ORIGINE DEI PECCATI CAPITALI
I sette peccati capitali si fondano su un elenco sviluppato nel IV secolo DC dal monaco, precursore del movimento degli eremiti, Evagrio Pontico. Evagrio però si rifa alla concezione platonica che individua nell’anima umana tre facoltà (concupiscibile, irascibile, razionale) dalle quali fluiscono tutte le nostre azioni in forma di passioni, intese nel senso esteso del termine, quindi parole, pensieri, desideri, emozioni, istinti. Quando queste tre facoltà operano in sinergia, l’uomo è armonizzato con se stesso, diversamente diventa preda e vittima delle passioni.
Evagrio si sofferma in particolare su Otto Pensieri del male e li elenca secondo questo ordine: Gola, Lussuria, Amore per il denaro, Tristezza, Rabbia, Accidia, Vanagloria e Orgoglio. Nell’anno 590 DC Papa Gregorio I ha rivisitato l’elenco cambiando tristezza con accidia, vanagloria con superbia ed aggiungendo invidia. Delineò quindi, quelli che oggi conosciamo come i sette vizi capitali: Superbia, Avarizia, Lussuria, Ira, Gola, Invidia e Accidia.
Ma prima di Evagrio c'era Aristotele:
QUANTI SONO DAVVERO I PECCATI?
I peccati come vedremo però, sono molteplici, si moltiplicano, perchè come matriosche dentro di uno vibra un altro e per rafforzare uno si deve fomentare uno o due in più diversi.
Gia nel IV secolo AC Aristotele aveva fatto una ricerca sistematica dei vizi e delle virtù nella sua Etica Nicomachea e come ogni energia si squilibra o per eccesso o per carenza, esempio: LA VERGOGNA neutro è un istinto pero se è eccessivo diventa timidezza, se è scarso e non l'abbiamo diventa spudoratezza, quando è in equilibrio si chiama modestia. Dunque anche una energia buona o una passione lecita se non è equilibrata diventa un vizio. Esempio: Il Coraggio è una energia buona ma in eccesso diventa imprudenza o spericolatezza, invece per carenza o mancanza diventa temerità, paura. E' come nella filosofia del Yin-Yang, le passioni non sono nè buone nè cattive, sono energie, istinti che noi facciamo diventare o buoni o cattivi in base alla forza o polarizzazione che li diamo. Quando sono in equilibrio li chiamiamo virtù quando sono in squilibrio si chiamano vizi o peccati.
IL VIZIO
Un vizio è come un amore,
non c'è niente che non gli si sacrifichi.
Rémy de Gourmont
Noi li conosciamo tradizionalmente col nome di "peccati" ma in verità sono passioni, energie così potenti che finiscono per dominarci e distruggerci. Ogni passione pero si nutre di un qualcosa di buono, di bello, di vero... come il buon cibo, la bellezza del corpo nel sesso, il senso della giustizia contro cui la persona iraconda si scaglia, i beni che hanno gli altri e noi invidiamo, il senso dell'onore che difende il superbo, la calma e la quiete che il pigro adora fino all'inerzia, etc.. c'è quindi sempre il bene, il buono, e il bello (le 3 caratteristiche trascendentali dell'Essere: bene, buono e bello). Il peccato non è altro che un labirinto che noi stessi creiamo, un circolo vizioso, pieno di bellezza, di bontà, di verità, sono finti energetiche bloccate. Ricordiamo, nell'albero della vita quando si aprono si chiamano sefirot, luce angelica, mentre nell'albero della morte quando si chiudono si chiamano quolipoth, tenebra demoniaca. Dunque nei peccati noi non facciamo altro che costruire il nostro proprio inferno, che non è un luogo ma il nostro stato d'animo prigioniero dalle nostre passioni incontrollabili. Il vizio è un'abitudine umana negativa, che spinge l'individuo ad un comportamento nocivo normalmente ripetitivo. Aristotele individuò i cosiddetti vizi capitali: ira, accidia, lussuria, avarizia, gola, invidia, superbia. Ma questi 7 come tentacoli spargono le sue radici e si moltiplicano in una catena ben lunga sinuosa tortuosa e resistente di comportamento nocivi. Ira per esempio porta con sè il rancore, la vendetta, il complotto, la crudeltà, e via dicendo, un peccato genera sempre altri che lo rafforzano, è come la mentira per nasconderne una ne devi inventare altre 7 e via dicendo. Per questa ragione, siccome noi seguiamo una struttura geometrica e matematica, oltre i 7 peccati capitali classici, trattiamo altri 3 peccati o passioni, seguendo l'albero della morte o le 10 Sefirot dell'albero della vita quando sono bloccate, appunto da energie o passioni squilibrate. Noi trattiamo anche questi 3 peccati così comuni da passare spesso per virtù e motivo di vanto: la vanità, l'orgoglio e la mentira.
PECCATO - ETIMOLOGIA
Il Peccato nel Codice di Leningrado e nel Textus Receptus.
Il significato originale del termine Peccato tende a perdersi nella traduzione. Peccato dal latino peccus derivato da pes-pedis (piede) o difetto del piede, come zoppicare. Infatti spesso cuando si pecca si dice si cade. Come sappiamo, la Bibbia è stata originariamente scritta in ebraico (Antico Testamento) e in greco (Nuovo Testamento) e in tutte e due le lingua peccato si esprime con una parola che significa "mancanza" (חטא – ἁμαρτάνω). Dunque peccare è sentire che ci manca qualcosa. “Capitale”, viene dal latino “Caput” (Testa), è la parte del corpo che dirige tutto, ma se pecchiamo vuel dire che ci manca anche la testa, il cervello. Sono capitali in quanto diventano molto comuni così genérico che pericolosamente diventano normali, non ce ne accorgiamo più che sono un male, diventano come un virus comune, come un raffreddore.
IL VIZIO E' PIÙ DILETTEVOLE DELLA VIRTÙ
La fatalità del vizio è che si copre di piacere spensieratezza e facilità, solletica la nostra parte più rude, convince la nostra dimensione più ignorante e meno progredita. Non si biasimi sempre il vizio: c’è chi soltanto grazie ad esso ha potuto raschiare un po’ di vita dal fondo della propria magra esistenza. Se molti sapessero che è più facile uscire da un vizio che tenerlo a bada soffrirebbero meno, ma siccome vogliono goderne di più di quel vizio non sanno che la pace si trova nella tosta virtù. Nella anima illuminata il vizio non ha nessun attrazione come non ce l'ha neppure la virtù e nessuna delle due ne fanno presa sul suo cuore, essendone padrone sa quando comportarsi da schiavo.
INVIDIA
Se qualcuno vuole buttarti giù
non darti pensiero nè dar retta costui
questa è la prova che l'altro
ti vede sopra di lui. Non fare però l'altezzoso,
non l'aiuteresti in nulla, mentre il tuo silenzio
discrezione comprensione e tranquillità
sono la miglior dimostrazione della tua personalità.
L'invidioso possiede delle buone qualità che possono anche essere riconosciute, ma non le considera sufficienti e si ritiene un incapace, per aiutare un invidioso dovresti valutarlo per quello che ha di buono, in questo modo lo aiuteresti a prima ad avere autostima e secondo a non farti vedere come un rivale. Le radici dell'invidia si trovano in altri vizi come la gelosia e l'avarizia. Non dimenticate che un vizio spesso si collega promuove e fomenta altro, agiscono sempre a catena.
L'invidia è quel sentimento che nasce nell'istante in cui ti senti un fallito e vuoi nasconderlo criticando gli altri.
L'INVIDIA NASCE DAL NON SAPERE CHI SEI
Viviamo in una società che ci educa e ci forma ad essere potenzialmente e pericolosamente degli invidiosi, perchè? già da piccoli viviamo nel paragone, gli altri sono solo un metro per misurarci: chi è più bello, più forte, più intelligente. A scuola i voti tristemente servono più ad accrescere questa avidità dell'ego che non a valutare la conoscenza personale. Nel mondo del commercio poi ci costringono all'omologazione quindi a seguire uno standard: avere tutti quella villa, quel lavoro, le donne ad avere quella misura di seni, avere soldi in banca, ecc... e il risultato? la lotta cieca e l'invidia verso chi si avvicina ai modelli ideali, ma a sua volta costui invidia chi sta più sù di lui, perchè sempre avrà uno al di sopra, l'erba di ogni vicino è sempre più verde della mia. Il paragonarsi è un atteggiamento molto sciocco: ogni persona è unica e incomparabile. Quando arrivi a questa comprensione, l'invidia scompare. Ogni persona è unica e incomparabile. Sei te stesso: nessuno è mai stato uguale a te, e nessuno lo sarà mai. E non hai alcun bisogno di essere uguale a qualcun altro. Il divino crea solo originali, non crede nelle fotocopie.
A causa dell'invidia diventi falso, inizi a fingere. Inizi a pretendere di avere ciò che non hai, inizi a fingere di avere ciò che non puoi avere, ciò che per te non è naturale. Diventi sempre più falso. Quando imiti gli altri, quando entri in competizione con gli altri, che altro puoi fare? Se qualcuno ha qualcosa e tu non ce l'hai, e non hai la capacità naturale di averla, l'invidia ti può spingere a rubare quello che ha l'altro oppure a distruggere le cose altrui e in casi peggiori a levare l'altro di mezzo (la matrigna di BiancaNeve ne è l'esempio). La Gelosia è figlia dell'invidia e dell'odio, il male genera male, è una catena, spezzala; l'uomo geloso vive in un inferno. Smetti di paragonarti, e l'invidia scompare, insieme alla cattiveria e alla falsità. Ma puoi smettere di paragonare solo se inizi a coltivare i tuoi tesori interiori; non c'è altro modo.
Cresci, matura, diventa un individuo sempre più autentico.
La fatalità del vizio è che si copre di piacere spensieratezza e facilità, solletica la nostra parte più rude, convince la nostra dimensione più ignorante e meno progredita. Non si biasimi sempre il vizio: c’è chi soltanto grazie ad esso ha potuto raschiare un po’ di vita dal fondo della propria magra esistenza. Se molti sapessero che è più facile uscire da un vizio che tenerlo a bada soffrirebbero meno, ma siccome vogliono goderne di più di quel vizio non sanno che la pace si trova nella tosta virtù. Nella anima illuminata il vizio non ha nessun attrazione come non ce l'ha neppure la virtù e nessuna delle due ne fanno presa sul suo cuore, essendone padrone sa quando comportarsi da schiavo.
AVARIZIA
L’etimologia latina Avaritia deriva da AVEO che significa desiderare in modo smodato ed istintivo qualcosa, ma attenzione di solito si pensa all'avarizia soltanto come un desiderio di denaro, di beni, di tesori, invece possiamo essere avari anche sentimentalmente, emotivamente, mentalmente. Per esempio quelli che non hanno mai tempo per te, sono avari, quelli che dicono che non hanno mai pazienza sono anche avari, quelli che non tri ascoltano mai sono avari di attenzione. C'è anche un avarizia psicologica e spirituale, sono coloro che non vogliono donarsi, darsi agli altri condividere la loro ricchezza interiore e per questo quella ricchezza perde potere. Ciò significa limitare se stessi e non evolversi.
Anticamente, la parola "avarizia" indicava anche l'avidità, cioè il "desiderio intenso di ricchezze". Nella Kabbalah troviamo questa forza energetica bloccata nella prima sefirot, in basso, perchè ci lega alla terra, alle cose materiali, ai beni che noi crediamo siamo solo nostri, diventa un demone, Naamà, ti lega alla materia, vivi soltanto per il possesso delle cose. Nella Bibbia Mammona veniva comunemente personificato come demone dell'avarizia. Noi viviamo in un mondo che adora le ricchezze, il nostro Dio è il denaro in maniera sproporzionato e finchè sia così non potremo inizia il primo passo verso la libertà interiore, la Sefirot di Maljut, il regno resta soltanto questo mondo e mai il regno dei cieli interiore.
MAMMONA. LE BANCHE SONO I NUOVI SANTUARI
Il termine Mammona viene usato nel Nuovo Testamento per personificare il profitto, il guadagno e la ricchezza materiale, generalmente con connotazioni negative, e cioè accumulato in maniera rapida e disonesta ed altrettanto sprecato in lussi e piaceri. Gesù ne parlò: "Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona” (Matteo 6,24). Attenzione: è falso considerare la ricchezza un male, tutti la desideriamo, è un bene stare bene. Il problema è quando facciamo di questo mezzo un fine, quando il Denaro diventa un Dio. Mammona è un termine di origine fenicia che evoca sicurezza economica e successo negli affari e viene indicato l’idolo a cui si sacrifica tutto pur di raggiungere il proprio successo materiale e così questo successo economico diventa il vero dio di una persona. Infatti c'è il detto "vendere l'anima al diavolo pur di avere tutto". Noi viviamo in una mentalità di avarizia, perchè col Dio denaro puoi avere materialmente tutto, il Dio spirituale è inutile. Ma il denaro può comprare sesso non amore, medicine non salute, un letto ma non il ristoro e la pace interiore, compri una casa ma non una famiglia, ecc... quindi c'è una dimensione comunque spirituale dove Mammona non ha potere.
LA VIRTÙ STA SEMPRE NEL MEZZO
La via di mezzo come dicevano i saggi è dove si trova sempre la verita, l'equilibrio del mondo duale, come abbiamo sempre detto le passioni sono energie che si squilibrano o per eccesso o per mancanza. Il Denaro oggi è il valore supremo sociale di fronte al quale l'essere umano sa di avere in mano il potere per sussistere. Avere disponibilità di denaro è una sorta di rassicurazione e di assicurazione. Per questo il denaro non va demonizzato come fa una tendenza spiritualista ma neppure divinizzato come fa la corrente del consumismo e del capitalismo materialista. Gli estremi sono sempre nocivi. L'adorazione al denaro oggi ha prodotto una mentalità impulsata dall'avarizia, è un energia in eccesso dedita soltanto all'accumulo di beni. Quando questa energia è squilibrata per mancanza allora si cade nel vizio opposto: lo spreco, lo sperperare, essere spendaccioni. Ed ecco la contradizione: mentre i ricchi diventano avari, i poveri sprecano il poco che hanno volendo assomigliare ai ricchi. La virtù sta nel centro: la generosità, sapere che il tuo superfluo è quello che manca ad un altro per vivere e vivere secondo le tue possibilità in modo degno. Generoso viene dal termine "generare" quindi saper produrre e moltiplicare quello che hai, mentre l'avarizia cade nell'illusione del denaro: sei potente finchè ce l'hai, se lo spendi si perde, quindi "pensa solo a te". Nella nostra società mercificata tu vali per quello che hai non per quello che sei, ecco perchè il denaro è tutto e tu sei qualcuno se hai denaro, per questo i valori morali sono diventati prezzi commerciali. Da qui nasce il fatto che oggi anche i sentimenti, gli ideali, le emozioni contano solo se producono (sei un illuminato, dai scrivi un libro e vendilo), e gli amori e le amicizie hanno scadenze (finchè convengono), tutto questo è prodotto dal vizio capitale dell'Avarizia
LA DIFFUSIONE DELL’AVARIZIA
Abbiamo dunque analizzato come l'avarizia sia diventata oltre che un vizio o energia squilibrata, anche una vera e propria tendenza o modo di vivere per avere il potere, per apparire attraverso le cose, per non avere PAURA di fronte ala sussistenza, perchè la radice dell'avarizia è la paura (paura di non avere risorse quindi le accumulo). Il pensiero paolino considera "L‘attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali (Tm,6, 10). Ma questa tendenza materiale si è infiltrata nella sfera mentale ed emotiva, oggi l'avarizia intacca lo spirito: non dare tempo, non dare ascolto, non condividere conoscenze se non mi pagano, non avere figli perchè costano, etc. A livello umano ogni persona ha sempre ricchezze immense, non hai idea di quante siano fino a che non cominci a darle: sorrisi, ascolto, offrire una buona parola, un complimento vero, un saluto cordiale. Quindi c’è il rischio che tu sia più avaro di quanto creda. A livello spirituale dobbiamo sapere che più diamo e più ce ne accorgeremo di avere. Oggi le persone risparmiano non soltanto denaro ma anche sentimenti, sogni, ideali, affetti. Dall'altra parte abbiamo anche paura di essere generosi in mezzo a tanti avidi, ti divorano, ma il fatto che loro sbaglino non è un motivo valido per non vivere la nostra virtù, qui entra in gioco la parsimonia, sapere a chi dare, quanto e quanto, sempre con equilibrio, ma mai smettere di essere vero perchè gli altri sono falsi, è da sciocchi,
da avari mentali.
L’avarizia
Non è solo taccagneria. Per Igor Sibaldi, l’avarizia è “il non voler dare” in generale, né agli altri né a se stessi. L’avaro, ad esempio, sostiene che non ha tempo. Invece ne ha, eccome, ma semplicemente vuole tenerlo da parte. È infatti convinto che il tempo si conservi, se non lo si spende, e che potrà utilizzarlo successivamente. Allo stesso modo, dice che non ha voglia, che non ha pazienza, e così via. La vita prosegue con questa convinzione; prima di morire può capitare di accorgersi di sbagliare, altre volte no.
Diffusione dell’avarizia. L’avarizia è uno di quei vizi che non sembrano così diffusi, invece è molto esteso. La vita è piena di ricchezze immense e spesso non si ha idea di quante esse siano, fino a che non si comincia a darle o a perderle. Il rischio è che anche tu che stai leggendo ora questo articolo sia più avaro di quanto creda.
Conseguenze dell’avarizia. L’avaro tende ad avere ossessioni di vario genere. Nel sottofondo degli animi, aleggia sempre la sensazione che il mondo sia pieno di tentazioni da cui tenersi lontani.
Come uscirne. Il segreto è accorgersi di una cosa: più si dà, più ci si accorge di avere. E questa è una cosa meravigliosa.
Hai mai pensato di ritrovarti in uno di questi vizi? Condividi la tua idea nei commenti!
Igor Sibaldi
INVIDIA
Dopo la radice, il regno, la base (Maljut) che è il mondo materiale (come abbiamo visto ormai minacciato dall'avarizia) la seconda sefirot dell'albero della Vita che si chiude è Yesod (le fondamenta) e sono le relazioni che abbiamo con gli altri. Il demone Gamaliel (Qoelipoth) ci induce al paragone, al piacere masochista e tortuoso di credere che gli altri siano meglio di noi e che hanno cose migliori delle nostre, qui la spinta è l'orgoglio offeso (l'orgoglio è il contrario: si crede meglio degli altri), quindi si crea la lotta per superare gli altri screditandoli. Inconsciamente ammiriamo gli altri ma siccome non possiamo riconoscerlo allora li disprezziamo. Attenzione: da questo demone nasce uno dei peggiori a livello sentimentale ed è la gelosia. Un altra lotta tra contrari: mentre la gelosia è la paura di perdere qualcosa o qualcuno, l'invidia è la voglia di avere qualcosa o essere come qualcun altro. Tutti i rapporti sono minati dal veleno del paragone, la concorrenza, la sfida. Come vedremo il suo demone biblico è il Leviatano, uno dei demoni più temibili perchè è sottomarino, cioè inconscio come lo è l'invidia, difficile da scorgerla e sradicarla.
TI INVIDIO QUANTO SEI INVIDIOSO, PIU DI ME ...
Di solito quando pensiamo all'invidia crediamo che sia quel desiderio amaro di vedere che gli altri ce la fanno e noi no, che gli altri hanno cosa che noi non possiamo avere. Questa è soltanto la impalcatura della facciata che vediamo, ma dietro c'è di peggio. Se analizziamo la parola Invidia etimologicamente scopriamo il male che pulsa inconsciamente in questa energia: Viene da IN-VIDERE, cioè: «guardare nel guardare altrui», vale a dire che l'invidioso non guarda, non sa valutare, lui usa il cervello degli altri, pensa come pensano gli altri, desidera quello che desiderano gli altri, non ha una personalità non sa decidere da solo quello che vuole, invidia significa «non riuscire a guardare da soli la realtà». Per questo è quasi impossibile far vedere ad un invidioso che non vede.
L'INVIDIA
Molte persone quando non sanno cosa fare con la loro vita, non possono far altro che dedicarsi a distruggere quella degli altri. L'Invidia nasce da una grande mancanza di personalità, il non sapere essere se stessi ci porta a confrontarci continuamente con gli altri: se l'altro vive meglio di me, se ha una casa migliore della mia, se il suo partner la vuole come il mio, se è bella più di me, se si veste alla moda e via dicendo all'infinito. L'invidia corrode il pensiero come la ruggine il ferro: L'invidioso soffre di un complesso d'inferiorità e non trova altri mezzi per sopravvivere che vedere gli altri dall'alto delle sue illusione avvelenate. Sappi che se qualcuno ti invidia è perchè inconsciamente ti loda. Chi ti critica senza amore (quindi in maniera distruttiva) è perchè vorrebbe amarti e non ce la fa: tu sei meglio di lui e questo non gli va giù. Chi ti vuol bene è contento che tu sia buono, bello, bravo, ricco, non si confronta mai con te, perchè sa essere se stesso e questo gli basta. L'invidia è una passione timida e vergognosa che non si osa confessare perchè è un odio sottile che non si vuole riconoscere, per questo spesso chi ti invidia finge di apprezzarti e ti fa falsi sorrisi stretti di convenienza costretta. L'invidia è la religione dei mediocri : vogliono farsi lodare dagli altri senza nessun merito.
INVIDIA, ETIMOLOGIA
Il termine invidia può avere un altro significato etimologico diverso da quello visto poc'anzi: se traduciamo il latino "in" come avversativo e videre "vedere", cioè guardare contro, ostilmente, biecamente o genericamente guardare male, quindi "gettare il malocchio", l'invidioso attira negatività, è una condizione o uno stato d’animo per cui si ha il desiderio ambivalente di possedere ciò che gli altri hanno ma nello stesso tempo disprezzare quello che gli altri possiedono, anzi con un desiderio quasi maligno di sperare che gli altri perdano quello possiedono. La persona invidiosa guarda sempre l'altro come un rivale e ciò nasce da non aver valore in se stesso, un profondo senso d'inferiorità lo porta sempre a sottovalutare gli altri per sentirsi al loro livello o, meglio, per sentire gli altri al suo basso livello che non vede nè riconosce.
Quando l'invidia diventa patologica è pericolosa: l'invidioso non trova un altro mezzo di superare l'altro che eliminandolo, non sa lavorare sulle proprie qualità quindi cerca di rovinare le cose o le qualità dell'altro. Lo uccide non necessariamente in senso letterale, ma lo elimina socialmente con le calunnie, il disprezzo e i complotti e i alcuni casi anche si arriva ad omicidi (guardate le guerre: sono due governi potenti invidiosi l'uno della potenza dell'altro).
Se qualcuno vuole buttarti giù
non darti pensiero nè dar retta costui
questa è la prova che l'altro
ti vede sopra di lui. Non fare però l'altezzoso,
non l'aiuteresti in nulla, mentre il tuo silenzio
discrezione comprensione e tranquillità
sono la miglior dimostrazione della tua personalità.
L'invidioso possiede delle buone qualità che possono anche essere riconosciute, ma non le considera sufficienti e si ritiene un incapace, per aiutare un invidioso dovresti valutarlo per quello che ha di buono, in questo modo lo aiuteresti a prima ad avere autostima e secondo a non farti vedere come un rivale. Le radici dell'invidia si trovano in altri vizi come la gelosia e l'avarizia. Non dimenticate che un vizio spesso si collega promuove e fomenta altro, agiscono sempre a catena.
L'invidia è quel sentimento che nasce nell'istante in cui ti senti un fallito e vuoi nasconderlo criticando gli altri.
L'INVIDIA NASCE DAL NON SAPERE CHI SEI
Viviamo in una società che ci educa e ci forma ad essere potenzialmente e pericolosamente degli invidiosi, perchè? già da piccoli viviamo nel paragone, gli altri sono solo un metro per misurarci: chi è più bello, più forte, più intelligente. A scuola i voti tristemente servono più ad accrescere questa avidità dell'ego che non a valutare la conoscenza personale. Nel mondo del commercio poi ci costringono all'omologazione quindi a seguire uno standard: avere tutti quella villa, quel lavoro, le donne ad avere quella misura di seni, avere soldi in banca, ecc... e il risultato? la lotta cieca e l'invidia verso chi si avvicina ai modelli ideali, ma a sua volta costui invidia chi sta più sù di lui, perchè sempre avrà uno al di sopra, l'erba di ogni vicino è sempre più verde della mia. Il paragonarsi è un atteggiamento molto sciocco: ogni persona è unica e incomparabile. Quando arrivi a questa comprensione, l'invidia scompare. Ogni persona è unica e incomparabile. Sei te stesso: nessuno è mai stato uguale a te, e nessuno lo sarà mai. E non hai alcun bisogno di essere uguale a qualcun altro. Il divino crea solo originali, non crede nelle fotocopie.
A causa dell'invidia diventi falso, inizi a fingere. Inizi a pretendere di avere ciò che non hai, inizi a fingere di avere ciò che non puoi avere, ciò che per te non è naturale. Diventi sempre più falso. Quando imiti gli altri, quando entri in competizione con gli altri, che altro puoi fare? Se qualcuno ha qualcosa e tu non ce l'hai, e non hai la capacità naturale di averla, l'invidia ti può spingere a rubare quello che ha l'altro oppure a distruggere le cose altrui e in casi peggiori a levare l'altro di mezzo (la matrigna di BiancaNeve ne è l'esempio). La Gelosia è figlia dell'invidia e dell'odio, il male genera male, è una catena, spezzala; l'uomo geloso vive in un inferno. Smetti di paragonarti, e l'invidia scompare, insieme alla cattiveria e alla falsità. Ma puoi smettere di paragonare solo se inizi a coltivare i tuoi tesori interiori; non c'è altro modo.
Cresci, matura, diventa un individuo sempre più autentico.
Seguiamo sempre la legge dell'equilibrio duale Yin Yang per valutare ed analizare ogni vizio. Dunque se l'invidia come abbiamo detto è il "in-vider" cioè il vedere quello che vedono gli altri, è un eccesso di interesse che prestiamo agli altri, non avendo una autostima giusta per noi ci dedichiamo a stimare o sottostimare gli altri. Quando invece lo squilibrio è per mancanza sorge l'indifferenza, il menefreghismo, ma come vedremo nel post seguente anche l'indifferenza va analizzata perchè ci sono due tipi. L'equilibrio invece è quando l'energia dell'attenzione è nella giusta misura, quindi lo sguardo inizia da noi verso l'altro, mentre l'invidioso vive nel cosa fa l'altro, cosa ha l'altro cosa pensa l'altro, inizia sempre dall'altro verso se stesso, ecco perchè l'invidioso non se ne accorge ma vorrebbe essere al centro dell'attenzione altrui e richiama l'attenzione con la critica, il disprezzo l'odio, etc. Al centro sta l'ammirazione, guardate che il contrario perchè mentre l'invidia è "in-vedere" vedere ciò che vede l'altro, ammirare significa mirare dal didentro, nell'essenza delle cose, è un empatia visiva ecco perchè sorge il senso di meraviglia per chi sa ammirare. Chi ammira ha uno sguardo puro, vede le cose e le persone nella sua bellezza è questo lo riempie, non desidera possedere, è già pieno con questo sguardo. In altre parole non possedere ma si lascia possedere dalla bellezza altrui. E' il tipico sguardo di un genitore o di un vero amante. Quindi per combattere l'invidia ci vuole l'ammirazione sana e profonda dela realtà, iniziando guardando se stessi in questa prospettiva di bellezza.
INDIFFERENZA O ATTENZIONE INDIRETTA ?
Ci sono due tipi d'indifferenza (le cause sono infinite come le persone, ma per essere più preciso seguo la regola Yin-Yang, quindi mi limito ai due estremi tutte le altre cause convergono a queste due radici): quella più comune che è studiata, cioè lo si fa di proposito, si vuole essere indifferente, ma in realtà se lo fai di proposito inconsciamente ci stai pensando a ferire a chi vuoi dimostrati indifferente; quindi non sei indifferente, anzi lo fai per attirare indirettamente l'attenzione... è un modo di farsi voler bene o di attirare l'attenzione o di vendicarsi per un fallimento... è un atteggiamento di chi subendo un torto d'inferiorità lo vuole sostituire con un comportamento di superiorità; in realtà l'indifferenza dimostra in questo caso di aver voluto tanta attenzione, è un ignaro fallito. Una persona matura non è mai indifferente, ma sa dare attenzione sia a chi gliela chiede per quanto questi non se la meritasse e a chi non la merita la sua attenzione se vede che ne ha proprio bisogno, ecco la seconda indifferenza: quella vera che non è in realtà indifferenza ma dimenticanza o mancata attenzione, quella che ti scordi proprio una cosa o di una persona perchè non ti interessa, perchè davvero non ci pensi, ma non per dispetto, questo atteggiamento è spontaneo, genuino e senza la malizia che ha il primo. Dunque, se stai a parlare e a dare mille ragioni del perchè sei indiferente verso una persona, ricordati che proprio in questo momento e in questo modo gli stai dedicando tempo e pensieri ed attenzioni.
Ci sono due tipi d'indifferenza (le cause sono infinite come le persone, ma per essere più preciso seguo la regola Yin-Yang, quindi mi limito ai due estremi tutte le altre cause convergono a queste due radici): quella più comune che è studiata, cioè lo si fa di proposito, si vuole essere indifferente, ma in realtà se lo fai di proposito inconsciamente ci stai pensando a ferire a chi vuoi dimostrati indifferente; quindi non sei indifferente, anzi lo fai per attirare indirettamente l'attenzione... è un modo di farsi voler bene o di attirare l'attenzione o di vendicarsi per un fallimento... è un atteggiamento di chi subendo un torto d'inferiorità lo vuole sostituire con un comportamento di superiorità; in realtà l'indifferenza dimostra in questo caso di aver voluto tanta attenzione, è un ignaro fallito. Una persona matura non è mai indifferente, ma sa dare attenzione sia a chi gliela chiede per quanto questi non se la meritasse e a chi non la merita la sua attenzione se vede che ne ha proprio bisogno, ecco la seconda indifferenza: quella vera che non è in realtà indifferenza ma dimenticanza o mancata attenzione, quella che ti scordi proprio una cosa o di una persona perchè non ti interessa, perchè davvero non ci pensi, ma non per dispetto, questo atteggiamento è spontaneo, genuino e senza la malizia che ha il primo. Dunque, se stai a parlare e a dare mille ragioni del perchè sei indiferente verso una persona, ricordati che proprio in questo momento e in questo modo gli stai dedicando tempo e pensieri ed attenzioni.
L’invidia è la piu' sincera forma di ammirazione.
O. Wilde
“A volte, ciò che provoca l’invidia non è il tuo denaro, la tua auto o le cose che tu hai, perché può succedere che l’invidioso abbia tutto questo o molto di più. Quello che causa l’invidia è la tua essenza, la tua energia, è ciò che sai fare bene e lui no, è il successo con la tua famiglia, sono i tuoi talenti, la tua aurea, le tue relazioni... il modo in cui gestisci i tuoi valori attraverso la vita, quelle cose che ti fanno risplendere e nessuno mai ti potrà spegnere. Questo è ciò che uccide qualsiasi persona invidiosa e non immagini nemmeno cosa farebbe per avere quella luce che proviene dal tuo essere è mai potrà copiare!
L’invidioso di Totò!”
Totò
LEVIATAN
Il demone che viene collegato all'invidia è il Leviatan, bestia marina dell’Antico Testamento. Appare tra gli altri passi nel libro di Giobbe: “Puoi tu pescare il Leviatan con l’amo e tener ferma la sua lingua con una corda?”. Infatti è la lingua il punto debole dell'invidioso, è quella che viene fuori a dimostrarci che sotto le sue profondità si nasconde un mostro gigantesco. Questa figura simbolica ci indica come ciò che l'invidioso critica e desidera è soltanto l apunta di un Iceberg di quello che nasconde ed ignora dentro di sè. Infatti l'invidia porta con sè altri grandi difetti, il primo è il disprezzo e il pettegolezzo perchè l'indivioso si deve sfogare sparlando male delle persone che invidia, scadendo spesso nella calunnia e le solite esagerazioni che minano ogni relazione umana. Ecco qui le diverse apparenze del Leviatan: chi lo vede come un serpente, chi come una balena, chi come un drago... sempre diverso perchè sempre falso.
LA DIFFUSIONE DELL’INVIDIA
Viviamo in un mondo impostato sulla competenza, la concorrenza, la lotta di classi, quindi è normale che sia un mondo che promuove l'indivia come motore di ricerca e progresso e la pubblicità è il suo impero, siamo bombardati ad ogni istante da modelli da raggiungere, mete da conquistare, cose da comprare per essere accettati e voluti, anzi molti amano persino essere invidiati. Suscitare l'invidia altrui per alcuni è quasi uno sport emotivo. La conseguenza tragica di questo processo è l'asservimento, il conformismo, la perdita di identità perchè le persone cercano di imitare altri e non scoprono mai la loro personalità, quindi paura di dire, pensare, sentire cose originali. L'invidia quando diventa una vibrazione di massa rende gli individui omologati ad uno standard di vita dettato dal consumismo.
INVIDIA
Dicono che sia la stizza per le riuscite altrui
o il desiderare la roba d’altri.
È molto peggio.
È il desiderare ciò che desiderano gli altri
e non ciò che desideri tu;
e il detestare ciò che detestano gli altri
e non ciò che detesti tu.
Viene da IN-VIDERE,
cioè: «guardare nel guardare altrui»
o anche: «non riuscire a guardare (da soli)».
DIFFUSIONE DELL’INVIDIA: altissima,
a causa della pubblicità
che da quando siamo nati ci pone altri come esempio.
CONSEGUENZE DELL’INVIDIA: asservimento,
conformismo, perdita di identità,
paura di dire, pensare, sentire cose originali.
COME USCIRNE: prima sii te stesso
(è terribilmente semplice)
- Igor Sibaldi -
Dicono che sia la stizza per le riuscite altrui
o il desiderare la roba d’altri.
È molto peggio.
È il desiderare ciò che desiderano gli altri
e non ciò che desideri tu;
e il detestare ciò che detestano gli altri
e non ciò che detesti tu.
Viene da IN-VIDERE,
cioè: «guardare nel guardare altrui»
o anche: «non riuscire a guardare (da soli)».
DIFFUSIONE DELL’INVIDIA: altissima,
a causa della pubblicità
che da quando siamo nati ci pone altri come esempio.
CONSEGUENZE DELL’INVIDIA: asservimento,
conformismo, perdita di identità,
paura di dire, pensare, sentire cose originali.
COME USCIRNE: prima sii te stesso
(è terribilmente semplice)
- Igor Sibaldi -
VANITÀ
Il male è progressivo, seguiamo la linfa dell'albero della vita come viene bloccata: dopo un regno (Malkuth) di avarizia, le sue fondamenta (Yesod) si forgiano nell'invidia ed adesso quel che conta è apparire agli altri nella Gloria (Hod) più splendente possibile donde nasce la vanità. Mi è sempre sembrato strano che la vanità non sia stata inclusa tra i primi 7 peccati capitali (ovviamente i peccati distruttivi sono tanti ed è difficile includerli tutti in un numero così limitato) ma oggi più che mai la vanità è diventata un rischio per la comprensione della vita interiore, perchè viviamo in un mondo dove conta più l'apparire che l'Essere. Per questo quando la sefirot del Hod (lo splendore) viene bloccata diventa un vibrazione blindata (Quolipoth) chiamata con il nome di un demone: Samael, lui ha il compito di sedurre per distruggere, tipico della vanità. Nella gerarchia dei demoni proposta dalla Cabala esoterica, Astaroth è a capo degli spiriti impuri perturbatori di anime con la vanità che è una finta e falsa bellezza per questo ha preso il nome dell'antica divinità fenicea di Astarte, dea dela fecondità, l'erotista e lo splendore (era la babilonesa Istar e la dea Venere der greci). Adesso analizziamo questo vizio in maniera più dettagliata...
LA VERTIGINE DEL VUOTO
Il termine "vanità" viene dal suffisso latino vanus che significa "vano" nel senso che tu apri qualcosa è non trovi niente dentro, quindi vuoto. Prima del XIV secolo non aveva alcun significato narcisistico, ma era considerata una futilità, oggi invece ha acquistato il senso di auto ingiustificata idolatria. Quando è definita narcisismo, la vanità acquista una connotazione squisitamente patologica, perchè l'individuo è rinchiuso dentro al sua propria immagine, è una specie di auto erotismo mentale, cerca l'adorazione altrui (come se fosse davvero un Dio). Questo abisso psichico è più comune di quello che possiamo immaginare, basta pensare che siamo nell'era del selfie (protagonismo mediatico ed adorazione della propria immagine). Il vuoto interiore è magnetico, le persone vanitose attraggono, imprigionano, succhiano la tua attenzione. Si sento il centro dell'attenzione, tutti gli altri sono satellite in funzione loro. Ma quando scoprire l'anima del vanitoso ti spaventi: è solo vuoto, nulla, apparenza infinita, maschere, miraggi, allucinazioni emotive.
VANITA E VACUITA
Nonostante il suo significato originale sia cambiato nell'essenza resta la stessa cosa, perchè la vanità infondo è un apparenza vana vacua futile, è l'immagine in cui noi progettiamo tutti i nostri limiti, per questo il vanitoso crede di essere il più bello, il più intelligente, il più sensibile, etc. Il vanitoso è un megalomane, tutto quello che sente e crede lo vede gigante, anche se sa due parole di inglese pensa che sa parlare inglese, quindi non è soltanto una vanità a livello fisico, è vanitoso anche mentalmente, sentimentalmente, psichicamente. In poche parole fa lo stesso sbaglio di Dio: crea un essere a sua immagine e somiglianza ma in realtà è imperfetto, limitato, meschino, futile e Vano, vuoto di divinità. Dobbiamo liberarci da questa falsa divinità per combattere la vanità.
LA VANITÀ E' LA PUTTANA DELL'EGO
Per vanità si cede e si concede, si gonfia il petto e si svuota la testa, si guarda al proprio ombelico e si ignora la faccia delle persone più vicine. E' una debolezza umana perchè ci piace essere ammirati, apprezzati, ci piace il consenso, siamo cresciuti alla conquista di questa assurda accettazione degli altri come se non ci sentissimo degni di esistere se non ce lo dicono che siamo bravi, belli, buoni, intelligenti. Siamo molto poveri mentalmente e di fatto la vanità è un peccato di debolezza mentale. Non di rado le persone più vanitose sono anche stupide, perchè si svuotano, vivono nella loro esteriorità, fuori di sè. Come dice il proverbio "anche se parlate male di me, basta che se ne parli" come scriveva Albert Camus: “Anche dal banco d’imputato è sempre gratificante sentir parlare di sé”.
Il vanitoso quando saluta dice: "Ciao, come sto?"
Da non dimenticare il pianeta del vanitoso, un gioiello di riflessione nel Piccolo Principe
LA VIRTÙ STA SEMPRE NEL MEZZO
Come al solito vediamo le energie secondo la legge duale dello Yin-Yang. Al centro c'e la semplicità che significa la facilità, la naturalezza delle cose, dal latino singulus che significa Uno "essere uno o se stesso" quindi è l'essere in sintonia con il proprio essere (semplici nel ragionare, nel vestire, nel parlare, cioè parla, si veste, ragione per se stesso senza imitare nessuno). Tutto ciò che è complicato si allontana dall'Essere fino a farsi un immagine che non corrispondere all'essere se stessi e qui nasce la vanità, l'essere più di quello che si è e si crede di essere, è una vibrazione in eccesso dell'Ego. Quando manca questa energia nell'essere si va all'altro estremo: il disprezzo di se stessi, la bassa autostima, ci si sottovaluta, ci neghiamo i piaceri della vita per punirci, non accettiamo mai un regalo, un complimento, fuggiamo da chi ci vuole conoscere perchè ci sentiamo non meritevoli (fate attenzione a non confonderlo con umiltà come spesso si spaccia questo vizio per virtù), questo vizio opposto porta la persona all'odio di sè, un suicidio psicologico lento e quotidiano, manifestazione una mancanza totale di amore ed apprezzamento nei primi anni dell'infanzia.
LA DIFFUSIONE DELLA VANITÀ
Il nostro è un mondo dello spettacolo quindi un teatro universale dove le persone seguono un copione, come la moda, le apparenze, il presumere che si ha di più, la concorrenza, quindi siamo stati infetti dal virus del protagonismo, la maggioranza cerca di apparire, di essere al centro dell'attenzione e di fare la star o il divo, anche nel piccolo ambito degli amici, della famiglia, dei compagni a scuola c'è sempre la gara a chi è il più figo, tutto questo scenerio è vanità pura, perchè spinto da vacuità e da forme o maschere senza sostanze. Chi sfugge a questa follia collettiva ovviamente viene catalogato come un sempliciotto, un fuori posto, uno che non è alla moda e viene dettagliato fuori dal sistema perchè la persona non vanitosa non conta, non apare, non si mette in mostra.
LUSSURIA
Facciamo subito una precisazione, quando si dice lussuria tutti pensano al sesso sfrenato, invece questa parola nei suoi origini era molto più ricca e profonda di significato. Deriva dal latino Luxuria che significa “abbondanza” ma in senso di esagerato, infatti quando i gladiatori si rompevano le ossa di diceva "Luxus" cioè “lussazione-spostamento, dislocato”, il lusso era qualcosa fuori posto, come diciamo noi "quando è troppo è troppo, è il colmo". La lussuria indica quindi l’esagerazione, il fanatismo del piacere non solo sessuale ma anche materiale, fateci caso le persone che vivono nel lusso sono stravaganti, hanno una lussuria emotiva, una avidità lussuriosa nei desideri, nei gusti e nei capricci. Nella Kabbalah troviamo nell'albero della morte la serirot Netzaj (la vittoria) bloccata da un Quolipoth o demone chiamato A'arab Zaraq che è la forza dell'edonismo puro, ci fa vedere la vittoria soltanto nella sazietà del piacere. Infatti noi crediamo che le persone che vivono nel lusso sono vittoriose, invece hanno assagGiato tanto e tutto della vita che non hanno più speranza e vivono in preda alla noia, alla ricerca costante di più adrenalina, esperienze nuove e sempre più al limite (per questo si cade nelle droghe e dei vizi estremi). E' la compulsione ed ossessione di un demone biblico, come vedremo chiamato Asmodeo.
LUSSO E LUSSURIA
Abbiamo già detto prima come etimologicamente il Lusso sia un esagerazione e quando le passioni diventano senza controllo diventano lussuria, qualsiasi passione. Dunque anche chi mangia fino a vomitare è un lussurioso del cibo, l'avaro è un lussurioso dei beni terreni, chi beve ha una lussuria per l'alcool, etc... Luxus in latino (lujo) è quando qualcosa va storto, fuori posto e fuori controllo (una spalla lussata significa fuori posto, slogata). Avendo la nostra società un trauma sessuale tutto lo spostamento della lussuria è passato al sesso (slogamento psichico). Il lusso è non curarsi delle cose, usarle fino a sfinirle, sprecarle, lo stesso col corpo, la lussuria, essendo un eccesso, porta la persona a non prendersi cura dell’oggetto del suo desiderio (il corpo) ed è così che, in taluni casi, degenera in adulterio, depravazione, violenza, incesto e pedofilia. Per la lussuria il corpo è solo carne, pezzi di desideri, spersonalizza il corpo dalla sua interezza, rendendolo privo di Anima e di emozioni. Infatti il lusso (luxus=slogamento psichico) nel sesso è farlo sempre ovunque e con chiunque. Il problema della lussuria è che la persona è vittima di se stessa, incapacità totale della volontà di controllare le proprie passioni.
Lusso lussurioso o Lussuria lussuosa?
Il lusso è una vibrazione così potente da stravolgere l'interno con l'esterno, svuota la passione in se stessa. Infatti è più facile guardare soltanto un corpo esternamente, guardarlo dentro l'anima è molto faticoso, se non hai uno sguardo interiore non ci riesci nemmeno, allora non ti resta che il Luxus, lo spostamento, lo slogamento esterno, vivere nella esteriorità, nella superficialità (la pelle, la nudità o nullità). La lussuria è quello: insensibilità, egocentrismo, solitudine, sottile disperazione e tendenza a banalizzare tutto per non accorgersi di quanto si è insensibili, egocentrici, soli e disperati dentro. C'è un detto che dice "buttare via la casa dalla finestra" ecco così è il lusso, è credere che più c metti cose più rendi tutto migliore, più colori ti metti nel trucco e più ti credi bella (invece il risultato spesso è da pagliaccio non un trucco semplice e naturale). Nella naturaleza non c'è il lusso, ma la giusta misura delle cose, un tramonto è bello per la sua semplicità non perchè è esagerato o lussuoso. Siamo noi che quando ci sentiamo scarsi vogliamo esagerare (Luxus), così nasce il lusso e la lussuria in ogni cosa.
LA VIRTÙ STA SEMPRE NEL MEZZO
Seguendo la legge della polarità scopriamo sempre come la virtù è l'equilibrio tra due estremi. Pudore viene dal latino "pudere" che vuol dire sentire vergogna, ma anche si ricollega alla radice indoeuropea pud = colpire, abbattere, a sua volta derivata dalla più antica radice sanscrita pau = sentirti colpiti, sentirsi in imbarazzo, vergognati. La parola vergogna è la chiave etimologica di tutto questo intreccio. In latino si dice "Verecundia" che è il rispetto per la verità, è la tendenza alla modestia, è la giusta misura tra l'intimità e lo spazio in cui lasciamo entrare gli altri. Infatti quando qualcuno invade questo nostro spazio ci vergogniamo, ci sentiamo in qualche modo colpiti, violentati, alcuni diventano rossi in faccia, come un allarme che ci avverte ce stanno invadendo uno spazio sacro. Quando ci manca questo pudore allora energia manca (manca la vergogna, il senso del buon gusto, del rispetto), non vediamo i limiti, per questo invadiamo il corpo e le cose degli altri donde la lussuria, invece quando l'energia è in eccesso il pudore diventa ripudio cioè una ripugnanza per tutto quello che è piacevole, gioioso, bello, tipico istinto dei moralisti, dei farisei, di chi pensa che odiano il piacere diventa integro e pulito quando in realtà non vede la bellezza di un qualcosa di naturale come è il diritto a godere in maniera giusto delle cose belle. Il pudore è come la modestia e la sobrietà, quando sei ebrio (ubbriaco) è perchè ti manca la ragione (la sobrietà, il pudore). Purtroppo il pudore è oggi una virtù sottovalutata, denigrata e mal compresa, non è più vista come un baluardo ma come una limitazione. L'esibizionismo moderno ci porta alla lussuria dei sensi, per questo oggi non c'è pudore nel parlare, nel vestire, nello spendere, nelle esigenze, etc pe rlo più è una falta di buon senso.
Asmodeo
La sua origine probabilmente deriva dalla contrazione dell'iranico Aeshma Daeva. E' lo spirito dle furore, della distruzione soprattutto a livello emotivo e sentimentale. Divenne un demone biblico che troviamo nel libro di Tobia. La Bibbia illustra la sua storia. Il demone Asmodeo si innamora di Sara e ogni volta che questa si sposa uccide il marito durante la notte di nozze, si intende nel momento dell'intimità. A livello metaforico l'intimità non è solo sessuale ma tutta la dimensione psicologia emotiva ed affettiva, per cui è una morte psicologica e ben sappiamo come una donna lussuriosa possa sfinire un uomo con le passioni, le pretese, i capricci, le gelosie e le perfidie (vale anche il contrario: quante volte un uomo può distruggere sentimentalmente una o molte donne).
Decodifichiamo il racconto biblico: il Padre di Tobia è cieco (è la nostra cecità o ignoranza ancestrale, il nostro passato, l'inconsapevolezza). Lo manda a riscuotere un debito in un paese lontano ( è il viaggio iniziatico, il debito è la verità che dobbiamo scoprire). In quelle terre scopre che c'è una giovane chiamata Sara che secondo la tradizione le aspetta per moglie (è l'anima, la nostra dimensione dell'amore a cui dobbiamo unirci). Ma è posseduta da un demone (Asmodeo è il piacere sfrenato per la materia che ucciderebbe Tobia, la ragione della vita). Sotto il consiglio di un compagno di viaggio (è la voce dell'intuizione, la voce interiore introspettiva, l'angelo Raffaele che significa guaritore) Tobia prende un pesce (animale che vive sott'acqua, in un altra dimensione, è simbolo dei valori dello spirito. Ricordiamo che gli apostoli venivano chiamati pescatori d'anime). Dal pesce doveva estrarre: il cuore, il fegato e la fiele. Col cuore e il fegato crea un incenso che allontana il demone, è simbolo della forza della volontà (fegato) e dell'amore spirituale (cuore) e col fiele una volta tornato dal padre fare un unguento negli occhi per riavere la vista (è simbolo del sapere vedere o accettare i mali, i dolori e i difetti dela vita, una volta che si fa pace con quel passato si acquista la vista cioè la conoscenza o ragione delle cose). Tobia riesce a far fuggire il demone dal corpo di Sara. L'odore è essenza, è il prodotto di un sacrificio (incenso, bruciarsi) è il lavoro del cuore e della forza d'animo (Fegato) per dominare e correggere il proprio carattere, vizi, traumi (Il male di Sara). E' un racconto allegorico molto profondo, istruttivo e bello. Dominare la lussuria con la rettitudine del cuore la forza della volontà (fegato) e la consapevolezza mentale (fiele).
LA DIFFUSIONE DELLA LUSSURIA
La diffusione è enorme perchè viviamo in un mondo dove la mentalità è stata indottrinata dal capitalismo e dal consumismo a perseguire ed adorare il lusso mascherato di benessere, capacità estetica e persino artistica, ma come avviene con i vizi, la pulsione inconscia che si nasconde dietro è tutt'altro: un vuoto disordinato, una fame insaziabile, una mancanza di identità che si deve coprire il più possibile con quante cose più possibili possiamo avere e non sono cose ma anche persone da usare, sfruttare, dominare. In un mondo di tenebre tutto deve brillare in maniera lussuosa o lussuriosa: Avere la macchina più grande e più veloce, i vestiti più costosi, il conto in banca più gigantesco... sono tutte tendenze lussuriose che ormai le persone non ci fanno caso, anzi per loro è normalissimo volere, desiderare ed agire in quel modo.
LUSSURIA
È il guardare qualcuno (anche se stessi)
vedendo solamente il corpo.
All’inizio dà sollievo
perché guardare un corpo è meno complicato
del voler scoprire una personalità.
CONSEGUENZE DELLA LUSSURIA: insensibilità,
egocentrismo, solitudine, sottile disperazione,
– e tendenza a banalizzare tutto
per non accorgersi di quanto si è insensibili,
egocentrici, soli e disperati.
DIFFUSIONE DELLA LUSSURIA: ci passi per forza,
te la insegnano fin dall’adolescenza,
e il guaio è che quando ci ricaschi
«ti sembra di essere ancora un ragazzino»
e te ne vanti.
COME USCIRNE: desiderando di più;
se desideri qualcuno, desidera anche la sua anima,
il suo passato, il suo futuro, i suoi segreti,
tutto.
LA TRISTEZZA
I filosofi più antichi la considerarono uno tra i peccati capitale ed è una "tristezza" che la chiesa l'abbia esclusa dai primi 7, di fatto è una passione che colpisce prima o poi a tutti gli esseri umani e rivela come sia squilibrato anche il mondo in cui viviamo che la fomenta. Per noi è la più pericolosa di tutte le 10 passioni o vizi o peccati che noi analizziamo sull'albeor della vita, perchè mentre tu puoi riconoscere il disordine delle altre passioni (come la superbia, l'ira, la lussuria, etc) la tristezza si presenta non con la forza violenta ma con la debolezza ed infonde compassione, ha un fascino di introspezione e nostalgia, infatti si confonde con la malinconia. E' un demone superbo che adora se stesso nella sofferenza. Infatti un iracondo ci fa ribrezzo e ci allontaniamo mentre una persona triste ci fa pena e ci avviciniamo, è molto contaggiosa la tristezza. E' un sentimento perverso chiuso che guarda sé medesimo e che trova, addirittura, nella sofferenza il suo alimentarsi. Ci si sente coccolati dalla stessa tristezza, ti culla e non ti abbandona. Colpisce al cuore dell'albero dela vita, la serifort della bellezza (Tiferet) e ti fa vedere tutto brutto, è il demone Thagirion.
Il Demone della Tristezza gode della frustrazione, della sofferenza e della tragedia, propria e altrui. In quanto adorata la tristezza diventa una divinità e vi troviamo la dea Oizys che ti sprofonda negli abissi del dolore dell'anima, facile da confondersi con sentimenti di pietà, compassione, falsa bontà e comprensione. Adesso approfondiamo più da vicino questo vizio capitale....
TRISTEZZA O AFFLIZIONE?
Innanzitutto dobbiamo distinguere due emozioni che sembrano uguali ma in realtà hanno un soggetto diverso. E' normale che di fronte ad alcune situazioni brutte noi ci sentiamo afflitti, colpiti, turbati e questo ci produce pena, dolore, afflizione. Ecco questo sentimento noi lo chiamiamo anche tristezza ma quando produce un emozione che ci apre agli altri, che ci porta a pentirci ed al cambiamento è salutare, mentre la tristezza come vizio porta a chiuderci dentro il dolore, non ascoltare nessuno e dare soltanto la colpa agli altri. Nel nuovo testamento è scritto: “la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte” (2Cor 7,10). Il dispiacere spinge ad una metànoia (rivoluzione interiore), ad una conversione, ad un sano dolore che porta ad un movimento di comunione e di verità con Dio. La tristezza no, resta rinchiusa nel senso di colpa, anzi cerca l’essere nel non essere e nell’abbrutimento dell’essere stesso. Questo circolo vizioso genera una quantità di demoni o vizi, tutti figli della tristezza: la disperazione, l'ira, il senso di colpa e solitudine.
IL CONFINE MALIGNO DELLA TRISTEZZA TRA IL DOLORE E IL VIZIO
Dunque dopo aver analizzato la distinzione tra la sana tristezza che ci apre al cambiamento e la malsana tristezza che ci chiede ermeticamente nel dolore, dobbiamo imparare a difenderci a questo sentimento perchè le persone triste attirano compassione, attraggono pietà e spesso ci incastrano nel loro dolore, la tristezza è molto contagiosa. La tristezza crea un mondo immaginario, dove tutto avrebbe potuto essere diverso e lo rimpiange. Il dolore sorge proprio del non sapere accettare la realtà. Anche Gesù ha conosciuto la tristezza di fronte alla prospettiva della morte, è stato «preso da paura e angoscia» (cf. Mc 14,33) ma l'ha vinta accettando la crudele realtà. Fate attenzione, il demone della tristezza colpisce spesso anime molto elevate che sono molto empatiche e sensibili e riescono a comprendere il male con facilità, mentre le anime stolte cercano sempre di apparire felici e fuggono la tristezza con mille passatempi anche stupidi, ma si liberano più facilmente da questa tristezza demoniaca, mentre l'anima sublime ne resta facilmente prigioniera, perchè non sanno come metabolizzare la tristezza con la rassegnazione del male. Qui nasce la depressione, il male di vivere che spesso porta al suicidio. Ecco perchè lo consideriamo il vizio peggiore, porta anche alla morte mentre gli altri vizio no (la gola ti può portare alla morte per una malattia contratta dalla cattiva alimentazione ma non è una morte cercata faccia a faccia con la violenza come lo è il suicidio). La persona triste in qualche modo è ferita e si sente vittima, questo dolore lo succhia tanto che si diventa cinici, freddi, insensibili, distaccati e distanti, ed incapaci di gioia.
LA VIRTÙ STA SEMPRE NEL MEZZO
Come al solito torniamo a misurare le energie in questo vizio. Al centro l'equilibrio è l'allegria che è un virtù, è la capacità di essere in armonia con le cose, quindi capere vedere l'essenza dele cose per cui una nuvola nel cielo non ti condiziona il tuo stato d'animo e neppure hai bisogno di sole per essere allegro, sai godere in ogni cosa, sai vedere la bellezza sia della pioggia che della giornata di sole. Quando la persona allegra trova qualcuno o qualcosa di essenzialmente brutta diventa neutra, la evita, si difende ma non per questo cambia il suo animo, è contenta lo stesso di aver evitato quel male mai resta lì a subirlo e lamentarsi. La mancanza di questa energia produce quindi la tristezza, l'incapacità di vedere la bellezza delle cose e la conseguenza persino a buon fine delle cose o gli eventi brutti. L'eccesso invece di questa energia produce lo squilibrio dell'ueforia. E' uno stato patologico dove il Io deve scarica un peso insopportabile ma lo fa nascondendosi nell'allegria e esplode di gioia, di felicità, di urla di entusiasmo ma sono tutte finte, lo si fa spesso anche sotto gli effetti della droga e dell'alcool. Se analizziamo grandi personaggi della letteratura che erano euforici troviamo in loro casi di bipolarismo: Mozart esplodeva in risate e parolacce in mezzo ad aventi feste solenni. Virginia Woolf aveva sbalzi di umore dalla bellezza per un furore al delirio suicida di sterminare tutti i fiori. Hemingway contemplava la grandezza del creato e poi si sommergeva in un bottiglia di alcool fino a crepare per terra ubbriaco rimpiangendo il Nulla. Charles Bukowski passava dall'apprezzamento di un amicizia alla maledizione per tutto il genere umano. Van Gogh si perdeva nei colori per poi spuntare nella notte più buia dei suoi dolori e frustrazioni. Tolstoj, Nietzsche, Schopenhauer, etc.. la lista è infinita, instabili di sicuro lo erano un po’ tutti questi geni che hanno saputo annegarsi nella tristezza e di tanto in tanto esplodevano con le loro euforiche opere d'arte.
La diffusione della tristezza nel nostro mondo è enorme, ma è subliminale cioè non si vede, anzi si diffonde sempre un messaggio di allegria in tutte le pubblicità: belle case, belle macchine, delle famiglie unite e sorridenti, bei vestiti, tutto è bello (ricordiamo la sefirot Tifaret della bellezza contro cui la tristezza blocca la sua energia). Invece dietro questi messaggi martellanti si nasconde l'impossibilità di raggiungere per la massa quello standard sociale, perchè è la carota davanti al coniglio programmata per trascinare l'illusione e dietro le illusioni ecco che spuntano le tristezze di ogni genere. Il male è accovacciato dietro l'angolo. Pensate che la tristezza è così profonda che è uno dei peccati capitali che più lascia segni fisiologici in noi: pupille piccole (poca luce), tono della voce lento e basso (poca vibrazione che tende a spegnersi), i muscoli facciali perdono di rigidità, talvolta manifestando inespressività, la fronte tende a corrugarsi, gli angoli della bocca sono rivolti verso il basso, arrivando persino a livelli di disturbare il sonno e la digestione, per questo la tristezza cronica ci porta ad uno squilibrio sia col sonno che col cibo: o si dorme sempre (tendenza a cercare di non esserci, quindi morte) o si dorme pochissimo, oppure si mangia in eccesso o non si mangia quasi nulla (altra tendenza di morire privandosi del cibo). Nella Genesi Dio capì la disperazione di Caino dal suo volto: "«Perché è abbattuto il tuo volto (triste)? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo» (Ge 4,6-7).
L'IRA
E' uno stato psichico alterato capace di rimuovere i freni inibitori che normalmente teniamo nascosti, per questo la persona in preda all'ira è imprevedibile, può dire tante verità che trattiene, persino diventare violenta fisica o verbalmente. Si scoppia come una valvola di sfogo o verso la fugga o l'attacco. L'iracondo si sente minacciato o provocato. Nell'albero della vita si blocca la sefirot della Guevurà cioè la forza e l'energia si accumula in maniera disordinata, infatti l'armatura o quolipoth corrispondente è il demone Golajab che vuole dominare, sottomettere, schiacciare gli altri. Nella Bibbia c'è un allusione diretta al demone dell'Ira chiamato Amon. La si considera sempre negativa, per alcune correnti filosofiche è una piccola parentesi di follia, ma Aristotele invece, attribuiva un certo valore alla rabbia che sorge come una rivendicazione di giustizia a seguito di un torto subito, quindi l'ira come auto difesa è un arma naturale e salutare, persino Gesù al tempo di adirò contro i mercanti e li scaccio con la violenza. Dobbiamo quindi soffermarci come al solito ed indagare più in profondità la natura dell'ira.
IRA
È la diretta conseguenza dell’aver ragione.
Chi pensa di aver ragione chiude il suo campo visivo
perché se si guardasse intorno potrebbe avere dubbi;
e per proteggere la propria chiusura si irrita,
parla forte per non sentire, aggredisce
e odia.
DIFFUSIONE DELL’IRA: è stata, a lungo,
il vizio principale dell’Occidente
quando, per ira, sterminavamo popoli interi
che ai nostri occhi avevano torto
a vivere diversamente da noi.
CONSEGUENZE DELL’IRA: ottusità,
stasi, profonda noia interiore inconfessata,
rancori, e in seguito rimorsi e rimpianti;
si sa: nella vita o hai ragione o sei felice.
COME USCIRE DALL’IRA: ogni volta che sostieni un’idea
chiedi all’interlocutore, con sincera curiosità:
«E tu cosa ne pensi?»
Prendi questa abitudine.
Fa miracoli.
- Igor Sibaldi -
L'IRA UMANA E DIVINA
E' un impulso che conosciamo tutti, anche con diversi termini: furia, collera o più comunemente ed impropriamente come rabbia. E' uno scatto interno, come uno scoppio vulcanico capace di rompere i nostri freni inibitori. Per Platone l'anima ha un compito razionale ed è quello di regolare, come le briglie con i cavalli, alcuni impulsi, due per la precisione: la parte oscura, la brama, con parola più tecnica «concupiscenza» (epithymía) nell’ambito degli «appetiti» e poi la parte chiara, nel campo delle «repulsioni», lo «sdegno» (thymós) o irascibilità. Se vi s’installa un’abitudine cattiva, cattiva per il cattivo uso, ossia l’abuso, l’eccesso dello sdegno, quel vizio non è più l’«irascibilità» in sé, in latino ira, ma l’iracondia, ossia la smania di vendetta col far del male, la «libidine di vendicarsi». Nell'ira quindi perdiamo le staffe, le briglie:
Impedit ira animum , ne possit cernere verum.
L'ira impedisce all'animo di vedere la verità. E di fatto chi è in preda all'ira è come accecato, la ragione non agisce più. Dunque c'è un punto in cui l'ira diventa cattiva, peccaminosa iracondia (ira mala), il che ci fa valutare anche, come diceva già Aristotele, che esiste anche un moto di ira giusto, valido, che sorge a seguito di un torto subito, essendo funzionale a prevenire le ingiustizie, basta pensare all'ira di Gesù al tempi che manda a calci e pugni via i commercianti che fanno della religione un negozio.
L'IRA DEI DEBOLI
Si pensa che l'ira sia una manifestazione delle persone violente, forti, molto potenti che scoppiano, invece spesso non è altro che una reazione che ha radici in una debolezza interiore, è una strategia di fronte alla paura; Il processo dell'ira tende a farci sentire pienamente giustificati nella nostra percezione della realtà. Dunque è l'urlo del debole che vuole salvare a tutti i costi i suoi limiti e nascondere le sue ferite.
D'altra parte è da valutare l'ambiente di intolleranza sociale nel quale viviamo oltre che alla violenza gratuita che viene pubblicizzata in videogiochi e film di ogni genere, per non parlare poi del linguaggio spesso sottolineato in forma di violenza inutile sotto forme di parolacce e prese in giro appunto violente. Tutto questo contribuisce a vivere sempre con l'ira in agguato.
È la diretta conseguenza dell’aver ragione.
Chi pensa di aver ragione chiude il suo campo visivo
perché se si guardasse intorno potrebbe avere dubbi;
e per proteggere la propria chiusura si irrita,
parla forte per non sentire, aggredisce
e odia.
DIFFUSIONE DELL’IRA: è stata, a lungo,
il vizio principale dell’Occidente
quando, per ira, sterminavamo popoli interi
che ai nostri occhi avevano torto
a vivere diversamente da noi.
CONSEGUENZE DELL’IRA: ottusità,
stasi, profonda noia interiore inconfessata,
rancori, e in seguito rimorsi e rimpianti;
si sa: nella vita o hai ragione o sei felice.
COME USCIRE DALL’IRA: ogni volta che sostieni un’idea
chiedi all’interlocutore, con sincera curiosità:
«E tu cosa ne pensi?»
Prendi questa abitudine.
Fa miracoli.
- Igor Sibaldi -
L'IRA UMANA E DIVINA
E' un impulso che conosciamo tutti, anche con diversi termini: furia, collera o più comunemente ed impropriamente come rabbia. E' uno scatto interno, come uno scoppio vulcanico capace di rompere i nostri freni inibitori. Per Platone l'anima ha un compito razionale ed è quello di regolare, come le briglie con i cavalli, alcuni impulsi, due per la precisione: la parte oscura, la brama, con parola più tecnica «concupiscenza» (epithymía) nell’ambito degli «appetiti» e poi la parte chiara, nel campo delle «repulsioni», lo «sdegno» (thymós) o irascibilità. Se vi s’installa un’abitudine cattiva, cattiva per il cattivo uso, ossia l’abuso, l’eccesso dello sdegno, quel vizio non è più l’«irascibilità» in sé, in latino ira, ma l’iracondia, ossia la smania di vendetta col far del male, la «libidine di vendicarsi». Nell'ira quindi perdiamo le staffe, le briglie:
Impedit ira animum , ne possit cernere verum.
L'ira impedisce all'animo di vedere la verità. E di fatto chi è in preda all'ira è come accecato, la ragione non agisce più. Dunque c'è un punto in cui l'ira diventa cattiva, peccaminosa iracondia (ira mala), il che ci fa valutare anche, come diceva già Aristotele, che esiste anche un moto di ira giusto, valido, che sorge a seguito di un torto subito, essendo funzionale a prevenire le ingiustizie, basta pensare all'ira di Gesù al tempi che manda a calci e pugni via i commercianti che fanno della religione un negozio.
L'IRA DEI DEBOLI
Si pensa che l'ira sia una manifestazione delle persone violente, forti, molto potenti che scoppiano, invece spesso non è altro che una reazione che ha radici in una debolezza interiore, è una strategia di fronte alla paura; Il processo dell'ira tende a farci sentire pienamente giustificati nella nostra percezione della realtà. Dunque è l'urlo del debole che vuole salvare a tutti i costi i suoi limiti e nascondere le sue ferite.
D'altra parte è da valutare l'ambiente di intolleranza sociale nel quale viviamo oltre che alla violenza gratuita che viene pubblicizzata in videogiochi e film di ogni genere, per non parlare poi del linguaggio spesso sottolineato in forma di violenza inutile sotto forme di parolacce e prese in giro appunto violente. Tutto questo contribuisce a vivere sempre con l'ira in agguato.
La Bibbia usa un termino molto eloquente e meraviglioso: "l'ira della colomba", per indicare persone che sono di animo buono ma prima o por si riempiono di ingiustizia subita e devono scaricare l'accumulo di negatività, l'ira funge di sfogo per evitare che la psique scoppia, ovvio si scoppia a livello fisico con pianti, urli, spaccando un bicchiere, etc... ma questi sono i mali minori, bisogna trovare mezzi o canali costruttivi dove scaricarci (ci avete mai pensato come per esempio il sesso sadomasochista sia un mezzo per scaricare violenza esorcizzandola nel piacere consensuale?), avete mai sentito la musica di Beethoven quando sia violenta? oppure il Heavy metal? sono forme sane di scaricare tensione. Le pennellate di alcuni pittori nei loro quadri sono davvero coltellate di dolore, tutto scarico di ira.
I MILLE VOLTI DELL'IRA
I MILLE VOLTI DELL'IRA
L'Ira ha tantissimi modi di manifestarsi, come ogni forza può essere esplosiva o implosiva (Yang e Yin) cioè esiste un ira aggressiva ed un ira passiva. Quella aggressiva la riconosciamo facilmente:
distruggere oggetti, sbattere le porte quando si va via, ferire animali, insultare le persone, abusare di droga, rifiutare di perdonare, rievocare ricordi spiacevoli, umiliare, intimidire o perseguitare le persone, prendersi gioco o schernire i deboli, rifiutare l'aiuto di chi è in difficoltà, compiere atti di teppismo o piromania. Comportamenti spesso associati al consumo di alcol e droghe.L'ira passiva è molto più sottile e non sempre tutti ce ne rendiamo conto che sotto bolle un vulcano: voltare le spalle agli altri, tirarsi indietro e diventare fobico, manifestare indifferenza, tenere il muso o fare sorrisi falsi. Pettegolare e parlare male persino con falsità sugli altri, questa è un ira coatta, evitare il contatto visivo, minacciare in modo anonimo, essere eccessivamente disponibili, accontentarsi di una seconda scelta, rifiutare aiuto, scusarsi eccessivamente, autocriticarsi ed accettare ogni umiliazione sono atti di ira contro se stessi, un odio inconscio su se stessi. Per ultimo molte persone che abbondano nei social (li chiamano leoni della tastiera) che vivono imprecando, insultando tutti, facendo commenti di mal gusto soltanto per il piacere di creare litigi, sono iracondi virtuali (in rete).
LA VIRTÙ STA SEMPRE NEL MEZZO
Adesso tocca soppesare il vizio dell'ira sulla bilancia delle energie del mondo duale (yin-Yang). Abbiamo visto come l'ira è un eccesso squilibrato di reazione contro un malessere, è esagerato perchè la persona iraconda serba dentro una ferita nascosta e siccome non la vede se la prende con chiunque, si arrabbia per nulla, dunque inutile dirglielo perchè esplode ulteriormente. Sono persone ferite, che hanno subito spesso grande ingiustizie e devono fargliela pagare al mundo intero. Ma attenzione, questa sensibilità contro l'ingiustizia è un bene, fa parte della nostra natura, se ti pungono con un ago e tu non senti nulla allora dovresti andare da un medico, non è normale essere insensibili ed ecco qui quando l'energia è mancante, quando non hai nessun istinto irascibile, sorge l'apatia. E' una parola greca che significa "a" sin e "pathos" sentir quindi senza sentimento (pensate anche alla parola psicopatico cioè uno che on ha una connessione con la sua psique) l'apatia è un vuoto, sono persone che non manifestano alcuna emozione e di conseguenza neppure pensieri, ideali, sogni, nulla, sembrano morte in vita. L'equilibrio invece è una virtù che oggi è persino malintesa o dimenticata: la mansuetudine che denota mitezza o docilità naturale o acquisita, la capacità di venire incontro o di adattarsi a necessità o esigenze. Il mansueto neutralizza l'ira perchè comprende da dove viene il dolore, non se la prende con nessuno, ma molti confondono il mansueto con il tonto che non agisce, invece il mansueto non agisce perchè sa che è inutile discutere con gli ignoranti e questa sua consapevolezza le da pace e certezza, non ha bisogno di alzare la voce come l'iraocndo per credere che chi più urla è quello che ha ragione.
Aamon
Aamon (anche Amon) è un demone nominato spesso nella demonologia cristiana. In demonologia, Aamon è uno degli aiutanti di Astaroth. Conosce il passato e il futuro. È in grado di provocare l'amore. Crea confusione nella mente di coloro i quali gli si oppongono. Secondo alcuni autori, possiede quaranta legioni di demoni, avendo così il titolo di "principe". I demonologi hanno associato il suo nome a quello del dio egizio Amon o al dio cartaginese Ba'al Hammon. Nella Bibbia non c’è un’allusione diretta a lui, al sentimento non ordinato né controllato dell'ira. Viene legato alla negazione della verità, e le sue grandi opere sono l’omicidio, l’assalto, la discriminazione e in casi estremi il genocidio. Probabilmente è ispirato al dio egizio Amon, contro il quale gli ebrei portavano rancore a causa della sottomissione del loro popolo all'impero egizio (il riflesso della loro Ira). Aamon ha testa di civetta, parte anteriore del corpo con due zampe di lupo e parte posteriore che termina con una coda di serpente. Simbolicamente è come l'ira, tanti aspetti terrificanti ma nel suo insieme è ingombrante e quasi inutile perchè essendo metà rettile e metà a due zampe si muove in maniera ambigua e goffa
LA DIFFUSIONE DELL'IRA
In fondo l'iracondo ha subito un torto e questo lo porta inconsciamente a volere avere sempre ragione, per questo quando le cose non vanno come lui pensa e vuole si arrabbia sempre. Il nostro è un mondo tecnologico quindi che tende alla perfezione, le macchine ci hanno fatto credere che tutto è funzionale, perciò quando una cosa non funziona ci arrabbiamo subito (basta che vada via la wifi per vedere la gente imprecare ed urlare). Anche la mentalità scientifica ci ha insegnato che dobbiamo avere sempre ragione, chi è in torto è un fallito, è condannato quindi non avere ragione alimenta subito i sentimenti di ira. Infatti se guardare le persone iraconde sono ottuse, hanno una sola angolatura della realtà e pensano che quella sia l'unica giusta, hanno paura del confronto, di vedere che ci sono altre possibilità, per questo si chiudono e disprezzano. La diffusione dell'ira è enorme nel nostro mondo, perchè i messaggi tendono sempre di più all'intolleranza e al dominio sugli altri e quando ciò non avviene scoppia la bomba.
LA SUPERBIA
Questo è per molte filosofie il peccato più letale della psique o anima umana, il più grave in senso di peso perciò l'ego sprofonda nella sua dimensione divina, crede di essere sempre il migliore (super, superbo= superiore). Infatti è il peccato di Satana per eccellenza fino a credersi superiore allo stesso Dio. In noi è uguale: abbiamo un immagine di noi stessi così elevata che esce dal campo della ragione, per questo il superbo è incapace di fare autocritica, vive in isolamento, con un disprezzo cinico dell'altro, spesso si autodefinisce un giusto incompreso e perseguitato, cadendo nel vittimismo. Nell'albero della vita blocca la sefirot dell'amore (Jesed) e diventa una maschera, una chiusura ermetica (Quolipoth) chiamato con il demone di Satariel, è quell'istinto furbesco che usa l'amore come un arma per attirare a se tutta l'attenzine altrui, tipico dle superbo. Il demone biblico invece è Belial, in alcuni casi identificato come il serpente che tentò Eva, esattamente come avvenne per la figura mitologica demoniaca di Asmodeo; pare che fosse adorato dai Sidonii, e fu anche il 68° spirito nel testo della Piccola Chiave di Salomone. Tutti i suoi domini sono nelle tenebre, e il suo scopo è quello di portare cattiveria e senso di colpa.
IL PECCATO DEGLI DEI
Il fondamento della superbia è il culto di sè, la propria adorazione, per questo la confondiamo spesso con l'orgoglio. I superbi credono di essere (come gli ebrei) il popolo eletto, credono di essere l'unica religione vera, credono di essere la razza pura (i nazisti) di essere il popolo più ricco del mondo (imperialisti), il peccato degli dei che credono di essere l'Unico vero, insomma credono di essere gli unici (complesso di superiorità dei figli unici). Derivano da ciò: razzismo, sessismo e disprezzo per tutti gli altri che hanno meno capacità, meno riconoscimento sociale, meno bellezza o meno ricchezza. Ma i superbi hanno tutte fondamenta materialistiche, per quello il tempo li butta giù dal loro trono: i belli invecchiano, i ricchi subiscono perdite o malattie, i potenti cadono, il successo passa, etc... In base agli insegnamenti buddhisti, l'amore morboso di sé diventa la radice di tutte le malattie mentali. Infatti la superbia sgorga nella vanità, nella lussuria, nell'avidità, nell'invidia... porta con sè una valanga alimentando tutti i vizi.
LO STIMOLO COATTO DELLA SUPERBIA E' DIVINO
Ci avete mai fatto caso quanto è contradittorio il messaggio centrale della fede biblica e in particolare cristiana? E' davvero superbo, guardate: Se Dio mi crea a sua immagine, noi nasciamo con l'sitinto di farci un idea nostra con un immagine divina, quindi superiore a noi stessi. Poi il peccato sublime (superbo) è quello di satana: vuole essere uguale a Dio (Isaia 14,14: "Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo”), e cosa ci chiede Gesù nel vangelo? la stessa cosa: "siate perfetti come lo è il padre vostro celeste" (Mt 5,43-48) Dov'è allora il malinteso? E' che non capiamo che Dio essendo una nostra qualità psichica, facciamo tutto senza consapevolezza (senza Dio), è come credere di essere sè stessi quando in verità siamo falsi, imitiamo, siamo dei copioni, seguiamo le mode, imitiamo idoli e personaggi famosi. È il voler eccellere, ma avvertendo la necessità di calpestare gli altri e finiamo per calpestare di più a noi stessi perchè queste strutture mentali squilibrare in psicologia si chiamano "demoni". In poche parole la vera spiritualità scopre le illusioni, quella falsa le crea. Ricordiamo il dilemma iniziale: se sono immagine di Dio allora in qualche modo già sono uguale a lui, perchè devo allora credermi uguale?: perchè non lo sento o non lo vivo e quindi sono infedele ala mia essenza.
SUPERBIA
È il non voler mostrare i propri talenti
perché tanto la gente non li merita.
In realtà, solo se non fai sapere quanto vali
puoi illuderti di valere moltissimo.
CONSEGUENZE DELLA SUPERBIA: paura di agire,
camuffata da vanità, da disprezzo per gli altri.
Senso costante di frustrazione,
camuffato da senso di superiorità.
Odio per chiunque crei qualcosa.
Odio per chiunque apprezzi una creazione.
DIFFUSIONE DELLA SUPERBIA: alta tra le persone colte,
altissima tra le persone semi-colte
(cioè tra quelli che hanno leggiucchiato qualcosa).
COME USCIRNE: quasi impossibile.
La superbia è fatta di pigrizia e narcisismo,
che sono tendenze facili e gratificanti;
per liberarsene bisogna faticare
e cambiare radicalmente idea su se stessi.
Pochissimi ci riescono.
IGOR SIBALDI
DIFFERENZA TRA SUPERBIA E ORGOGLIO
Per capire le frontiere quasi impercettibili di questi vizi dobbiamo conoscere l'anima. Difficile farlo qui in un post. Sintetizzando il nostro Ego es una parte neutrale (centrale) quando perde il centro diventa egoismo e si chiude (l'ego naturale è aperto, non è un cerchio ma una spirale). Quando ci si compiace di questa chiusura sorge l'orgoglio (l'egoismo è il padre, l'orgoglio è il figlio, infatti spesso diciamo ai nostri figli "sono orgoglioso di te). Quando vogliamo difendere ed imporre questa chiusura diventa superbia (lo spirito). Queste 3 spinte sono una trinità diabolica sorta da un amore squilibrato per se stessi.
LA VIRTÙ STA SEMPRE NEL MEZZO
Torniamo a misurare le energia sulla bilancia dell'equilibrio yin-yang. Abbiamo già spiegato come la superbia sia la considerazione eccessiva dell'Ego che crede di avere un immagine di se stesso superiore alla realtà. L'estremo opposto quindi sarebbe quello che crede di avere un Ego inutile, un personalità insignificante, qui parliamo di pusillanimità. Etimologicamente significa "anima piccola" dal latino pusillus piccolo, diminutivo di pusus ragazzo, e animus animo. Tutto lo contrario dal superbo che è "anima gigantesca". La pusillanimità è una profonda inerzia, piena di timori, il giudizio sulla quale è però addolcito da una connotazione di immaturità. Non crede in se stesso, non vuole partecipare a nessuna azione perchè in partenza è sicuro che non ce la fa, ma non per insicurezza ma infondo ha già deciso che è un incapace e con questo atteggiamento malato cerca di attirare su di sè l'attenzione ma una volta avuta l'attenzione pensa pure che non la merita e la rifiuta. Al centro invece c'è l'equilibrio, la modestia che significa moderarsi e sapere stare al proprio porto (moderare, modo, viene dal latin modus = misura, quindi sapere mettersi nel tuo posto, dove c'entri, nella tua misura). La persona modesta non esagera, nè troppo poco nè assai troppo, sa prendere le misure (mode stia) giuste.
LA DIFFUSIONE DELLA SUPERBIA
E' altissima la diffusione della superbia nel nostro mondo, più alta è meglio è, perchè più superba si dimostra. Viviamo in un mondo dove si tende alla superiorità senza averne conto di nessuno, facciamo a gomitare gli uni contro gli altri pur di salire in alto o andare avanti. Il peggio è che i più superbi lo fanno con stile, con garbo, come dicono loro "con intelligenza": “Posso dire la mia modesta opinione?”, infatti hanno imparato ad usare persino le parole contrarie per proteggersi quindi si ritengono dei folli, dei rivoluzionari, degli illuminati, dei progressisti e tutto con molta modestia, ma dire “modesto” in questo caso è puro formalismo, falso ed edulcorato, untuoso formulario.... "modestia a parte" come si suol dire, il più falso galateo pullula tra i più dotti, il mondo di chi ci governa è uno sciame di superbia.
LA GULA
Questo vizio come la lussuria è stato sempre polarizzato in un solo estremo o focalizzazione, per lussuria la maggioranza intende soltanto il sesso, mentre per gula o glotonería si intende soltanto il piacere esagerato per il cibo, invece c'è molto altro: la parola gula viene dal latin que significa garganta, ma a sua volta dalla radice indoeuropea gwel che significa ingoiare senza limite. Fermiamoci un attimo: non vi sembra uguale questo vizio all'avidità? l'avido per il cibo è un goloso, l'avido per il denaro è un avaro, l'avido per il sesso un lussurioso, etc... La gula invece è l'istinto vuoto che non sappiamo come riempire interiormente, per questo il ghiottone divora non solo cibo ma di tutto, sentimenti, idee, passioni, divora il tempo delle persone, divora relazioni, dunque mentre l'avarizia accumula fuori la gula intasa dentro. La sefirot energetica che si blocca è la binà (la conoscenza), infatti il demone che annebbia è Satariel, colui che non vuole sapere nulla, vive senza ragioni, fa esperienze di ogni tipo senza ricavarne insegnamento alcuno. Nella Bibbia viene chiamato Belzebù etimologicamente significa “Il Signore delle Mosche”, e questo termine era usato dagli ebrei per deridere gli adoratori di Baal. È collegato all’appetito smisurato a livello di mangiare e bere.
NON SOLO DI PANE VIVE L'UOMO
E' ben nota questa sentenza evangelica in cui ci rammentano che oltre al cibo materiale dobbiamo anche nutrire l'anima, per questo a livello psicologico tutti i vizi alimentari sono collegati ad una fase orale infantile, quindi profonde insoddisfazioni emotive ed affettive, lo scopo è riempire un vuoto interiore come la pancia dell'anima, proiettandolo nelle cose quindi una patologica ricerca di ricompensa e/o sollievo attraverso l'uso di una sostanza, cose o altri comportamenti, dunque mangiare a dismisura, fare shopping senza freni (anche questo è un vizio di gola), bere e fumare e persino chi non sta mai zitto e parla e pettegola senza posa (sono tutti rapporti orali squilibrati). Dunque è una compensazione interiore che si progetta all'esterno e si fissa sul cibo, sugli oggetti e anche sulle persone, si pensi a chi divora rapporti e succhia l'amore di una persona fino a sfinirla, oppure figli che divorano il tempo e la vita dei genitori, sono tutti ghiottoni emozionali.
LA GOLA E' PIU CHE UN VIZIO
La gola pur essendo stata catalogata come un peccato capitale, se ben analizzata si trova in quasi tutti i peccati come un moto di spinta, una forza che rafforza e conferma altri vizi: il lussurioso è un goloso del sesso (infatti la parola greca Porneia - Πορνεία - da dove deriva pornografia significa amore per la carne), l'avaro è un goloso del denaro, il superbo è un goloso dell'Ego, l'invidioso è un goloso del parere altrui, etc... La gola è quindi un buco nero (garganta) attraverso il quale il vuoto interiore dell'anima assorbe e divora tutto. Il peccato di gola consiste nel voler riempire un anima vuota d’amore con cose, cibo, denaro e persone. La gola è il peccato dell’insaziabilità su tutti i piani materiale e spirituale per questo dobbiamo analizzare bene come intasa il flusso energetico della Binà nell'albero della vita.
LA GOLA DEL PENSIERO
A livello più sottile il vizio di gola nell'albero della vita blocca la sefirot della Binà, la ragione, la mente, la conoscenza. Un mente sempre carica di pensieri che non sta mai ferma e nella quale la persona si rifugia per non lavorare su di sé fa parte dei peccati di gola. Persone che sanno tutto su tutto e su tutti tranne su se stessi, comprendono come sistemare il male del mondo ma non riescono a sistema un loro difetto. Leggono libri a montagne come il ghiottone mangia cibo fino a vomitare, ma non assimila nulla, non mette in pratica le teorie. Questo intasamento nell'albero della morte viene manifestato come un demone (Qolipoth) chiamato Satariel, una legione di spiriti che inducono alla falsità. Questo demone è molto frequente tra le persone intellettuali, i grandi dottori, i colti, persone che sanno tutto e proprio per questo è difficile far vedere colo che la spinta della loro virtù sia proprio un vizio, il vuoto interiore che sono riusciti a colmare con informazione di ogni tipo (ma nella loro vita privata e pratica sono smarriti, poveri, meschini ed alcuni nella loro clandestinità anche involucrati in altri vizi più pesanti). Il mondo dei social è pieno di questi ghiottoni intellettuali, sanno di tutto, divorano ogni sorta di informazione ma non la digeriscono, sono i tuttologi del web, ma spento internet non sanno cosa fare nella vita reale, muoiono di fame.
LA VIRTÙ STA SEMPRE NEL MEZZO
Adesso tocca al vizio della gola essere soppesato nella bilancia delle energie yin-yang: mentre la energia in eccesso è la gola, un vuoto che cerca di essere riempito con una quantità esagerata di cose (cibo, relazioni, persone, idee, etc), il suo contrario, per mancanza, è la svogliatezza, un vuoto che ti divora e non hai assolutamente voglia di contrarrestarlo, l apersona non ha alcuna voglia di nulla: sessualmente si chiama frigidità, nell'agire si chiama impassibilità o inerzia, nei sentimenti indolenza, nelle emozioni indifferenza, nel piacere del cibo anoressia e così via. In generale è il vizio della freddezza, nessun stimolo, nessun scopo, nessun ideale. Al centro l'equilibrio è la frugalità che è La frugalità, la qualità di essere parsimoniosi, prudenti nel consumo di risorse come cibo, tempo o denaro, evitando sprechi, sfarzi o stravaganze. Frugale significa vivere in armonia dei frutto della terra, senza esagerare. Gli animali in natura per esempio non ingrassano, mangiano il giusto e necessario, non sono ghiottoni, perchè sono frugali (oggi tristemente vediamo animali che imitano tanto i loro padroni da diventare grassi ed incapaci di agire secondo la loro natura. Si è dato il caso di alcuni gabbiani di città - mangiano nei cassettoni gli avanzi del mercato - fino a diventare così grassi che non riescono più a volare).
GOLA
Non è l’avidità di cibo. È il non sapere più
cosa ti piace e cosa no. È causata dal senso del dovere:
ti dicono che devi mangiare o bere questo perché fa bene,
e che non devi mangiare o bere questo perché è sbagliato.
Tu obbedisci e non ti ricordi più dei tuoi gusti,
e finisce che non sei più tu,
sei solo quello che bisogna essere secondo qualcun altro.
CONSEGUENZE DELLA GOLA: insoddisfazione perenne,
ipocrisia, e diffidenza verso se stessi
che si riallaccia a vecchi sensi di colpa.
DIFFUSIONE DELLA GOLA: enorme,
dato che ogni civiltà impone certi gusti
e ne vieta altri, solo perché sono altrui
COME USCIRNE: è semplice
ed è difficile, come tutte le cose veramente semplici.
Si tratta di chiedersi: «Ma a me, che cosa piace?»
Per molti è una domanda insopportabile:
hanno paura che se rispondessero
si scatenerebbe una reazione a catena,
e finirebbero per cambiare tutto:
lavoro, amici, città. E così vivono
senza rispondere.
LA DIFFUSIONE DELLA GHIOTTONERIA
Viviamo in un mondo di consumo mentre lo spreco dell'abbondazia è il cibo preferito del vizio della gola, per cui il binomio consumo e spreco crea una mentalità di ghiottoneria su tutti i livelli. La pubblicità è d'altra parte quel cucchiaio che ci infila nel cervello tutti i bocconi di insoddisfazione mai raggiunta. In un mondo di consumo è ovvio che le persone devono vivere affamate, insoddisfatte quindi infelici, perchè la persona felice non consuma, è piena dentro, non rincorre sogni utopici, ha trovato una fonte interiore di soddisfazione. Per questo il sistema capitalista e materialista cerca di far scomparire la dimensione spirituale dalla mentalità sociale, perchè in quel modo le persone sono prigioniere dei desideri, della gola, della brama di divorare all'infinito le cose.
L'ACCIDIA
Questo vizio è più conosciuto col nome di pigrizia, ozio, negligenza. Per capire bene la sua deformazione dobbiamo però avere presente che il pensiero più antico greco non considerava il lavoro come un azione che nobilita l'uomo, anzi era visto come una punizione per schiavi, per loro esisteva un tempo non di ozio ma di dedicazione totale alla tua passione, dove non c'era la fatica perchè facevi quello che amavi, inteso come arte. Non tutti possono lavorare infatti in quello che amano per questo il lavoro causa tedio, noia, ripugnanza, odio ed infine la voglia di rifugiarsi nell'accidia, la voglia di non fare nulla (accidia, dal greco "ἀκηδία" (a-kédia) che significa non avere cura, lasciar perdere, trascurare). Tutto ciò venne a cambiare con il rafforzamento del cristianesimo: “Ora et labora”, l'opera di Dio, chi non lavora che non mangi (diceva san Paolo ai Tessalonicesi) oppure il lavoro come condanna in Genesi 3, 10: “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane”, L’ozio diventò così il “nemico dell’anima”. Non trovare un senso esistenziale, cioè per chè mi devo dare tanto da fare nella vita? porta alla pazzia, la depressione, il demone che blocca Jojma nell'albero della vita, chiamato Ghagiel. Nella Bibbia compare come “Baal Peor” o Belfegor, un Dio assiro che tentò gli israeliti con una vita più facile, piacevole e meno faticosa.
ACCIDIA... NON SOLTANTO UN PECCATO
Come detto prima era il demone del mezzogiorno, quello che in mezzo al caldo del deserto faceva sprofondare gli eremiti nella noia più atroce e terribile, quando non si sapeva più cosa fare e il tempo diventava nemico; quando si ha troppo tempo libero senza sapere come impiegarlo diventa un peso per l'anima insopportabile, perchè nella mancanza di attività fisica l'anima si sveglia e se non sai gestirla cadi nell'abisso della noia. Attraverso i secoli l'accidia si emancipò in questo modo dal monachesimo e raggiunse tutti i cittadini prendendo il nome di pigrizia. Oggi l'accidia ha una connotazione psichica e si riferisce più che ad un peccato capitale ad uno stato alterato della coscienza, una vera e propria depressione che porta anomalia nella volontà: svogliatezza, inerzia, noia, morte interiore. Nel medioevo la figura dell'accidia aveva con sè simbolicamente tutte queste caratteristiche:
Donna vecchia, brutta, mal vestita che sta a sedere, la guancia appoggiata sopra alla sinistra mano, dalla quale penda una cartella con un motto: Torpet iners, capo chino e nella destra mano un pesce detto Torpedine. La vecchiaia per l'edad in cui non abbiamo più forza, mal vestita pe rla trascuratezza o svogliatezza, la mano che regge la testa per la depressione, "Torpet iners" significa Inerte insensibile, mentre il pesce Torpedine ha la capacità di produrre un campo elettrico la cui scarica può variare da 50 a 220 volt a seconda della specie, proprio la forza energetica di cui ha bisogno il malato di accidia.
LA VIRTÙ STA SEMPRE NEL MEZZO
Vediamo come le energie squilibrate affettano questa forza della volontà. Quando l'energia è mancante, come abbiamo già analizzato, si produce l'acidia, la svogliatezza, la mancanza di volontà, quando invece l'energia è in eccesso si produce l'attivismo, molto divulgato e desiderato nel nostro mondo di produzione, è una mentalità che esalta il lavoro continuo, essere impegnati ad ogni istante, persino avere diverse attività simultanee. Ogi persino ai bambini li riempiono il tempo con moltissime attività: corsi di danza, palestra, piscina, compiti della scuola, etc... sono già stressati da piccoli. In Giappone esiste persino una malattia che si chiama Karoshi e cioè le persone che muoiono a causa dell'eccesso di lavoro.
Al centro sta l'equilibrio, la virtù dell'entusiasmo, una parola che ha un significato splendido: en (dentro) theos (Dio) è sentire Dio dentro di te, quella forza vitale, quella energia viva, ti senti invaso d aun furore, calore, potenza divina che ti porta a concludere i tuoi impegni, a realizzare i tuoi songi,a conquistare le tue mete senza poi esagerare perchè ne rimani soddisfatto.
LA DIFFUSIONE DELL'ACCIDIA
Il nostro mondo promuove l'attività, la produzione, il movimento, per cui in effetti se ne sente parlare poco o niente di questo vizio dell'accidia, ma una volta che le persone se ne rendono conto che tutta questa attività per lo più è schiavizzante allora sorge il menefreghismo, la voglia della vita facile: avere tanto senza fare nulla. Il mondo tecnologico in maniera indiretta sta modificando la nostra mentalità facendoci credere che le cose si fanno senza alcun sforzo, tutto sorge col colpo di un tasto, nasta cliccare e la realtà si produce. Stiamo diventano pigri mentalmente, non vogliamo alcuna fatica (meglio vedere il film che leggere il libro), meglio il lavoro in ufficio che in campagna, meglio usare la calcolatrice che fare l'operazione matematica con la penna e la carta, etc... L'accidia ci sta pietrificando il cervelo più di quanto molto possano e riesca ad immaginare (infatti non immaginano perchè è troppa fatica).
ACCIDIA
Parola d’origine greca: è il contrario di «kedos»,
che vuol dire «prendersi cura», «interessarsi».
Accidia è quando non ti importa più di niente.
È quando le preoccupazioni ti hanno talmente sfiancato
che non riesci più né a gioire, né a indignarti,
né a fidarti di nessuno – semplicemente perché non ti va più.
CONSEGUENZE DELL’ACCIDIA: nessuna,
gli accidiosi si sentono persone normali,
anzi addirittura intelligenti. È solo che
la vita passa e loro non la vivono.
DIFFUSIONE DELL’ACCIDIA: non grande, per fortuna;
per la maggior parte delle persone, va a giornate.
Ma avere a che fare con un accidioso
comporta sempre un notevole calo di energia.
COME USCIRNE: fidandoti.
Meglio fidarsi sempre.
Le persone di buon senso si lasciano scoraggiare dalle delusioni.
Le persone buone no.
- Igor Sibaldi -
EGOISMO
Siamo arrivati al centro, il nocciolo, il IO della psiche, infatti in latino Io si dice "Ego", nell'albero della vita è la corona, il punto più alto che però quando è squilibrato la sua energia si blocca e produce un qolipoth (una maschera o involucro ermetico) chiamato col nome di Thaumiel, un falso Dio, un istinto che si crede supremo, superiore, lo massimo, infatti nella Bibbia viene identificato con Satana, colui che vuole mettersi al posto di Dio. E' una forza che prima implode dentro di noi (ci porta a chiuderci) e diventa Egoismo, come un buco nero per poi esplodere nella sua massima arroganza, qui si manifesta come orgoglio, di cui abbiamo già parlato in precedenza. L'egoista non vuole vivere come le pare ma vuole che tutti gli altri vivano come vuole lui. E' capace di accettare che gli altri siano felici solo se gli altri riconoscono che è a lui che devono la loro felicità. Noi siamo così miserabili che basta che qualcuno ci lecchi l'ego e subito lo accettiamo, senza sapere che questo è il modo più facile per ingannare una persona: gonfiare il suo ego.
IL MIRAGGIO DEL EGO
L'ego è la forza intrinseca di ogni nostro movimento, senza di essa non possiamo fare nulla, siamo noi stessi che pretendiamo di distaccarci da noi stessi per crederci distaccati, una delle più grandi illusioni e stupidità psichiche, ma in preda ad essa siamo un nulla che si crede un Tutto. Senza l'Ego siamo incompleti ma se agiamo solo con l'ego siamo dei vuoti che crediamo di essere pieni. L'ego è così impregnato in ogni nostra azione che persino il suo contrario, l'altruismo potrebbe essere un azione fatta per far sentire l'ego ancora più sublime: non sono un egoista, sono un altruista che si è specializzato su se stesso. Non sono così egoista da voler cambiare, voglio essere un altruista che vuole cambiare gli altri. Dunque ogni nostra mossa contro l'ego è un miraggio, ogni nostro scopo di volerlo dominare, addomesticare, vincere è un suo ideale velato. L'ego va accolto, integrato, assunto, assimilato, accettato ed infine (come diceva Gesù) ama il tuo nemico.
LA VIRTÙ STA SEMPRE NEL MEZZO
E' difficile persino valutare l'equilibrio quando si parla dell'Ego perchè lui come Dio è ovunque, si infiltra dappertutto, può corrompere ogni azione, anche l'equilibrio fatto per l'ego diventa squilibrato. Abbiamo già spiegato come il punto centrale sia altruismo e cioè quando l'ego riesce a mettersi nei panni degli altri uscendo dal suo involucro, ma attenzione non quando si vede a se stesso negli altri ma quando vede gli altri in se stesso, altrimenti fa l'altruista per sentirsi migliore (un altruista egoista). L'egoismo quindi è l'eccesso di questa energia, mentre la sua mancanza è il voler distruggere l'ego, un suicidio a rallentatore negandosi ogni speranza, ogni sogno, ogni diritto, ogni possibilità, il peggio è che questa tendenza l'ego stesso spesso la sublimizza e la rende divina, infatti in moltissime religione esiste la corrente dell'abnegazione, il martirio, la devozione totale ad un altro fino a dimenticare se stessi, amare un altro fino a scomparire noi come persone, nessun amato sano di mente ti permetterebbe questo oblio, questa rinuncia, questo suicidio della tua personalità, perchè uno schiavo non potrà mai amare veramente il suo padrone. Chi ti chiede di scomparire per amore non ti ama affatto, ti sfrutta per il suo egoismo e basta, anche se fosse lo stesso Dio è un falso Dio, sarebbe un Ego assoluto cancerogeno. Ricordiamo che in latino abnegare ha la stessa radice di annegare: morire soffocato sotto'acqua. Molti ego pensano che stanno amando invece si stanno annegando in se stessi.
IL DRAGO A 7 TESTE
Esiste una fiaba chiamata il "drago delle 7 teste", Le 7 prove sono liberamente ispirate ai sette gradi iniziatici del culto del dio Mitra, molto simili ai nostri peccati capitali. Per le culture antiche il numero sette simboleggiava la perfezione e la completezza. Pensa ad esempio ai sette bracci del candelabro ebraico Menorah, ai sette attributi fondamentali di Allah (vita, conoscenza, potenza, volontà, udito, vista e parola), oppure ancora ai sette Dei della felicità del buddhismo e dello shintoismo. La Chiesa ha istituto il suo potere politico tramite 7 sacramenti, Sette sono i doni dello Spirito Santo (sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio). Anche nell’Apocalisse di Giovanni si legge dei sette Sigilli spezzati, delle sette trombe suonate da sette Angeli, sette Portenti e sette Coppe dell’ira di Dio. In questo contesto non appare certo strano che vi siano sette virtù, tre teologali (fede, speranza e carità) e quattro cardinali (giustizia, temperanza, prudenza e fortezza) e sette vizi capitali. 7 sono i punti energetici nei Chakra, ma noi abbiamo scelto questo trattato seguendo l'albero della vita nella cabala ed abbiamo analizzato i 10 peccati o vizi o passioni squilibrate, in base alla teoria del giusto mezzo, piuttosto diffusa tra i filosofi medievali definita con la locuzione “In medio stat virtus”, “La virtù sta nel mezzo”, molto vicina a quanto affermato da Aristotele: “Il mezzo è la cosa migliore” ed anche la via del Tao che cerca nella centralità del duale (Yin-Yang) l'integrità degli opposti. Concludiamo con un pensiero:
"Quello che noi chiamiamo peccati sono soltanto le nostre passioni disordinate che approfittano della buona fede dei mortali, finiscono per ritorcerla contro loro stessi. Gli uomini intelligenti si annullano. Gli uomini forti si distruggono. Gli uomini umili si dimenticano di loro stessi. Gli uomini invidiosi temono loro stessi. L'avido si divora nella sua ansietà. L'egoista si chiude nela sua bolla d'aria e si soffoca. L'iracondo come un cancro si corrode... e così tutte queste energie squilibrate trasformano corruzione in un'arte, vizio in virtù, santi in demoni".
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