nostro inconscio; creando l'uomo Dio si vede e si cerca nell'uomo, non vi meravigliate se noi abbiamo anche questa tendenza direi quasi "errata e fuorviante": vederci nell'altro, cercarci nell'altro, far sì che l'altro agisca in funzione del nostro IO, voler che un figlio sia uguale a me (privandolo della sua individualità), mia immagine e somiglianza. Sarebbe egoismo? Sì, ecco perchè Dio deve fuggire da questa trappola, altrimenti la creazione dell'uomo non sarebbe altro che una sua auto adulazione illusoria, allora Nietzsche avrebbe ragione nell'accusarlo: "senza di me fedele non saresti Dio, saresti da Solo senza adoratori, saresti Nulla, mi hai creato in tua funzione, non sei nessuno senza adoratori, siamo tristi pedine della tua scacchiera, sei alla fin fine Ego puro e non Amore". Dio creando l'uomo si deve quindi liberare da questa Ombra, sacrificandosi, (mettersi in terza persona -il Cristo-, così come uno che vuol conoscere se stesso, deve essere oggettivo, uscire da sè, avere empatia altrui) quindi esce fuori di Sè, diventa anche lui uomo (incarnazione), soffre con noi e nel Cristo muore in croce come uno di noi (Un Dio che muore, soltanto quello è vero). Soltanto in quello svuotamento (Buio Totale) si libera dell'amare solo se stesso nella sua immagine e lascia spazio infinito ed indipendente di libertà alla sua immagine: l'uomo in balia di quest'Ombra, l'inconscio di Dio, la sua Luce infinita che, come un Buco nero non viene mai sprigionata al di fuori di se stessa. Tocca quindi all'uomo liberarsi anche di questa Immagine, di questo Falso Dio (l'Ego). Ma come uscire da quest'Ombra? Ce lo dice Jung con un dettaglio splendido quando afferma: "L'immagine di Dio getta un Ombra che è grande quanto lui" (Epilogo ediz. studio, pp. 9). Attenzione al miraggio: se Dio è in noi infinito la sua ombra sarà altrettanto infinita e in questa assolutezza non ci sarebbe altro spazio per la Luce. La strada è quella di rimpicciolire quel Dio sicchè la sua luce diminuisca l'Ombra, come lascia intravedere Jung in seguito: "... è grande e piccolo, è ampio come lo spazio del firmamento e minuscolo come la cellula di un corpo vivente. Lo spirito di questo mondo in me voleva forse riconoscere la grandezza e l'ampiezza del senso superiore, ma non la sua piccolezza". Cosa avviene allora? la lotta per non apparire nell'Ombra e nascondervisi, come spiegherò in seguito...

LA LOTTA DEL NASCONDIMENTO
Chi vive nell'Ombra vive nel nascondimento, Jung descrive la lotta che vive tra la tentazione dell'apparire, del protagonismo, della fama a cui lo spinge lo spirito del tempo e l'amarezza del vivere nell'anonimato dell'Ombra: "Lo spirito del tempo mi ha tentato ... voleva la grandezza e l'ampiezza ... ma non la piccolezza. Lo spirito del profondo vinse però questa superbia" . Isaia nella Bibbia già parlava del "Dio nascosto" (45,15), e chi vive in queste profondità non può fare patti con il protagonismo di cui è permeato il nostro mondo. Avete mai visto un tramonto firmato? avete mai visto la firma del creatore sotto una montagna? avete mai visto un saggio che richiede i suoi diritti d'autore per le massime di verità che dona? mai, sono come i raggi del sole, liberi, per tutti, l'anonimato è divino, fa parte dell'Ombra. Ecco l'amarezza di cui parla Jung: "Mi bruciò le viscere, perchè era senza gloria, privo di eroismi". Questa conoscenza del profondo Jung la definisce "Farmaco d'immortalità... la più amara delle pozioni", mi vien in mente proprio il paragone biblico con i rotoli della conoscenza: «Figlio d'uomo, mangia ciò che trovi; mangia questo rotolo ... Io aprii la bocca, ed egli mi fece mangiare quel rotolo... e in bocca mi fu dolce come del miele " (Ez 3,1-4) ma questa dolcezza è la soddisfazione del sapere (l'ego che si sente istruito, intelligente, luce) ma quella conoscenza deve scende dalla testa al cuore (nell'Ombra, incarnarsi, farsi vita, pratica e non solo teoria) e lì avviene il dolore: il profeta va dall’angelo e lo prega di dargli il libricino e l’angelo gli dice: “Prendilo e divoralo, amareggerà il tuo ventre ma nella tua bocca sarà dolce come il miele”, (Apoc. 10,9). Dunque, arbitrario non che contraddittorio, anzi direi, nocivo, chi fa della via dello spirito del profondo un protagonismo, chi si ritiene illuminato perchè vive all'ombra, perchè legge un libro rosso, perchè prega ore ed ore... sono tutti inganni dello spirito del tempo che oggi si veste di protagonismo, tutti chiamati a far gli eroi, tutti scelti per il selfie del momento, per apparire sugli schermi e, come diceva Jung: " facevo resistenza ad accettare che gli aspetti della vita quotidiana rientrassero nell'immagine della divinità". Ci vuole tanta pazienza e attesa, rimani nell'Ombra e vedrai che ciò che NON HA SENSO è il mondo con le sue faccende clamorose, mentre il NON-SENSO in cui tu vivi nell'Ombra rinchiude il secreto della divinità: la luce nascosta, contrapposta all'illuminazione artificiale di cui si veste il mondo o spirito del tempo con tutte le sue meraviglie.

Jung - Libro Rosso -Epilogo ediz. studio, pp. 9

SIAMO IMPRONTE DIVINE E MENDICANTI DELL'ASSOLUTO
Jung continua nel prologo descrivendo la sua lotta interiore, due voci lo tentano, lo tormentano, lo mettono contro se stesso l'un l'altra. La voce dello spirito del tempo gli dice che lui si è inventato tutto, la voce dello spirito del profondo invece gli dà la prova del contrario: "se non possedessi già tutto questo, come potresti riconoscerlo?" . Infatti, pensateci bene, ci sono in noi delle convinzioni a priori, senza nessun fondamento pragmatico, tipo: la perfezione, l'avete mai vista? no, tutto è imperfetto e in via di perfezionamento. La felicità? no, abbiamo solo visto o vissuto spruzzi di felicità sporadica quà e là, lo stesso vale per la divinità, l'eterno, l'assoluto e persino l'amore... sono realtà che sono in noi come impronte, le cosiddette reminiscenze platoniche, sono nella nostra essenza, non le abbiamo realizzate, alcune mai viste eppure ci crediamo che ci siano da qualche parte. Ovvio se, come dice lo Spirito del profondo a Jung: "Tu sei un'immagine del mondo infinito, in te dimora ogni ultimo segreto del nascere e del morire" è normale che di conseguenza noi abbiamo quelle potenzialità divine: se in noi esiste una consapevolezza di Dio nascosta è il riflesso che in Dio esiste un inconsapevolezza umana da scoprire, ecco perchè ha creatore: per conoscersi e nella stessa misura in cui noi ci conosciamo riusciremo poi a creare il divino in noi. L'imperfetto non può creare il perfetto, il limite l'illimitato, quindi tanto meno l'uomo ha inventato Dio o l'amore o la felicità, sono realtà che ci sovrastano, ci superano, ci incalzano sempre. Se non ci fossero bisognerebbe inventarle per sopravvivere al peso del vuoto esistenziale dello spirito del Tempo che ti rinchiude nella tua finitezza (depressione). Apritevi all'assoluto altrimenti si muore, come conclude Jung: " ... non sa quel che tiene nella mano. Ciò che porta gli incenerirebbe la mano, se lui non lo deponesse là dove il suo Signore gli ha ordinato..."
Jung - Libro Rosso -Epilogo ediz. studio, pp. 10

UN FILO APPESO AL NULLA
Jung prosegue nella sua lotta interiore contro i due spiriti, quello del Tempo e quello Profondo, ma questa volta tocca un fondo, tanto che la definisce "una brutta tentazione" (Epilogo ediz. studio, pp. 10). Fate caso: Jung non evita le vocine interiori, ma anzi le cerca, vuole entrare in contatto con loro, confrontarsi e scontrarsi, scopre proprio nella tentazione non solo i suoi limiti ma come in ogni tentazione si scoprono anche le nostre potenzialità nascoste evitate o mutilate, quindi, come vedremo, questi spiriti non solo rivelano falsità ma anche fanno sbocciare in Jung delle illuminanti verità; il suo viaggio è magnifico in quanto sa tenere a bada queste due voci, gli opposti in equilibrio. Se desse ascolto solo allo spirito del tempo diventerebbe nevrotico, mentre se si desse allo spirito del Profondo sarebbe uno psicotico, ma comprende che dall'uno può acquistare l'istinto e dall'altro l'intuito. Il nevrotico lo spinge all'esterno, all'espansione dell'ego, quindi al vivere sociale, materiale, fino a farlo scoppiare nell'apparenza del nulla, mentre lo psicotico lo trascina nell'interno, alla contrazione implosiva dell'Io quindi al vivere isolato, spiritualismo mentale, fino a farlo crepare nel totalitarismo vuoto. Sono i due infiniti di cui il grande Blais Pascal descrive nei suoi pensieri in modo mirabile: "che cos'e l'uomo nella natura? Un nulla in confronto con l'infinito, un tutto in confronto al nulla, qualcosa di mezzo tra il nulla e il tutto. Infinitamente lontano dal comprendere gli estremi, il termine delle cose e il loro principio sono per lui invincibilmente, egualmente incapace di scorgere il nulla, da cui è tratto, e l'infinito in cui è inghiottito". Or dunque di quale tentazione parla Jung così forte? 

LA RAGIONEVOLEZZA NELLA FOLLIA
Lo Spirito del Tempo spinge Jung a tacere, a considerare tutte le sue conoscenze una follia, un vanto: "Quale necessità ti obbliga a dire tutto ciò?... mi pose dinanzi alcuni volumoni che contenevano tutto il mio sapere... e disse:"Quel che dici è follia". Grandi intellettuali, saggi ed eruditi arrivano spesso a questo abisso del pensare che la conoscenza sia futile. Ricordate San Tommaso d'Aquino dopo aver scritto la somma teologica disse che quella roba era pura paglia. Infondo una verità c'era ma ovvio mischiata con il tranello falso di buttar via l'oro della conoscenza. Lo spirito del Profondo allora intervenne: "Capire una cosa è un ponte... invece spiegare una cosa è arbitrio e a volte persino assassinio. Hai contato quanti assassini ci sono tra i dotti?" (Epilogo ediz. studio, pp. 10). Infatti, vi ricordate Gesù che parlava in parabole ma non spiegava il significato dei simboli? perchè? perchè ognuno di noi deve trovare il suo senso interiore, non puoi mangiare una mela e spiegare al discepolo il suo sapore, devi solo dare al discepolo la mela e lui da solo la deve assaggiare, ecco il ponte, la spiegazione è follia (forse credete che vi sto spiegando anch'io qualcosa? vi sbagliate, vuol dire che non state mordendo la mela che vi offro). Dunque, Jung comprese che tacere era fallimentare ma pure parlare oltre il dovuto. Tutti e due gli spiriti avevano delle ragioni che però se spinte agli estremi lo avrebbero portato al falso, ala follia senza ragionevolezza, mentre la sana follia è quella che trova un senso ma non lo può SPIEGARE. 

12. LA SAGGEZZA NELLA LEGGEREZZA
Ben si sa che uno stolto non sa fingersi saggio, ma un vero saggio sa essere stolto quando necessario. La tentazione del saggio è l'auto soddisfazione di vivere nella sua grandezza, quasi snob, distaccato dal resto del mondo.... allora "Lo spirito del profondo però mi si accostò e disse: 'Ciò di cui parli esiste. La grandezza esiste, l'esaltazione esiste, esiste anche la quotidianità priva di ogni dignità, malata e sciocca; essa percorre tutte le strade, abita in tutte le case e governa la giornata dell'intera umanità" (Epilogo ediz. studio, pp. 10). Di fatto la nostra vita è monotona, il più delle volte frivola, fugace, direi persino superflua nella sua generalità, sciocca e basta. Ma ... ecco la sorpresa, continua la voce dello spirito del profondo: "Anche gli astri eterni sono quotidiani. La quotidianità è la grande padrona e una delle essenze della divinità. Si ride di lei ma esiste anche la risata", or dunque in questa quotidianità si nasconde la grandezza, quello che noi chiamiamo semplicità: la gioia di un caffè, del sorriso di un bambino, delle lenzuola pulite, di un bagno dopo il lavoro stressante, di un biscotto appena sfornato... sono piccoli monumenti alla grandezza della quotidianità, perchè la vita è immensa ma è fatta e piena di cose minuscole e solo il saggio sa coglierle senza la stoltezza di chi le vive senza il sorrido divino del quotidiano. Il problema quindi non è la monotonia (il ritmo della vita è monotono in sè: nascere crescere e morire), ma il non cogliere il divino nel monotono che rende tutto diverso, non per caso le litanie o i mantra sono dei veri strizzacervelli di monotonia ipnotica. Jung capisce allora che il divino si nasconde in ciò che non sembra affatto divino e conclude: "Devo parlare anche delle cose ridicole... Riconoscerete il senso superiore dal fatto che è insieme risata e adorazione". Ecco la differenza tra chi sente una canzone e chi la ascolta, la grandezza di chi sa vedere e non solo guardare (vedere vs guardare), la bellezza di coloro che non solo parlano ma dicono qualcosa (dire vs parlare), non solo stanno lì con te ma ci sono in pienezza (stare vs essere), colgono la belleza di un fiore, la profondità di una foto, le sfumature di un paesaggio. Non è quindi fare cose soltanto grandi ma fare anche e sopratutto le cose piccole in maniera grandiosa. Credo che i bambini sono saggi e maestri in questo modo di vivere ed essere.

SACRIFICIO E SOLITUDINE
Concludendo il prologo Jung fa cenno con un abbozzo di due pietre angolari e miliari del suo pensiero: "Quale solitudine ... m'imponi ... Pensa all'annientamento ... dell'immane sacrificio che esige il Profondo". L'essere umano per essenza è comunicativo, nasce da un rapporto (tra i genitori) ma si realizza nella sua individualizzazione, quindi nella solitudine, in greco lo si definisce con il termine κενός kenosis, vuoto, è il sacrifico su cui poggia e gira il pensiero della morte e rinascita della psiche , dell'anima e della luce della ragione (il Verbo). Ma prima d'inoltrarci in questo campo, con le visioni Junghiane, credo sia di massima importanza depurare il termine "sacrificio" da un'impalcatura cristiana che ha reso il sacrificio sterile, facendo vedere la morte del Cristo come un commercio spirituale per rimediare ad un peccato da pagare per mettersi in salvo o in pace, non in debito con l'Eterno, dunque tutt'altro senso veramente fuorviante da quello che è il sacrificio in amore.

SACRIFICIO MORTALE O VITALE?
(prima parte)
Prima di approfondire il senso del sacrificio (di cui il pensiero di Jung ne fa la pietra angolare dell'individuazione) dobbiamo riacquistare il suo significato primordiale, ormai smarrito, confuso, deteriorato da una mentalità religiosa e penitenziale, cruenta quasi direi sadica. Quando si parla di sacrificio comunemente s'intende come qualcosa di doloroso (una vittima sacrificale, un immolazione), una penitenza, rinuncia, privazione (facciamo questo sacrifico... si suol dire), di privazione (sacrifichiamo una giornata, un piacere a cui si rinuncia), infine di morte (mi sacrifico lavorando, lottando) e via dicendo. Questa immagine del sacrifico direi carnefice, quindi sacrilega, ha fatto perdere la sua essenza del sacro, perchè originalmente il sacrificio non era altro che fare una qualsiasi cosa in maniera divina, cioè sacra: composto da sacrum azione sacra e -ficium per facere fare. Dunque tutto ciò che tu fai in maniera veritiera, bella, buona, fantastica, onesta, è un azione che sfiora il divino, è un azione sacra, è un sacrificio. Come mai si è perso il senso del sacrifico originale? La causa sta nella rilettura o interpretazione rudimentale della teologia della soddisfazione di cui un certo Anselmo di Canterbury è il principale esponente, nonchè alcuni brani di san Paolo ed altre interpolazione di alcuni versetti del vangelo di cui cercherò di analizzare successivamente.

 IL SACRIFICIO COME DEBITO DA PAGARE (seconda parte)
Nell'antichità si offriva a Dio un sacrificio, un dono sacrificale, per rendersi buoni, grati, ben visti da quel Dio, quindi un modo di placare la sua ira o un modo per leccarli il sedere divino, lo si fa anche oggi con i complimenti, con le bustarelle, con i favori. Ma cerchiamo di capire la deformazione di questa prassi: Se Dio non poteva perdonare gratuitamente l'uomo se prima non veniva soddisfatta la sua giustizia divina, bisogna concludere che questo Dio non è amore, non è gratuita infinita, ma un Dio indispettito, ferito, rancoroso. Se la giustizia richiede una compensazione non si può parlare più di perdono nell'amore, la misericordia divina è levata soltanto ad un requisito di vendetta, un sacrifico che placa e paga l'offesa. Attenzione: Se la morte di Gesù fu un sacrificio a Dio per il perdono dell'umanità su questa prospettiva, allora la sua morte fu solo un prezzo da pagare, un debito preteso da Dio come compensazione dell'offesa. Se la collera divina può essere pacata soltanto se il castigo previsto dalla trasgressione viene saldato da un sacrifico, l'essenziale sarebbe la riparazione, l'Ego di Dio offeso, e non la pace nè il rapporto ristabilito tra Dio e l'umanità. Allora la riparazione prende la forma di una pena, un sacrifico masochista accettato dala vittima stessa espressa in termini di espiazione. Ecco, questa visione crudele per millennia ci ha fatto immaginare un Dio un tanto sadico la cui cupa collera toglie qualsiasi credibilità al messaggio dell'amore e della giustizia della misericordia. Il sacrificio inteso in questi termini ha minato ala base il senso e il consenso nella coscienza delle persone. La teoria che il Padre avrebbe preteso il sangue di Cristo come soddisfazione della sua giustizia lesa dai peccati degli uomini è scandalosa, inaccettabile, deformante. Va riletta e spiegata per bene quella frase del credo cristiano che dice che Cristo è morto in sacrificio per noi, altrimenti il nostro inconscio nolente o volenti finirà sempre per ribellarsi e dare le spalle alla fede. Il nostro bimbo interiore non ci sta a questi giochi sporchi, qualcuno ha barato, c'è del trucco e del marcio dentro e va scoperto.

IL SACRIFICIO CONTRO IL DIO SANGUINARIO (terza parte)
Da quanto detto in precedenza dobbiamo allora ripulire il senso del sacro nel sacrifico, appunto rendendolo un fatto sacro (sacri - fattum), è non più come una carneficina per placare l'ira di un Dio vendicativo ed adirato. Dobbiamo però innanzitutto riconoscere che una certa formazione cristiana ha autorizzato attraverso il vangelo e le lettere di san Paolo ad una rilettura negativa dell'uso della parola sacrificio, anzi con l'aggiunta di sostantivi come: riscatto, vittima, punizione, placare l'ira divina, sangue. Dobbiamo capire che il sacrificio di Gesù fu spiegato all'epoca da ebrei, i suoi apostoli, con le uniche categorie che loro aveva in mano, e cioè il rito e il colto che loro avevano vissuto nell'antico testamento, ma facendo questo il messaggio di amore di Gesù è stato eclissato, l'amore nel sacrifico non supera l'odio del Dio veterotestamentale pieno di rancore ed assetato di vendetta. Gesù diventa il nuovo Isacco che il suo padre sacrifica in modo dispotico, non è un dono d'amore ma un omicidio patologico, non è un offerta volontaria, un "fiat" di cuore, ma una costrizione più o meno psicológica ad acconsentire al volere prepotente del padre. Questo tipo di sacrificio fa comodo soltanto all'elite politica e religiosa, perchè crea un popolo di seguaci e fedeli intimoriti e disposti a lasciarsi scannare derubare e dominare facendoli sentire buoni, anche noi a livello mentale possiamo essere dei kamikaze sacrificando assurdamente le nostre idee, pensieri, convinzioni e sentimenti ad un potere assurdo, chi fa il kamikaze col corpo e si fa esplodere una bomba, chi lo fa col anima e si lascia esplodere e sfruttare dentro. La gente allora compie questi "sacrifici" per proteggersi da Dio, per tenerselo lontano, per levarselo d'addosso, come fa i sacrifici di pagare tasse per reggere il peso del dominio di un vile sovrano, ma in fondo l'odio e il risentimento verso chi ci governa (il Padre) è sempre in agguato.

TRA IL DARE E IL DARSI C'E DI MEZZO IL VERO SACRIFICIO (quarta ed ultima parte)
Col sacrificio antico la vittima sostituiva il colpevole, quindi al posto del mio peccato io offrivo un capro e la mia colpa era cancellata (la cauzione psichica). E' triste ma il sacrificio in questo modo è una resa di conti a scambio, un barattare, un mercanteggiare la grazia divina e Dio passa per essere un vile e meschino Padrone di anime avaro ed adirato. Gesù era contro questa merce spiritualista, subito nel vangelo fa capire che "non voglio sacrifici, ma misericordia" (Mt 9,13), non basta dar un qualcosa in cambio ma Darsi, cioè non una vittima al mio posto ma io devo donarmi, essere al mio posto, io devo pagare con l'amore, con il cambiamento. Anche Jung prospetta il sacrifico in questo modo: là dove la psicanalisi parla di castrazione simbolica, Jung parla di sacrifico. Tu non ti devi sostituire a nessuno, nemmeno Gesù deve prendere il tuo posto e morire per te (questa è castrazione spirituale) ma tu devi trovare te stesso per donarti, per essere sacro (sacri -fattum). Obbedienza per esempio non è il sacrificio di assecondare la volontà di un altro, ma essere coerente con se stessi e per farlo devi conoscerti, sacrificarti, morire in qualche modo all'idea che tu sei Dio nella misura in cui fai le cose sacre (sacri-fattum = sacrificio = fare le cose bene e cioè sacre). In questo modo Dio Padre non sacrifica il figlio ma si sacrifica, si dona o si rivela nel figlio, persino muore in Cristo amando e perdonando lo stesso Dio incapace di arrivare agli uomini. Sotto questa angolatura si può ben comprendere quella frase lapidaria di Jung: "Dio comprare come la nostra malattia da cui dobbiamo guarirci... perchè Egli è anche la nostra ferita più grave" (Liber Novus, cit., p. 338). Gli orientali dicevano: se trovi il Buddha uccidilo, ecco lo stesso vale per il sacrificio iniziale del Dio che ci abita, sacrificarlo vuol dire farlo nascere umano: il mistero dell'incarnazione del Cristo. 

 SE NON HAI IMMAGINAZIONE, PROVA AD IMMAGINARTELA.
Jung fa una premessa: "Il mio linguaggio è imperfetto. Parlo per immagini non perchè io voglia essere brillante nella scelta delle parole, ma per l'incapacità di trovare quelle parole. Non posso infatti esprimere in altro modo le parole che emergono dal profondo" (Epilogo ediz. studio, pp. 11). Albert Einstein diceva che "è più importante l'immaginazione che la conoscenza", era una questione sia di logica che di tridimensionalità mentale, vale a dire, di logica perchè, come diceva lo stesso Einstein: con la logica tu vai da un punto A ad un punto B (è la norma, le regole, gli schemi, i modelli che ci hanno insegnato e plasmato) invece con l'immaginazione vai da un punto A ad un punto qualsiasi, ovunque ti pare (è uscire dai luoghi comuni, dal sentito dire, andare oltre, nel non ovvio). Già gli antichi mistici parlano di questa dimensione oltre, chi la chiama profondo, chi la definisce soprannaturale, chi la intende come un mondo aldilà, comunque sia è il regno dell'anima. Anche nella Bibbia si dice che noi vediamo le cose visibili come in uno specchio, immagini, quando la realtà divina è oltre (1Cor 13,12). Quando Gesù diceva "se non diventate come i bambini non entrerete nel regno dei cieli" faceva proprio riferimento a questa dimensione, perchè i bambini sanno comprendere l'immaginazione, loro intendono le fiabe allo stato puro, colgono i simboli e gli archetipi senza interferenza della ragione discorsiva, loro attingo col cuore a queso pozzo profondo di cui Jung ci fa cenno d'ora in poi, un linguaggio da imparare, altrimenti le sue visioni ci sembreranno "roba da bambini o da pazzi", invece sono le intuizioni più chiare e profonde di ciò che ha da venire.

 COME S'IMMAGINA LA REALTÀ LA STESSA IMMAGINAZIONE?
Esiste una tappa nel bambino in cui egli confonde la fantasia con la realtà, per lui tutto è possibile, che un palo di scopa sia un cavallo non è per lui un mistero, lui lo vive in realtà come se fosse così vero che gode le cavalcate su quel palo con tutta la sua gioia. Per questo è pericoloso per un bimbo ad esempio i giochi virtuali violenti, assorbe la violenza come realtà e virtualizza la morte e il dolore senza una connessione con la realtà. Il Libro Rosso di Jung è un viaggio nell'immaginario per rintracciare la realtà. Da una parte costatiamo che la nostra realtà è diventata così assurda da non sembrarci più reale, mentre la verità che sogniamo per quanto immaginaria ci sembra più reale. In questa frontiera tra l'immaginario e la realtà si valica la salute psichica di ogni individuo. Gli individui cosiddetti sani e persino quelli nevrotici riescono a tenersi sulla linea di confine, attratti da questi miraggi, tengono la distanza di sicurezza e non oltrepassano l'immagine verso il miraggio, ma ne godono del paesaggio. Lo psicotico invece ne è attratto fino alla con-fusione, oltrepassa la frontiera della realtà e diventa straniero o estraneo in un mondo non suo, si perde nei confini smisurati dove non si sa più distinguere il fuori o il dentro, il vicino o il lontano, il buono dal cattivo, il vero dal falso, la realtà dalla fantasia. Se Jung ci invita a far questo viaggio dell'immaginazione verso il divino, bisogna chiedersi: siamo noi l'immagine di Dio o è Lui un immaginazione nostra? Siamo fatti noi a sua immagine e somiglianza o abbiamo fatto noi l'immagine di Dio a nostro uso bisogno e consumo?. In tutto il Libro Rosso Jung mette a repentaglio le due forme di cogliere il divino con la mente: l'immaginazione che attinge all'istinto del cuore e all'intuito della mente oppure di fronte alla logica razionale ed analitica.

SIAMO UNICI
Si parte dal presupposto che abbiamo la stessa natura umana, ma ognuno ha modellato questa essenza in maniera diversa, ognuno ha subito anche influenze condizionamenti educazioni variegate, dunque siamo anche debitori da mille pensieri altrui, da molteplici eredità su tutti i campi. E poi alla fin fine si arriva al punto in cui ti devi spogliare di tutto, sverniciarti dalla tua cultura, dalle tue abitudini, dalle tue opinioni ed osservati dal di fuori, rinunciare alle tue convinzioni, come in terza persona, per scoprire chi sei veramente. Pensa che persino il nome che ti hanno dato non sei tu, è dei tuoi genitori, che le concezioni che hai te le hanno date a scuola e la fede che hai te l'hanno imposta in chiesa o in casa. Spogliati di tutto per iniziare, la via verso il tutto parte dal nulla. Jung lo raccomanda prima di iniziare le sue visione: "Cercate la via? vi metto in guardia dall'imboccare la mia strada. Per voi può essere quella sbagliata. Ciascuno pecorra la sua via... Voi cercate la via attraverso le apparenze, leggete libri e ascoltate opinioni: a che può giovare tutto questo? .... Se voi vivete seguendo un modello, allora vivrete la vita del modello, ma chi dovrebbe vivere la vostra vita se non voi stessi?..." (Epilogo ediz. studio, pp. 13). Maestri, guru, direttori spirituali, guide, animatori, genitori... insomma sono tutte persone che ci indicano soltanto dei segnali che si trovano sulla strada, ma non ci dicono qual è la nostra strada, ci fanno vedere le ali ma non possono volare al posto nostro, non ci possono neppure dire come fare la strada, tocca ad ognuno di noi scoprirla. Se imitate Gesù non diventerete nessuno, non dovete seguire nessuno come modello (infatti Gesù insisteva: non mi chiamate padre o maestro... ed ancor di più: se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, o: È là, non ci credete - Mt 24,23). Chi segue un modello diventa un personaggio ma non acquista mai una personalità, copia un atteggiamento esteriore ma non avrà mai un comportamento interiore. Per essere se stessi si inizia da una morte interiore, una rinascita interiore da zero.

NEL MEZZO DEL CAMMIN DELLA MIA VITA
Il Libro Rosso di Jung nasce nel periodo Nero, quello della crisi della mezza età, come fa riferimento lui al Dante " è il primo apparire del lato dell'ombra della vita, della discesa alla morte (Modern Psychology p.223). Jung aveva 40 anni ed aveva raggiunto tutto quello che aveva desiderato: "... fama, potere, ricchezza, sapere ed ogni felicità. Cessò dunque in me il desiderio di accrescere ancora quei beni, mi venne a mancare il desiderio e fui colmo d'orrore". In altre parole, come disse Dante, si trovò per un selva oscura ché la diritta via era smarrita (ediz. studio, pp. 15). Quando si vive del mondo prima o poi lo spirito ci sprofonda e chiede la sua parte. Jung fa una descrizione stupenda di come lui, psicologo, pur dedicandosi allo studio dell'anima si era reso conto di aver perso la SUA ANIMA. Quanti letterati diventano interiormente degli ignoranti? quanti uomini che predicano la povertà si arricchiscono? quanti fanno del Cristo una professione e mai assomigliano al Cristo? Persone che predicano l'illuminazione, ma dimostrano buio nel loro operare. Quanti psicologi sono degli equilibrati?. Quante coppie da una vita insieme e non vi è amore tra loro?. Quanti riempiono la vita di cose ed alla fine non sanno cosa farsene con quelle cose? Hanno tutto e manca loro il Senso del Tutto. Jung concluse: "Ho dovuto capire che ciò che prima consideravo la mia anima, non era affatto la mia anima, bensì un'inerte costruzione dottrinale" (ediz. studio, pp. 16).

 FAMA ESTERIORE CONTRO FAME INTERIORE
Non vi sentite ogni tanto colti da un senso di noia, pesantezza interiore, diciamo una leggera tristezza, ma senza una ragione chiara? Ebbene è l'anima che vi urla, chiede aiuto, implora spazio ed attenzione. Jung lo descrive con una frase lapidaria: " Giunge al luogo dell'anima chi distoglie il proprio desiderio dalle cose esteriori. Se non la trova l'anima, viene sopraffatto dall'orrore del vuoto" ( ediz. studio, pp. 17 Libro Rosso). Il desiderio materiale è una spinta esterna, va equilibrata con l'attenzione amorosa che è una dedizione interiore, chi vive soltanto quella esterna, come prosegue Jung, "l'angoscia lo spronerà ad una ricerca disperata e ad una cieca brama delle cose vacue di questo mondo. Diverrà folle per la sua insaziabile cupidigia e si allontanerà dalla sua anima". Questa è la tipica situazione di molte persone che hanno tutto ma non sono soddisfate, viaggiano ovunque ma non si trovano bene in nessuna parte, circondati di amicizie ma si sentono terribilmente soli o, come sempre ribadisce Jung in modo magistrale " Se lui fosse padrone del suo desiderio e non fosse invece il suo desiderio a impadronirsi di lui" ... dunque persone che non hanno un lavoro ma è il lavoro ad avere loro, tutto il loro tempo e la loro vita; non hanno un ideale ben preciso e chiaro, ma è uno sciame di idee a possederli senza sosta e senza senso. Vivono all'esterno, è ovvio che di conseguenza si sentono vuoti dentro. Gesù lo diceva in maniera concisa ma paralizzante: "a che ti serve possedere tutto il mondo se hai perso la tua anima?" (Mc 8,36). Viviamo in un mondo che cerca la fama esteriore ma trascura la fame interiore, invece "La fame trasforma l'anima in una belva che divora cose che non tollera e da cui resta avvelenata. Amici miei, saggio è nutrirsi l'anima, per non allevarvi draghi e diavoli in cuore" (ediz. studio, pp. 18 Libro Rosso). Ci vuole equilibrio ed ordine, prima il dentro, l'interiore dove sta la pace e la luce, poi il fuori e l'esteriore dove troverai soddisfazione e senso perchè hai già pace e luce, altrimenti se inizi dal di fuori ti svuoti e nulla avrà più senso e non troverai mai pace in niente.

SENZA ANIMA NON ESISTE LA BELLEZZA
Jung continua la sua descrizione, persino poetica, del ritrovamento della sua anima: "Ti ho trovata là dove meno ti aspettavo. Là tu affiori per me da un pozzo oscuro ... ho vagato per molti anni, tanto a lungo da dimenticare che possiedo un anima ... " (Libro Rosso ediz. studio, pp. 18 , 47-49) Jung spiega in maniera logica che se non hai vissuto la tua anima non puoi vedere l'anima altrove, l'anima delle persone che ti circondano, l'anima delle cose che guardi, dei passaggi che ti circondano, di un fiori che ti profuma; l'anima è come una chiave, un linguaggio, uno sguardo, una visione, se non ce l'hai non lo puoi riconoscere aldifuori di te. E' la bellezza negli occhi di chi sa vedere la bellezza in ogni cosa, è come l'amore e la verità, si riconosce quando lo trova, si rispecchia perchè sa come è fatto, come si sente dentro quando vibra anche fuori, come in terra così in cielo. Jung conclude: "Essa si trovava certo nelle cose e negli uomini, tuttavia colui che è cieco coglie le cose e gli uomini, ma non la sua anima nelle cose e negli uomini. Nulla sa della sua anima" (Libro Rosso, il ritrovamento dell'anima Cap I, 41).

 TRA IL SAGGIO E IL SAPIENTONE C'E DI MEZZO LA VITA
Jung una volta raggiunto l'iceberg della sua anima comprende benissimo che "l'erudizione da sola non è sufficiente, esiste un sapere del cuore, capace di offrire spiegazioni più profonde" (Ed. Studio pag. 21 Libro Rosso), un sapere che sta sotto, sommerso, il pezzo immerso dell'iceberg. Molti credono di essere intelligenti perchè sono ben informati, perchè scolasticamente son brillanti, perchè sanno a memoria un libro sul nuoto ma in acqua non ci si sono mai buttati, non sanno nuotare, umanamente sono ignoranti, si perdono nella disperazione al più piccolo inconveniente dell'anima, hanno sì un intelligenza ma non illuminata. Finchè la conoscenza rimane in TESTA è teoria, deve scendere nel cuore, cioè nella PRATICA, si deve come il Cristo incarnare, farsi vita. Jung afferma che non basta perciò la psicologia per conoscere l'anima e conclude in modo magistrale: "metti nel cassetto la scienza esatta, spogliati della toga del dotto, dire addio allo scrittoio e, armato di tutta l'umanità, vagabondare per il mondo, attraverso gli orrori delle prigioni, dei manicomi e degli ospedali; attraverso le tetre bettole di periferia, i bordelli e gli inferni del gioco; attraverso i salotti della società elegante, la borsa, i raduni socialisti, le chiese, i revival e i riti estetici delle sette: esperimenterete così sulla propria pelle l'amore e l'odio, la passione in tutte le sue forme" (Vie nuove della psicologia, OJ 7, pag. 240).

SIATE CRISTI NON CRISTIANI
Jung apparentemente cade in contraddizione perchè inizialmente ci esorta a non seguire nessuno, disse che neppure lo stesso Jung dovremmo prendere come modello, ma essere se stessi. Ma poco dopo ci indica che la via da seguire è proprio questa: "Se non l'avete ancora imparato dagli antichi libri sacri, andate, bevete il sangue e mangiate il corpo di colui che è stato deriso e martoriato a causa dei nostri peccati, così ne assumerete in pieno la natura" (Libro Rosso, Liber Primus, Anima e Dio, 63-64). Dunque parla esplicitamente di Gesù Cristo e del simbolo della trasformazione di Lui nella messa. Perchè? Perchè il sacrifico del Cristo non è altro che la trasformazione del sè, è diventare se stessi, divini, Jung ha detto di prendere in quel modo LA NATURA (generica) non ha detto la SUA natura (particolare). Gesù non era un modello da copiare e fotocopiare, ma Lui ha indicato la via che tutti devono seguire, quella che deve venire: diventare Essere Umani, realizzati in se stessi. Non è quindi imitare Gesù, ma come lui seguire se stessi e in quel modo anche noi seguendo il proprio sè interiore, scopriremo la nostra anima o identità. Il passaggio è sottile, fuorviante, religione e politica si sono avvalsi di questo miraggio per fuorviare milioni di fedeli ignari e far del Cristo un idolo, svuotandolo così della sua NATURA ed identità (ragione per cui gli fanno dire e fare cose che il Cristo non avrebbe mai detto nè pensato, portabandiera di varie ideologie persino anticristiane). Jung precisa: "Dovete essere lui stesso, non CRISTIANI, ma CRISTI, altrimenti non siete pronti per il Dio che verrà" (Libro Rosso Ed. Studio Pag. 24). Nella Minuta del Liber novus a pagina 27, Jung aggiunse: "Non fatevi fuorviare dalla dottrina del cristianesimo! Il suo insegnamento fa bene agli spiriti più maturi del tempo antico. Oggi è diventato adatto agli spiriti immaturi. Per noi il cristianesimo non offre più un messaggio di grazia, eppure essa ci è necessaria". Non dobbiamo quindi meravigliarci se oggi siamo in presenza persino di un cristianesimo ateo: credono in Dio ma vivono come se Dio non esistesse.

 PIÙ GRANDE SARA' LA TUA OMBRA E PIÙ VICINO SARAI ALLA LUCE.
Giunti qui, oltre il prologo del Libro Rosso, possiamo affermare che questo libro sia una Perla Nera e così come la Perla non è altro che una malattia elaborata e superata dell'ostrica, anche il Libro Rosso rappresenta la vittoria di Jung sulla sua malattia interiore. Jung dà ascolto alle voci che sente, sappiamo che è un visionario, le voci con cui si incontra e si scontra sono schizoide (spirito del mondo e spirito del profondo), è la lotta che Jung compie cercando di integrare il male nella natura in maniera buona, positiva, come l'elettrone sta al protone nell'atomo. Jung (come si racconta nella sua "vita e opere" di Barbara Hannah) era in preda al terrore di poter impazzire, pensava che le sue visioni e le voci che lo assillano erano la conferma di una psicosi. L'incontro con Lucifero, chiamato Rosso da Jung, lo porta invece a vivere una pace (contraria a quello che di norma dovrebbe essere l'inferno), prodotto dalla conciliazione con gli opposti e del luogo finalmente di patria che il male trova nella sua natura, donde il sorgere anche del Divino (in un epoca dove Dio era morte, predicata da Nietzsche). Jung esce dalle righe, da scienziato viaggia sui pensieri esoterici dell'alchimia e della filosofia antica che sfiora nello sciamanesimo, nei movimenti laici degli eremiti ed introducendoci in quell'armonia del dualismo Yin-Yang non ancora divulgata in Occidente. Da questa sua pazzia nasce la Psicologia Analitica, l'ascolto del focolare più antico che ci sia. Se gli estremi non posso che sfociare nel suo contrario, il nichilismo in cui nasce il Libro Rosso (del diavolo) non è altro che la visione speculare del Tutto che deve venire.

Aprite la porta dell'anima affinché nel vostro ordine e nel vostro senso possano affluire le oscure correnti del caos..... Avete timore di aprire quella porta? Anch'io avevo paura, giacché avevamo dimenticato che Dio è terribile. Cristo ha insegnato: Dio è Amore. Ma dovete sapere che l'amore è anche terribile.
- Jung Libro Rosso (Cap III al Servizio dell'anima)

LA PROSTITUZIONE DEL PENSIERO
Nel cap V del libro Rosso Jung descrive un Viaggio Infernale nel Futuro. La lotta tra il sentire e il pensare è terribile, tra il volere e il ragionare, è la scissione interiore dell'essere umano tra il dire e il fare, tra l'essere e l'apparire, tra la teoria e la pratica, come lo dice spesso Jung tra lo Spirito del Tempo e quello del Profondo: "La mia mente è un tormento, distrugge il mio sguardo interiore, vorrebbe sezionare e disfare ogni cosa. Sono ancora vittima del mio pensiero. Quando potrò quietare i miei pensieri per farli strisciare ai miei piedi, questi cani riottosi?" (Ed. studio Libro Rosso pag. 36). Poco prima Jung faceva una nota nei Libri Neri (LN2 pagina 41) dicendo mirabilmente: "Ho imparato che si deve dare il proprio cuore alla creatura umana, ma l'intelletto allo spirito dell'umanità, a Dio. Allora la nostra opera potrà superare la vanità, perchè non v'è puttana più ipocrita dell'intelletto, quando si mette al posto del cuore".

ELIA, SALOME E IL SERPENTE
Jung dà un'interpretazione soggettiva ad una delle sue visioni dove i personaggi sono 3: il prepensiero che è veggente, saggio quindi la figura di Elia il profeta; il piacere che è cieco, seduttore, quindi la figura di Salomè e in fine il serpente "estraneo agli altri due principi, sebbene sia collegato ad entrambi..... la via della vita si snoda sinuosa come un serpente da destra a sinistra e da sinistra a destra, dal pensare al piacere e dal piacere al pensare.... non si può vivere soltanto con il pensiero, nè soltanto con il piacere. Hai bisogno di entrambi... " (Ed. studio Libro Rosso Capitolo IX INCONTRO. pag. 67-68). Jung ci dà una chiara visione dei due lati duali su cui l'esser umano viaggia: la testa e il cuore, intendere e volere, pensare e desidera, teoria e pratica, ecc... mentre il serpente è quella forza che unisce o divide queste due dimensioni: "perchè il serpente guida verso le ombre, ha la funzione di Anima; conduce nel profondo, collega il Sopra e il Sotto... perciò il serpente è anche simbolo di saggezza" (Psicologia analitica pag. 156). Salomè fu quella danzatrice seducente che fece tagliare per volere e capriccio la testa Giovanni il Battista, donde Jung paragonandola al desiderio avverte: "Un pensatore ha da temere Salomè, perchè lei reclama la sua testa, specialmente se lui è un santo. Un pensatore non deve esser un santo, altrimenti perderà la testa. Non giova nascondersi nel pensiero. Verrai colto da rigidità (Ed. studio pag. 69). In questa visione Jung ci mostra come sia inevitable la riconciliazione spirituale con la propria carne, con il proprio corpo, con i desideri, con quello che inizialmente crediamo sia nemico dell'anima e cioè il corpo nella sua vitalità emotiva: Salomè. Ma la lotta sta nel far sì che Salomè s'innamori dell'assoluto, quindi di Dio, vista la sua natura volubile ed effimera, vana e passeggera: "Non sei solo tu che santifichi l'oggetto, ma è anche l'oggetto a santificare te. Salomè amava il profeta e questo la rese santa. Il profeta amava Dio e questo lo santificò. Salomè però non amava Dio e questo la privò della santità" (Ed. studio pag 70) e questo vale per coloro che si credono santi saggi e perfetti ma soltanto ai loro occhi (innamorati di se stessi, preda di Salomè)... e Jung conclude: " Perciò essi furono l'uno per l'altra veleno e morte".

LA LOTTA PER L'EQUILIBRIO.
In una delle sue visioni, Jung incarna la figura del Cristo, si sente in croce, braccia distese e in ognuna deve reggere il peso del Yin Yang, del bene e del male, incarnati in un serpente bianco e uno nero; disse: "Prima che m'innalzi all'amore dev'essere adempiuta... la lotta tra i serpenti. A sinistra è giorno , a destra è notte. Chiaro è il regno dell'amore, oscuro è il regno del pensiero... Pensare significa stare soli, amare è invece stare insieme. Hanno bisogno l'un dell'altro eppure si uccidono a vicenda (Ed. Studio LA SOLUZIONE pag 86-87). Sembra come se Jung non vedesse l'odio come l'opposto dell'amore bensì l'Ego che col pensiero su di sè ci porta alla solitudine e infine all'odio come frutto. Jung prosegue: "Se vai dal pensiero porta il cuore con te. Se vai dall'amore, porta la testa con te. Vuoto è l'amore senza il pensiero, vuoto il pensiero senza l'amore ( Il Libro Rosso pag. 88). Come il Cristo in croce regge il peso della colpa umana, Jung vede in quella crocifissione il potere di reggere in ambedue le mani distese il potere degli opposti e concluse: "Ho visto un NUOVO DIO, un fanciullo che tiene in pugno i demoni. Il Dio tiene in suo potere i principi separati,li unisce. Il Dio viene generato dall'unione dei principi in me. Egli è la loro unione" (Pag 91-92). Appunto quando si giunge al centro gli opposti restano in equilibrio, si arriva all'Uno, bene e male sono solo 2 facce di un Unica Moneta.

IL DIAVOLO TI DICE SEMPRE LA VERITÀ INTANTO E' SICURO CHE NESSUNO GLI CREDE, LUI NON MENTE ALTRIMENTI POTRESTI INSOSPETTIRTI !!!
La riflessione Junghiana sul e con il Diavolo è divina: " A nulla serve dire, nello spirito di questo tempo: il Diavolo non esiste.... Vedendo che il diavolo è gioia, sicuramente avrei voluto fare un patto con lui. Ma non si può fare nessun patto con la gioia, perché scompare immediatamente. Di conseguenza non è possibile catturare nemmeno il diavolo. Sì, appartiene alla sua essenza che non può essere catturato. È stupido, se si lascia catturare, e non si guadagna nulla nell'avere un altro stupido diavolo"... Jung capisce che il Diavolo è quella dimensione essenziale per il confronto, è l'alterità insita nella natura: "il Diavolo è l'altro tuo punto di vista... Se non cercassi di comunicare con lui sarebbe una fuga... Prendersi cura del Diavolo non significa passare dalla sua parte, altrimenti si cadrebbe in suo potere. Vuol dire invece comunicare con lui, così perde un po di terreno e tu pure. E questo potrebbe essere un bene". Quando le persone cercano la dimensione divina cioè il contrario alla nostra dimensione umana, pensano di incontrare Dio, invece non possono che trovare inizialmente il Diavolo, perchè, come spiega mirabilmente Jung, se lui è l'altro punto di vista e "sebbene la religione risulti molto ostica al Diavolo, è dimostrabile che si può comunicare con lui proprio mediante la religione... col Diavolo diventa inevitabile parlare di religione". (Ed Studio pag. 106-107) e pensare che quella gioia iniziale le persone spirituali la ritengono una gioia!

FIABA SCIENTIFICA O SCIENZA FIABESCA
Nel racconto che Jung fa del castello nel bosco (Cap II, Libro Rosso) mette in contrasto la scienza e la fiaba; la scienza è raffigurata nell'uomo colto ed anziano "che da tempo è schiacciato dalla mole del proprio sapere fino a sentirsi un nulla", mentre la fiaba è rappresentata in quella figlia bella che questo vecchio tiene segregata e nascosta, come un fantasma quindi, non credibile per il mondo, anzi morta per il mondo. Infatti lo stesso Jung quando pensa che questo racconto sia un "clichè trito e ritrito" si meraviglia di avere "un anima così romanzesca... ci mancherebbe solo questo! Sarebbe atrocemente ridicolo". Ma poi è sconcertante per Jung in fatto che quella bambina gli presta attenzione, lo ispira, le dà uno scopo vitale, cosa che il vecchio erudito non fece allorchè lui precisa: "Sei acuta, e si direbbe che non hai ereditato la sapienza di tuo Padre. Allora dimmi, che cosa pensi delle verità divine?.... (e lei rispose:) Queste verità, quanto più sono fuori dal comune, tante meno umane devono essere... solo quello che è umano e che tu chiami banale e trito, racchiude la saggezza che tu vai cercando". La saggezza dunque di cui parlano le fiabe è una sapere vissuto, non è razionale, non è scientifico, come la fede, non un sapere ma ancor di più un sentire. Di fatto Jung considerò in seguito le fiabe ed i miti come rappresentazioni di immagini primordiali ed li vide come espressioni di archetipi. La fiaba ha un SENSO non un significato per questo la ragione e la scienza non trovano significato nelle fiabe e tanto meno nella fede o la spiritualità, perchè la ragione cerca significati mentre il cuore non cerca ma trova subito ciò che è sensato. Il senso è immediato, intuitivo, istintivo, il significato no, questo ha bisogno di elaborazione mentale. Jung concluse, nella minuta, con questa nota: "tornai indietro al mio medievo, dove ero ancora romantico, e lì vissi l'avventura" (pag 190). Non ci meravigliamo quindi se un bambino prende un palo di scopa e lo cavalca come se fosse sopra un drago, per lui ha un Senso noi invece eruditi non vediamo in quell'azione alcun significato.

 SEI COMPLETO IN TE STESSO
Si parla tanto dell'anima gemella, quando in realtà noi siamo completi già dalla nascita, l'altro non fa altro che indicarci la parte mancante che abbiamo in noi, ma non la troverai mai nell'altro. L'anima gemella è quella mia stessa parte mancante che devo scoprire. Jung nella sua classica distinzione tra Anima ed Animus si rifa al principio dello yin e dello yang della filosofia cinese, dove yin e yang sono due energie opposte e necessarie che si completano a vicenda, chiama Anima l’energia femminile presente nella psiche dell’uomo e Animus l’energia maschile presente nella psiche della donna. Anima significa: unione, protezione, affettività, cura, accoglienza, 'cuore'; Animus: riflessività, controllo, analisi, ponderazione, razionalità, calcolo, decisione, programmazione, distinzione.
Nel Libro Rosso (libro 2 il castello nel bosco. Ed. Studio pag 114) disse in modo mirabile: "... Sai tu quanta femminilità manchi all’uomo per essere completo? E sai quanta mascolinità manchi alla donna perché sia completa? Voi cercate il femminile nella donna e il maschile nell’uomo. E così esistono sempre e soltanto uomini e donne. Ma dove stanno gli esseri umani? Tu, uomo, non cercare il femminile nella donna, ma cercalo e riconoscilo in te, poiché tu lo possiedi sin dal principio... Tu donna non cercare il maschile nell'uomo, ma prenditi piuttosto cura del lato maschile presente in te, poichè tu lo possiedi sin dal principio... L'uomo ti disprezza poichè disprezza il suo lato femminile ... L'essere umano è però sia maschile che femminile, non è soltanto uomo o soltanto donna. Della tua anima non puoi dire di quale sesso sia". Nelle sue opere 6 (pp 420-21) Jung precisa sull'uomo: "quanto più virile è il suo atteggiamento esterno, tanto più sono cancellati in esso i tratti femminili che compaiono perciò nell'inconscio". Da ciò deduciamo che, più una persona è completa in se stessa è più sa rapportarsi all'altro, più sa comprenderla ed apprezzarla. Non stiamo insieme ad un altro per riempire un vuoto ma per ricolmarci della pienezza che già possediamo. Non sono con te per essere completo ma perchè donanti la mia completezza il mio amore trova in te la piena realizzazione del suo dono.

PER MISURARE LA TUA ALTEZZA DEVI PARTIRE DAL BASSO DALLE TUE OMBRE.
Sant'Agostino diceva: "Sale più in alto di tutti proprio chi è partito dal più in basso di tutti". Jung segue questo pensiero in una visione dove un pezzente lo invita a scende nella sua miseria, perchè "senza la profondità non ho però l'altezza". Infatti chi guarda soltanto i successi, le lodi, le vittorie, le mete in alto, finisce per montarsi la testa e da là su in alto non vede nemmeno la ragione: "Un individuo che non riesca più a discendere dalle sue altezze è malato" prosegue Jung, "è un tormento per sè e per gli altri". Chi parte dal basso resta umile, ricorda l'origine, sa di essere uno non affidabile, conosce i suoi limiti e per questo sale più degli altri, non perchè li superi anzi ma proprio perchè non superando nessuno resta umile, non altezzoso, non orgoglioso. "La cima è il tuo monte personale, che appartiene a te e a te soltanto" disse Jung precisando che l'altezza dell'anima è in profondità. L'anima che resta lì, nel basso aquista uno sguardo di altezza ma non si distingue, passa inosservata, dove Jung conclude: " "Arrivato al punto più basso, non ti distingui più in nulla dai tuoi fratelli umani" (Ed. Studio pag.123-124 Libro Rosso), ma con questa consapevolezza nasce il flusso della vita, il divenire, non hai più ostacoli perchè sei tu quello che mettendoti in alto per primo rischi sempre di ostacolarti la visione suprema del basso dove sorge la vita.

SENZA LA MORTE, MORIREI
"Vita e morte devono bilanciarsi nella sua esistenza ... L'arte del vivere è vivere ciò che è giusto e lasciar morire ciò che è ingiusto.... ciò che accade nell'ora segreta del mezzogiorno della vita, è l'inversione della parabola, è la nascita della morte... Non voler vivere e non voler morire, sono la stessa cosa... (Anima e morte - Jung) ... Gli uomini odierni hanno bisogno di un'ampia porzione di morte, perchè in loro vivono troppe cose ingiuste, e troppe cose giuste muoiono in loro. Giusto è ciò che mantiene l'equilibrio, sbagliato ciò che lo turba. Ma una volta che l'equilibrio sia raggiunto, allora è sbagliato ciò che mantiene l'equilibrio, è giusto ciò che lo turba. Equilibrio è vita e morte allo stesso tempo. Per la completezza della vita ci vuole un equilibrio con la morte. Se accetto la morte il mio albero rinverdisce, perchè il morire esalta la vita.... Quanto la nostra vita ha bisogno della morte!"
- Jung Libro Rosso, La Morte Cap VI

 VADE RETRO SATANAS
Nel Capitolo VII del Libro Rosso (I resti di antichi Templi) Jung in una delle sue tante visioni, ci offre un dialogo maestoso con due delle sue dimensioni interiori: Ammonio, l'eremita, il santo, quella nostra potenzialità che cerca la verità insieme al Cavaliere Rosso, il diavolo, quella dimensione che ci mette sempre allo sbaraglio, che ci scopre i panni sporchi in pubblico, che ci dice le verità scomode che non vogliamo sentire e quindi nemmeno credere, ma non per questo sono sempre delle bugie... ecco perchè "malgrado la tua ipocrita serietà, mi avevi dato la preoccupante impressione che non avevi principi morali. Quella tua maledetta posa da cristiano...." E così l'eremita riempie la sua solitudine di persone e diventa capo di una comunità, un falso adoratore della povertà che diventa ricca ideologia, un falso intellettuale che confonde la verità con la dialettica e il bel parlare come un politico o un falso adulatore. Dio soltanto una scusante per credersi fedeli e buoni.
Fu allora che il Cavaliere Rosso cerca di ammonire l'eremita e disse: "Taci, vecchio pazzo, se non ci fosse stato io, saresti diventato un vero maiale. Quando mi hai visto hai finalmente ripreso il controllo di te stesso, hai maledetto il bere e le donne e fatto ritorno in convento".
Sono due dimensioni schizoide dentro di noi che neppure si accettano, ragione per cui Jung chiese loro: "Ma perchè andate in giro insieme per il paese, se non siete amici e contenti?
L'eremita rispose: "Che cosa si deve fare? ci vuole anche il Diavolo, altrimenti non si ha nulla per incutere rispetto alla gente"... mentre il Diavolo aggiunse: "E per me è necessario scendere a patti col clero, altrimenti perdo la mia clientela".
Jung: "Dunque sono le necessità della vita ad avervi messo insieme! Allora fate pace e cercate di andare d'accordo"
Loro risposero all'unisono: "Non ci riusciremo mai".... "Oh, lo vedo, è colpa del sistema. Preferiresti piuttosto scomparire" concluse Jung con un tocco di ironia... colpa del sistema? ma quale? sono loro il sistema (politica e religione, scienza e false spiritualità), la fame e la necessità.
Dal "Vade retro satana" (vai via Satana) si passa al "Vide retro admirator" (guardami il sedere ammiratore).

LOTTA TRA LO SPIRITO E LA NATURA
Jung descrive in maniera lacerante la dicotomia che viviamo tra il sentirci umani fatti di terra e spirituali fatti di aria, come se la parte spirituale non facesse parte della natura. Siamo spiriti che vivono un'esperienza materiale o siamo materia che vive una esperienza spirituale?.  Jung vive la lotta tra il diavolo e l'eremita, due dimensioni interiori umane: "in apparenza mi sfuggivano, ma in segreto facevano l'uno il gioco dell'altro.... e mentre lottavo con Dio, il Diavolo fu pronto ad accogliermi ...  non vivevo, ma ero trascinato, schiavo dei miei ideali... Ma i miei ideali possono essere anche come i miei cani  , che non mi disturbano quando abbaiano"  ma, io chiederei a Jung: chiedi ai vicini cosa ne pensano? Gli altri diciamo spesso, ma chi se ne frega!... invece la società ci costringe spesso ad assumere degli ideali, die colori come al Camaleonte ed ecco che Jung prosegue: "La mia pelle da camaleonte rabbrividisce. Loro mi fanno pressione e vogliono attribuirmi un colore. Ma questo non deve più succedere. Nè il bene nè il male saranno più i miei padroni... Vivere da uomo pare impresa quasi impossibile. Puoi vivere finchè non sei consapevole di te stesso; ma quando acquisti consapevolezza, passi da una tomba all'altra. Tutte le tue rinascite potrebbero alla fine guastarti". (Resti di Antichi Templi Cap VII  91s)


LA LUMINOSITÀ DELLE OMBRE
"Ciò che respingo lo accolgo in me pur senza accorgermene.
Ciò che accetto finisce nella parte della mia anima a me nota;
ciò che rifiuto va nella parte della mia anima che non conosco.
Quello che accetto lo faccio lo stesso,
quello che rifiuto viene fatto a me...
 L’opposizione esterna è un’immagine della mia opposizione interiore. 
Dopo che l’ho capito, taccio e penso alla voragine dei conflitti presenti nella mia anima.”
"
Libro Rosso Primo Giorno, Cap VIII , Pag 167 Ed. Studio)


C'E UN UNICO MODO DI SEGUIRE IL CRISTO.... 
ALLONTANARSI DA LUI SENZA PERDERLO DI VISTA.
Ogni essere umano è unico, siamo chiamati per fare la nostra vita, quindi non dobbiamo imitare nessuno altrimenti non saremo mai se stessi. Jung intuisce bene, quando Cristo ci chiede di essere perfetto come lui non ci chiede di imitarlo, ma di fare come ha fatto lui e cioè non imitò nessuno, ma fu soltanto se stesso. "Se seguo Cristo, lui è sempre più avanti di me e io non posso mai raggiungere la meta tranne che in lui: Ma così facendo esco fuori da me stesso. Se voglio comprendere veramente Cristo, devo capire che Cristo ha vissuto veramente solo la sua propria vita e non ha imitato nessuno. Non ha copiato alcun modello" Infatti spesso partiamo svantaggiati se ci mettiamo come modello un santo o un Dio, siamo ormai falliti, davanti a loro siamo dei perdenti in partenza. Come puoi costruire una famiglia sacra avendo come modello Maria che è santa e vergine (niente sesso) Giuseppe che è casto (assente) e il Bambino Gesù che è un Dio miracoloso? Non creeremo altro che una famiglia nevrotica, rigida perchè impostata come un fiore artificiale bello aparentemente ma non profuma, imbalsamata, non umana. Jung conclude: " Se perciò intendo davvero imitare Cristo, allora non imiterò nè copierò proprio nessuno, ma andrò per la mia strada, senza più neppure definirmi cristiano" 
(Libro Rosso, Cap XIV La follia Divina 99/100)

LA CIMA PROFONDA
Jung dopo una lunga dissertazione di come la pazzia o la vince e diventa la tua ragione o ti vince e sei fuori testa, descrive come si è servito di questa stessa follia per costruire la sua interiorità, una Torre profonda negli abissi della psiche o anima umana: "Ho messo piedi su una terra nuova. La mia torre è di acciaio, tutta d'un pezzo. Il Diavolo è stato forgiato e inserito nelle fondamenta ... " , fermiamoci qui un attimo: molti pensano che le nostre fondamenta più solide siano il bene, le virtù, i buoni propositi, invece è sbagliato, le fondamenta più solide sono la consapevolezza dei nostri limiti, dei nostri difetti, i nostri fallimenti, la nostra esperienza cruda e crudele quindi il Diavolo. Poi prosegue: " ... i Cabiri hanno edificato questa torre e, sulla cima, gli stessi costruttori sono stati sacrificati con la spada..." I Cabiri erano un gruppo di enigmatiche divinità dell'oltretomba, sono le forze formative occulte, i folletti che sono all'opera sotto terra, cioè sublimalmente, sono come i nani per Biancaneve, tirano fuori dalle miniere del nostro inconscio pietre preziose, forze d'animo e di volontà pazzesche, come dicono loro stessi a Jung nella visione: " Compiamo lentamente e con semplicità quello che tu invano ti dai pena di fare alla tua maniera umana.
Portiamo a termine quel che per te è Impossible.». Tutti questi nani rappresentano l'invasione brusca e momentanea di piccoli impulsi inconsci, di natura affettiva ed emotiva oppure intellettuale. Il sacrificio nella cima è la ragione, infatti la spada è simbolo del pensiero, della verità, del ragionamento lucido e consapevole che trova l'Assoluto. Quando una persona arriva ad accogliere e capire questa natura è sulla cima della torre, non si monta la testa ma sa di avere una ragione che lo sovrasta: "Come una torre sovrasta la vetta di una montagna su cui si erge, così io mi trovo al di sopra del mio cervello da cui sono spuntato". Qui si diventa umili, perchè sai che non è tua la verità ma sei tu ad appartenere a quella Verità. E continua: " ... pochi comprendono la mia torre... Nessuno ne scalerà le lisci pareti, nessuno si poserà in volo sul suo tetto aguzzo" , infatti guardate i saggi, potete pure criticarli e tutto quello che dite a loro scivola, non si prendono pensiero delle futilità, sui loro tetti (mente lucida) aguzzi non si posano le frivolezze umane. E Jung conclude come si può conoscere un anima di questo calibro: " Soltanto colui che trova l'ingresso nascosto nella montagna e sale lungo i meandri delle sue viscere può arrivare fin dentro la torre e giungere alla magnificenza di chi contempla e vive con le sue sole forze", dunque vi si entra soltanto dal di sotto, dalle profondità del cuore.
Jung Libro Rosso, Cap XXI il Mago IF 171

GIOIRE PER LA GIOIA STESSA NON PER ALTRO
Spesso non ci accorgiamo di scambiare i mezzi per i fini rischiando di perdere di vista appunto la finalità e rendendo assoluto un semplice mezzo. Mi spiego: il cacciatore che non ama la preda ma semplicemente il cacciare, l'uomo che non ama la donna ma semplicemente ama il suo essere un amante (quindi ama se stesso attraverso quello che lei gli fa sentire). In questo modo finiamo non per amare la vita ma quelle piccole cose che ci fanno sentire in vita quando in verità siamo dei morti viventi. Jung ad un certo punto, mentre dialoga con la Morte, essa gli dice: " La gioia non deve essere nè creata nè cercata, viene quando deve venire. La vera gioia è semplice e viene ed esiste da se stessa e non viene cercata qui o là. La gioia non va mai preparata, ma esiste da sè, oppure non esiste affatto. Tu devi soltanto adempiere il tuo compito, nient'altro. La gioia viene dall'adempimento, non dalla brama".
Libro Rosso. Prove  Pag 365 (Edizione Studio)


IL PERICOLO DI RIFLETTERE
La parola riflettere indica che noi ci ripieghiamo su se stessi, perchè nel pensiero come ad uno specchio ci riflettiamo, quindi già di per se il nostro Ego è ripiegato e ci spinge a vivere risucchiando tutto su se stessi, per cui riflettere è un pericolo, anche meditare sarebbe un pericolo, guardate coloro che vivono soltanto di libri e teorie senza mai metterle in pratica, coloro che vivono soltanto davanti al pc, in internet, nel loro mondo virtuale senza provare la vita reale, sono riflessi di se stessi, si fanno un mondo mentale, virtuale, fantasmagorico. Riflettere è utile soltanto per prendere slancio, vedere dove puntare la freccia ma bisogno dopo scoccarla. Jung nel libro rosso è contundente, dice così: "Se il pensiero porta a ciò che è inconcepibile, allora è tempo di tornare alla vita semplice. Quello che non risolve il pensiero, lo risolve invece la vita". Infatti se ti degni di sporcarti le mani la terra ti insegna quello che il cielo non riesce a farti capire. Quello che tu non riesci a spiegare a tuo figlio, la vita con i suoi colpi e delusioni glielo insegnerà, altrimenti resterà nel mondo frustrato della sua illusione. Purtroppo il nostro mondo attuale, che vive di immagini, di teleschermi, di video, tende a questo: a distaccarci dalla realtà, a vivere in un idea astratta riflessa dalla nostra immaginazione. 

UNA MONDO CRISTIANO SENZA CRISTO
Coloro che oggi lottano contro il cristianesimo (come la scienza, l'ateismo, il materialismo, il capitalismo, il consumismo) non se ne accorgono che in fondo lottano per un ideale che è altrettanto cristiano: pace per tutti, allungare la vita, uguali diritti, fede in un mondo migliore, benessere, diritto alla vita, etc... sono tutti principi cristiani. Jung puntualizza questa condanna cristiana quando dice:  "Con il cristianesimo non siamo arrivati alla fine semplicemente mettendolo da parte. Mi sembra che di esso resti più di quanto possiamo vedere. Abbiamo combattuto il Cristo, l'abbiamo destituito e ci siamo sentiti vincitori. Ma lui è rimasto in noi e ci ha soggiogato. Tu puoi abbandonare Cristo, ma lui non ti abbandonerà. Il tuo volerti liberare di lui è un illusione. Cristo è la Via. Tu puoi compiere certamente delle deviazioni, ma poi non sei più sulla Via e finisci per smarrirti, quindi in Croce. La via di Cristo finisce sulla croce. Perciò siamo crocefissi con lui in noi stessi. Insieme a lui attendiamo la nostra resurrezione fino alla morte". 

UN LIBRO SCANDALOSO PER LA SCIENZA
In oriente quelle persone che hanno uno sdoppiamento interno, dovuta la sovraccarica di energia che si libera durante le pratiche spirituali, vengono chiamate "intossicate da Dio", ma siccome vivono in un contesto mitologico e spirituale, quella energia è contenuta e può seguire il suo corso, non c'è quindi una crisi spirituale. In occidente invece una persona che vive questo tipo di esperienze viene subito diagnosticata come psicotica e le si prescrive la somministrazione di farmaci (dunque è uno da manicomio). Jung nel suo Libro Rosso ci permette di vedere queste sue visioni come un contatto che scaturisce da un eccesso di luce, che ti porta a perdere il contatto con la realtà (come aviene anche con l'alcool e con le droghe) ma viene elaborato attraverso la meditazione e la rilettura di simboli e racconti, proprio come in oriente attraverso riti, permettendoci di viverle senza essere schiacciati dal loro peso, anzi attingendo alla loro forza per trarre beneficio. Nella nostra cultura caratterizzata dal culto dell’io, la maggior parte delle pratiche orientali non sono applicabili in modo immediato in quanto non corrispondono all’atteggiamento psicologico occidentale centrato sulla personalità. Jung ci rende partecipi della sua “traversata notturna”, della lotta del suo spirito per liberarsi dalla prigione delle strutture mentali convenzionali. Perciò una certa solitudine e un certo isolamento sono le condizioni di vita indispensabili per il benessere nostro e degli altri, altrimenti non si può / essere sufficientemente se stessi. 

LUCE ED OMBRA (sintesi del Libro Rosso)
Il libro rosso è un viaggio immaginario attraverso i demoni della psiche. Jung dopo il distacco da Freud era stato abbandonato un po da tutti nel suo mondo scientifico e in quella solitudine iniziò ad analizzare se stesso per cercare la sua anima che pensava fosse stata smarrita. Guardando dentro di sé Jung scoprì un mondo fatto di opposizioni:
l’efficace e l’inefficace,
il pieno e il vuoto,
il vivo e il morto,
il diverso e l’identico,
il chiaro e lo scuro,
il caldo e il freddo,
la forza spirituale e la materia,
il tempo e lo spazio,
il bene e il male,
il bello e il brutto,
l’uno e i molti ecc..
Per analizzare questo mondo passa attraverso quello che lui chiama il suo Medioevo, il suo Inferno. Dopo aver esplorato il suo mondo infero ed essersi preso cura del Diavolo interiore che gli aveva permesso di guardare l’altro punto di vista e di uscire dalla sua univocità, Jung capisce che ciò che è dentro è anche fuori. Così Jung porta fuori ciò che era dentro, allora compie attraverso i suoi limiti interni una visione illimitata del mondo esterno, è il ciclo del mondo duale (Yin-Yang) che porta a conclusione vivendo la sua integrità nella disgregazione del mondo, la sua pace interna in un mondo esterno che vive in guerra. 

UNA FINE SENZA FINE
Il Libro Rosso è un opera inconclusa, in una breve pagina scritta da Jung ottantacinquenne, nel 1959, dove spiega di aver interrotto il Libro Rosso molti anni prima e contemporaneamente ad aver dato inizio allo studio dell’alchimia: “Ho lavorato a questo libro per sedici anni. Me ne ha distolto il mio incontro con l’alchimia nel 1930. L’inizio della fine sopraggiunse nel 1928, quando Wilhelm mi spedì il testo di un trattato alchemico, Il fiore d’oro” ... Così si chiude il libro rosso o meglio resta aperto ad altri viaggi immaginari che ogni lettore possa fare ognuno per conto proprio, così come lo stesso libro consiglia di fare 

«Nessuno ha il mio Dio, 
ma il mio Dio ha tutti quanti, 
me compreso.»
Jung - Libro Rosso


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